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23 Giugno 2025 - 09:24
Il sangue fantasma: scoperto nei Caraibi un gruppo ultra-raro: ora si cercano altri portatori
Una scoperta rara come una moneta d’oro sotto la sabbia: in Guadeloupe, una paziente ha rivelato un gruppo sanguigno mai documentato prima, ora ufficialmente riconosciuto come “Gwada negativo”. Per gli scienziati dell’EFS – l’Établissement Français du Sang – è un evento eccezionale. Si tratta del 48° sistema identificato a livello nazionale e, molto probabilmente, unico al mondo. Una condizione che potrebbe avere conseguenze cruciali per chi ha bisogno di sangue compatibile.
Tutto parte da un caso clinico insolito. La paziente, originaria dell’arcipelago caraibico, si è sottoposta a una trasfusione di routine. Ma qualcosa non andava. Nonostante le sacche di sangue ricevute fossero pienamente compatibili con il suo profilo ABO e Rh, il suo corpo le rigettava con una reazione anomala. Una situazione che ha acceso l’allarme tra gli specialisti.
I medici dell’EFS, insospettiti, hanno deciso di andare oltre i test standard. Attraverso analisi sierologiche avanzate e tecniche genetiche ad alta precisione, hanno individuato un difetto di antigeni mai registrato finora. Questo ha portato alla creazione di una nuova classificazione: Gwada negativo, dove “negativo” indica l’assenza totale di un determinato marcatore presente nei globuli rossi.
Il fatto che solo una persona al momento presenti questo tipo di sangue rende il gruppo ultra-raro. La rarità è tale da porre seri problemi in caso di operazioni chirurgiche, traumi o cure oncologiche che richiedano trasfusioni. Per un paziente con Gwada negativo, trovare una sacca compatibile significherebbe cercare un ago in un pagliaio.
Ma come si fa a sapere se si ha questo sangue raro? La risposta non è immediata. In Italia, come altrove, i test eseguiti sui donatori comuni si fermano ai gruppi di base (ABO e Rh). Tuttavia, chi vuole sapere di più sul proprio profilo immunoematologico può rivolgersi ai centri trasfusionali ospedalieri o all’AVIS per richiedere una tipizzazione estesa. Questi esami più sofisticati permettono di identificare antigeni “minori”, fondamentali per la compatibilità in pazienti complessi o affetti da malattie rare.
Secondo l’EFS, l’individuazione del “Gwada negativo” apre una strada alla ricerca su larga scala, soprattutto in popolazioni dove la variabilità genetica del sangue è più ampia: Caraibi, Africa subsahariana, Sud America, ma anche alcune aree dell’Asia e del Medio Oriente. Ecco perché i centri ematologici stanno avviando una ricognizione internazionale per individuare altri potenziali portatori.
Questa scoperta ha ricadute anche nel campo della medicina di precisione. Conoscere le specificità dei gruppi sanguigni può aiutare non solo nelle trasfusioni, ma anche nella prevenzione di rigetti nei trapianti, nella gestione di alcune patologie autoimmuni e persino nello sviluppo di terapie mirate in oncologia.
Ma cosa significa esattamente avere un “gruppo sanguigno raro”? I gruppi più conosciuti sono quelli del sistema ABO: A, B, AB e 0, determinati dalla presenza o assenza di specifici antigeni sulla superficie dei globuli rossi. Il sistema Rh, invece, indica la presenza (positivo) o l’assenza (negativo) di un altro antigene, chiamato D. Ma non finisce qui: esistono decine di altri sistemi meno noti come Kell, Duffy, Kidd, MNS, Diego, Lutheran, Colton, ognuno con varianti genetiche che determinano compatibilità o rischio di reazione. Alcune persone, ad esempio, non possiedono affatto determinati antigeni: sono quelle classificate come “rari” o “null”, come nel caso del sangue Bombay o Rh-null, anch’essi documentati in pochissimi individui al mondo.
Con l’ingresso del Gwada negativo nel panorama della medicina trasfusionale, il messaggio è chiaro: il nostro sangue racconta molto più di quanto immaginiamo. E conoscere nel dettaglio il proprio può essere una risorsa vitale, per sé e per gli altri.
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