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26 Giugno 2025 - 17:36
Piemonte, occasione mancata: respinto l'emendamento per tutelare i cittadini dal gioco d'azzardo patologico
Il Consiglio regionale del Piemonte ha detto no a un tentativo del Partito Democratico di reintrodurre limiti più severi per contrastare il gioco d’azzardo patologico, respingendo un emendamento alla legge Omnibus presentato dalla consigliera Monica Canalis. L’emendamento mirava ad ampliare l’elenco dei luoghi sensibili, inserendo tra questi centri giovanili e per anziani, impianti sportivi, luoghi di culto e centri di formazione, e prevedeva l’aumento della distanza delle sale da gioco da questi punti nei comuni con più di 5.000 abitanti. Una proposta che avrebbe in parte ripristinato la legge regionale del 2016, voluta dal centrosinistra e considerata un modello di efficacia nel contenimento della ludopatia.
Il voto contrario, espresso dalla maggioranza di centrodestra, ha sollevato una dura reazione tra i banchi del Pd. Monica Canalis, insieme alla capogruppo Gianna Pentenero e al segretario regionale Domenico Rossi, ha accusato Fratelli d’Italia e Lega di incoerenza e di aver ignorato la sofferenza di malati e famiglie travolti dai debiti e dalle dipendenze. «La coerenza sbandierata come valore supremo è stata gettata alle ortiche» ha dichiarato Canalis, evidenziando come la stessa Fdi, che nel 2021 protestava contro la liberalizzazione delle slot, oggi abbia scelto il silenzio e la complicità.
Il nodo centrale del dibattito, secondo i dem, riguarda una verità ormai conclamata da numerose ricerche: è l’offerta di gioco a determinare la domanda. Più sale slot, più macchinette, più facilità d’accesso, significano più rischio di sviluppare dipendenza. E il Piemonte, dopo l’abrogazione della legge del 2016, ha registrato un netto aumento delle giocate, con una recrudescenza delle problematiche legate alla ludopatia. Ma le conseguenze non si esauriscono nel privato: il carico delle cure ricade sui Serd, mentre le famiglie rovinate finiscono spesso assistite dai servizi sociali comunali e dal terzo settore.
A livello nazionale, la dipendenza da gioco d’azzardo è un fenomeno che cresce silenziosamente. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia ci sono circa 1,3 milioni di giocatori problematici, con oltre 400.000 casi già considerati patologici. Le slot machine e le scommesse online sono le forme più diffuse, anche tra i giovanissimi, un dato che allarma psicologi e operatori. Il volume complessivo di giocate sfiora ogni anno 150 miliardi di euro, una cifra impressionante che fotografa un Paese in cui il gioco diventa troppo spesso una scorciatoia pericolosa in cerca di fortuna, col miraggio di risolvere problemi economici.
Ma a pagare il prezzo più alto sono le famiglie. Secondo un’indagine del Censis, nel 32% dei casi le ludopatie creano conflitti domestici, nel 28% portano a gravi forme di indebitamento, e nel 12% hanno come conseguenza l’allontanamento dei figli o la rottura definitiva dei legami familiari. Dietro le statistiche, ci sono storie di padri e madri che bruciano stipendi interi in pochi giorni, pensionati che finiscono in povertà, giovani che contraggono debiti e finiscono nel circuito dell’usura.
In questo scenario, l’assenza di interventi normativi forti rappresenta, per molti, un errore politico e morale. La legge del 2016 aveva dimostrato che regolamentare il gioco funziona: aveva ridotto il numero delle slot in Piemonte da 18.000 a circa 10.000, fatto calare i volumi di gioco e incrementato l’intervento delle Asl nei programmi di prevenzione. Ma la sua abrogazione nel 2021 ha riportato indietro la Regione, vanificando un lavoro faticosamente costruito.
Oggi, nel 2025, il Piemonte si trova di fronte a una nuova occasione mancata. I segnali di allarme sono chiari, le richieste di aiuto aumentano e la sensazione diffusa è che si stia sottovalutando una piaga sociale che mina non solo la salute dei singoli ma anche la coesione delle comunità. Il voto del Consiglio regionale getta un’ombra lunga sulla capacità della politica di difendere i più fragili da un mercato che, pur lecito, ha impatti devastanti.
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