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21 Giugno 2025 - 10:55
In cima alla classifica c’è Pino Torinese, elegante, ordinato, ben collegato. In fondo, Ribordone, incastonato in una valle del Canavese, dove il segnale telefonico va e viene e le case chiuse superano di gran lunga quelle abitate. Da una parte si dichiarano in media 35mila euro all’anno, dall’altra meno di diecimila. A separare i due comuni, oltre cento chilometri di strada e un abisso socioeconomico che nessuna politica di riequilibrio è mai riuscita davvero a colmare.
Questa la fotografia scattata da uno studio sulle dichiarazioni dei redditi elaborato sulla base dei dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF).
Mentre sul Colle della Maddalena si contano i "paperoni", nei boschi sopra Locana si fa il conto dei residenti rimasti. Quarantasei. A Ribordone non servono grafici per capire che la montagna sta morendo. Lo raccontano le case vuote, le scuole chiuse, i paesi che si spengono un tetto alla volta. Eppure, proprio da quel fondo classifica arriva il messaggio più urgente: non si può governare un territorio ignorando le sue periferie. Anche quando sono belle da togliere il fiato. Anche quando sembrano uscite da un’altra epoca. Anche quando non pesano abbastanza per fare notizia.
Situato nel versante piemontese del Parco Nazionale del Gran Paradiso, a 1.000 metri di altitudine, Ribordone conta appena 46 residenti. È uno dei comuni meno popolati d’Italia. Non c’è un supermercato, non c’è una farmacia, non c’è un bancomat. Ma c’è un’identità fortissima, costruita sulla resilienza di chi resta, sull’orgoglio delle radici e su un rapporto millenario con la montagna.
Da anni, Ribordone detiene un primato singolare: quello di comune più anziano d’Italia, con un’età media intorno ai 65 anni e mezzo.
Nel dicembre del 2023, un servizio del TGR Piemonte si è spinto fino a Ribordone, per documentare una realtà oggi sospesa tra spopolamento e tentativi di rinascita. Il tema al centro del racconto era l’età media dei residenti, attestata intorno ai 65 anni e mezzo, su una popolazione che si riduce a 49 abitanti. Un secolo fa la popolazione di questo borgo montano era di quasi duemila abitanti.
Il sindaco, Guido Bellardo Gioli, 82 anni, è intervenuto nel servizio illustrando con orgoglio la trasformazione del borgo. Ha spiegato come quel territorio, un tempo densamente abitato, si sia trasformato in un paradiso naturale che oggi richiama visitatori e acquirenti: le case vendute non sono “seconde case”, bensì abitazioni “vere”. Nelle borgate più alte, dove si affacciano gli alpeggi, si è registrato un interesse crescente — a testimonianza di un movimento spontaneo di ripopolamento stagionale.
Il sindaco Guido Bellardo Gioli intervistato dalla RAI nel 2023
Il sindaco ha sottolineato inoltre che Ribordone guarda con fiducia al turismo escursionistico e religioso, puntando in particolare sulla Grande Traversata delle Alpi e sulla devozione attorno al Santuario di Prascondù. La vocazione naturale e spirituale del paese, ha osservato, facilita lo sviluppo di forme di turismo lento, ancora oggi l’unica attività economica capace di dare ossigeno a questa comunità isolata
Il suo territorio, vasto e scosceso, comprende diverse borgate ormai disabitate. L’attività economica è minima. Qualche piccolo affitto stagionale, una manciata di lavori nei cantieri forestali, il presidio di una civiltà alpina che oggi rischia l’estinzione. Le pensioni rappresentano spesso l’unica entrata regolare. Eppure, Ribordone custodisce un patrimonio naturale e culturale straordinario: boschi incontaminati, sentieri storici, alpeggi e soprattutto il Santuario di Prascondù, luogo di pellegrinaggio incastonato nel verde, capace ancora oggi di attirare fedeli e curiosi.
In estate, il borgo si anima. I figli degli emigrati tornano nelle vecchie case. Alcuni turisti lo scelgono per escursioni lontane dal turismo di massa, alla ricerca di silenzi autentici. Ma sono episodi effimeri. Il vero volto di Ribordone è quello dell’inverno: chiuso, isolato, abbandonato. Le opportunità lavorative sono nulle, i servizi quasi inesistenti, la rete viaria fragile. Non sorprende, dunque, che il reddito medio sia tra i più bassi della provincia. Ma ridurlo a un dato fiscale sarebbe un errore.
Ribordone è anche un presidio culturale, un frammento di civiltà alpina sopravvissuto alla modernità, una comunità che, pur piccolissima, cerca di tenere viva una memoria collettiva che altrove è già scomparsa.
Il confronto con i grandi comuni di pianura è spietato, ma illuminante. I 7.535 contribuenti che nel 2024 hanno dichiarato più di 120mila euro si concentrano soprattutto nella cintura torinese. La mappa della ricchezza segue logiche di prossimità urbana, infrastrutture, scuole, reti economiche. Ma la geografia della povertà racconta un’altra storia: quella dei borghi montani svuotati, della mancanza di prospettive, dei servizi che si ritirano.
Ribordone, in questa narrazione, non è un’eccezione, ma un simbolo. Simbolo della fragilità economica dell’arco alpino, dove l’abbandono ha accelerato un processo di marginalizzazione che nessun bonus può invertire. La distanza non è solo chilometrica: è culturale, sociale, amministrativa.
Pino Torinese: ordine, verde e redditi alti
Poco più a sud, sulle alture che guardano Torino, Pino Torinese offre un modello opposto. Verde, benestante, dotato di tutti i servizi, è una calamita per i redditi alti. Molti professionisti scelgono di viverci, attratti dalla qualità ambientale, dalla sicurezza, dalla vicinanza con il capoluogo. Le scuole funzionano, i trasporti sono efficienti, l’offerta culturale è solida. Il tessuto sociale è compatto, e la presenza di grandi ville e residenze borghesi racconta una storia di ricchezza consolidata e trasmissione intergenerazionale del benessere.
Non è solo questione di dichiarazioni dei redditi. È una questione di modello di sviluppo, di investimenti, di centralità amministrativa. In un sistema fiscale come quello italiano, chi ha già accesso a reti di sostegno, servizi e opportunità finisce per rafforzare la propria posizione. Chi resta ai margini — come Ribordone — rischia invece di sprofondare ulteriormente.
La fotografia emersa dalle dichiarazioni dei redditi 2024 dovrebbe servire da punto di partenza per un dibattito serio sulle politiche di riequilibrio territoriale. In gioco non c’è solo la sopravvivenza di borghi come Ribordone, ma la coesione economica e sociale dell’intero territorio provinciale.
Come incentivare lo sviluppo economico in alta quota? Come offrire occasioni ai giovani che vorrebbero restare, ma non trovano nulla? Come evitare che la montagna diventi un paesaggio vuoto, buono solo per la cartolina estiva?
Le risposte non possono venire solo dai fondi a pioggia. Servono politiche strutturali: accesso alla banda larga, trasporti pubblici veri, incentivi per chi fa impresa nei comuni montani, ma anche riconoscimento del valore ecologico e culturale di questi territori.
Per ora, Ribordone rimane in fondo alla classifica. Ma se si guardasse solo al reddito dichiarato, si perderebbe il senso profondo di ciò che resiste lassù: un equilibrio fragile, ma tenace, tra uomo e natura. Un patrimonio che vale più di quanto si possa scrivere su un modello 730.
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