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Ghiacciai moribondi sulle Alpi: in Val Grande resiste la neve, ma il collasso è solo rimandato

La resilienza dei ghiacciai nelle Alpi Graie offre un cauto ottimismo, nonostante l'inarrestabile crisi climatica globale

Ghiacciai moribondi

Ghiacciai moribondi sulle Alp: in Val Grande resiste la neve, ma il collasso è solo rimandato

Nell’anno proclamato dalle Nazioni Unite come Anno Internazionale della Preservazione dei Ghiacciai, arriva un segnale che sorprende e rincuora, almeno in parte: sulle vette della Val Grande di Lanzo, nel cuore delle Alpi Graie, i ghiacciai resistono. Lo afferma Franco Rogliardo, glaciologo di lungo corso che da decenni monitora gli apparati glaciali del Piemonte nord-occidentale. Seppur limitata a sei apparati a causa di impegni personali, la sua ultima campagna di rilevamento ha offerto dati che meritano attenzione: nessun arretramento drastico, nessun crollo repentino. Per il momento.

Tra i ghiacciai esaminati, il Mulinet Sud appare in una condizione di equilibrio. Il suo margine frontale attivo rimane stabile sopra la scarpata rocciosa a 2682 metri di quota. Anche il Mulinet Nord, analizzato fotograficamente, mostra un andamento simile: le estremità glaciali non hanno subito variazioni degne di nota. Lo stesso vale per il Martellot, che conserva innevamento abbondante e margini glaciali invariati, a riprova di una stagione estiva relativamente favorevole al mantenimento delle masse nevose.

Ma se la stabilità osservata nelle Valli di Lanzo è motivo di cauto ottimismo, non va dimenticato il quadro globale. I ghiacciai, come ricordano costantemente gli esperti, sono sentinelle climatiche: la loro progressiva scomparsa è il termometro di un pianeta sempre più caldo. Secondo il Servizio Glaciologico Italiano, negli ultimi 150 anni l’Italia ha perso oltre il 60% della superficie glaciale. E anche nelle Alpi occidentali, dove l’altitudine offre un vantaggio, le dinamiche sono inesorabili.

I ghiacciai stanno morendo

Il 2023-24, almeno nelle condizioni locali, si è rivelato “moderatamente favorevole al glacialismo”, come annota Rogliardo. I nevai stagionali hanno resistito a lungo, in alcuni casi fino a fine agosto, ritardando l’esposizione del ghiaccio vivo. Il Talancia-Girard, ad esempio, ha mantenuto una copertura nevosa anche in aree che l’anno precedente si erano deglacializzate. Così anche i ghiacciai Levanna Nord e Sud, dove la neve è rimasta per gran parte dell’estate, limitando la perdita di massa.

Eppure, queste buone notizie rischiano di restare episodiche. Gli anni con bilancio positivo o neutro sono ormai l’eccezione. A livello planetario, l’IPCC ha previsto che entro fine secolo oltre l’80% dei ghiacciai alpini potrebbero scomparire, con conseguenze devastanti sulla disponibilità di acqua dolce, la stabilità degli ecosistemi montani e la sicurezza idrogeologica dei territori a valle.

La Val Grande diventa così uno degli ultimi bastioni del glacialismo piemontese. Non è un caso che le indagini vengano svolte con continuità anche grazie al lavoro del Centro di Documentazione “Nicola Grosa” e alla Società Storica delle Valli di Lanzo. La documentazione fotografica, i rilievi topografici e le osservazioni stagionali contribuiscono a costruire una memoria geologica preziosa. Ma serve di più.

Serve una presa di coscienza collettiva, capace di trasformare i dati scientifici in scelte politiche e comportamenti quotidiani. Dalla lotta alla CO₂ all’abbandono dei combustibili fossili, fino alla tutela degli ambienti montani e delle riserve idriche. Ogni scelta locale ha un impatto globale.

In questo contesto, le Valli di Lanzo non sono solo uno scenario di bellezza e resistenza, ma un laboratorio naturale che interroga il nostro futuro. Perché se oggi il ghiaccio resiste, non possiamo aspettarci che lo faccia per sempre. La sua sopravvivenza è anche nelle nostre mani.

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