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27 Giugno 2025 - 10:30
Allarme nel caffè del mattino: ritirato un lotto per sospetta presenza di ocratossina A
Un gesto quotidiano, familiare, rassicurante. Il profumo del caffè al risveglio accompagna milioni di italiani ogni giorno. Ma dietro quella tazzina può nascondersi un rischio che pochi conoscono. Nei giorni scorsi, il Ministero della Salute ha lanciato un’allerta alimentare riguardante un prodotto molto diffuso: un lotto di caffè macinato Happy Dì è stato ritirato dal mercato per la sospetta presenza di ocratossina A oltre i limiti consentiti dalla legge.
Il prodotto sotto accusa è venduto in confezioni da 250 grammi, con scadenza 26 febbraio 2027 e lotto identificato con il codice B26A. È stato realizzato per conto di Selex Gruppo Commerciale S.p.A., realtà che rifornisce supermercati come Famila, A&O, C+C e altri marchi locali. Il caffè è stato prodotto dallo stabilimento di Andalo Valtellino, in provincia di Sondrio, gestito dal Gruppo Gimoka S.p.A., uno dei nomi noti nel panorama della torrefazione italiana.
Il richiamo è stato definito precauzionale, ma non per questo meno serio. La presenza sospetta di ocratossina A, una micotossina prodotta da funghi contaminanti, ha sollevato immediate preoccupazioni. Si tratta infatti di una sostanza genotossica e potenzialmente cancerogena, secondo l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), in particolare nociva per i reni. Può svilupparsi in ambienti caldi e umidi durante la conservazione di alimenti come cereali, frutta secca, vino e caffè, e resiste anche a molte tecniche di tostatura.
Il Ministero ha invitato chiunque avesse acquistato quel lotto a non consumarlo e a restituirlo al punto vendita, dove sarà possibile ottenere un rimborso o una sostituzione. Nessun effetto negativo sulla salute è stato segnalato fino ad ora, ma l’attenzione resta alta. In casi come questo, l’intervento tempestivo delle autorità sanitarie e la trasparenza nella comunicazione sono elementi fondamentali per contenere il rischio e rafforzare la fiducia dei consumatori.
Il Gruppo Gimoka ha collaborato con rapidità al ritiro, ribadendo l’impegno a garantire standard elevati nella produzione e nella sicurezza alimentare. Ma l’episodio ha inevitabilmente riaperto il dibattito sulla qualità dei controlli, sulla filiera produttiva del caffè e sulla tracciabilità effettiva di ciò che finisce ogni giorno sulle nostre tavole. In un momento storico in cui le abitudini alimentari sono sempre più condizionate da attenzione a salute, origine e trasparenza, anche una singola partita contaminata può bastare a scuotere la fiducia.
Va ricordato che la presenza di ocratossine nei prodotti alimentari non è un fenomeno nuovo. L’EFSA da anni monitora questo rischio, aggiornando periodicamente i livelli tollerati e chiedendo agli Stati membri di intensificare i controlli. In Italia, ogni anno vengono effettuate migliaia di analisi su campioni di caffè e altri alimenti a rischio micotossine. Ma la prevenzione totale non è semplice: i funghi responsabili di queste contaminazioni possono svilupparsi in diverse fasi, dalla raccolta alla conservazione, e le variabili climatiche influiscono in modo crescente.
Questo caso dimostra quanto sia importante che il consumatore sia informato, consapevole e reattivo. Non si tratta di generare allarmi infondati, ma di rafforzare la cultura della sicurezza alimentare, dove tutti – produttori, distributori, enti pubblici e cittadini – devono fare la propria parte. Perché anche dietro un caffè, gesto semplice e quotidiano, può nascondersi una catena complessa che va monitorata con rigore.
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