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Riapre il Nivolet: ma l’estate sarà ancora nel traffico? Pro Natura chiede di limitare gli accessi a 300 auto al giorno

L'associazione ambientalista spinge per il numero chiuso, la Città Metropolitana riapre la strada il 20 giugno

Basta con la giungla di lamiere e clacson a tremila metri d’altitudine. Basta con il turismo mordi e fuggi che invade, inquina e devasta. Basta con i silenzi interrotti da motori e i panorami sfregiati da file di paraurti. Il Colle del Nivolet non è un autodromo panoramico. È un tesoro fragile, ed è tempo di trattarlo come tale. Lo dice a gran voce Pro Natura Piemonte, che in queste ore rilancia l’allarme e una proposta concreta: «Limitare a 300 veicoli al giorno l’accesso al Nivolet, con prenotazione e navette gratuite per il resto dei visitatori».

Una richiesta che suona come un ultimatum, soprattutto dopo l’esperienza del 2023: il fallimento della sospensione dell’iniziativa A piedi tra le nuvole, in vigore da vent’anni, che aveva almeno il merito di chiudere la strada al traffico privato nelle domeniche estive. Nel 2023, quella chiusura è stata congelata con l’obiettivo – si diceva – di raccogliere dati per una nuova strategia. Il risultato? «Un afflusso incontrollato, con picchi di oltre 1.200 auto al giorno», denuncia Pro Natura. «Conseguenze devastanti: rumore, inquinamento, fauna in fuga, visitatori infuriati in coda».

La neve sulla strada del Colle del Nivolet

Il tutto in un’area, ricordiamolo, che si trova all’interno del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Un parco vero, con regole, fragilità e valori. Eppure, nei fine settimana d’estate, il tratto tra il Lago Serrù e il Colle del Nivolet, fino al Rifugio Savoia, si trasforma in una colonna continua di automobili. Altro che esperienza immersiva: il Gran Paradiso diventa un autoscontro alpino.

E proprio in questi giorni si torna a parlare del Nivolet. Perché la strada, la mitica SP 50, è pronta a riaprire. Lo farà – tempo permettendo – venerdì 20 giugno. I mezzi del Circolo Viabilità di Pont Canavese hanno già quasi terminato lo sgombero della neve tra il Lago Serrù e il Colle. Manca solo la messa in sicurezza: verifica del manto stradale, controllo della segnaletica, rimozione dei blocchi di neve laterale. Poi, via libera alle auto. Di nuovo.

E qui sorge il problema: che estate sarà? Un’estate da record di accessi, come nel 2023, oppure il ritorno a un minimo di gestione sostenibile? La palla è nelle mani delle istituzioni. A febbraio, l’Ente Parco ha depositato una nuova proposta: accesso contingentato a 300 veicoli al giorno, obbligo di prenotazione con una “Carta dei Servizi”, e una sbarra automatica che si chiude una volta raggiunto il limite. Una soluzione di buonsenso, già adottata con successo in altri luoghi fragili e ad alta frequentazione.

Il sistema, a detta dell’Ente, sarebbe attivo tutti i giorni e non solo nei weekend, con il potenziamento di un servizio di navette gratuite. I proventi delle prenotazioni servirebbero proprio a finanziare questo sistema di trasporto collettivo, che aiuterebbe a ridurre drasticamente l’impatto ambientale. Ma il piano è ancora fermo. Le istituzioni coinvolte – Città Metropolitana di Torino, Regione Valle d’Aosta, Comuni di Ceresole Reale e Valsavarenche, Parco stesso – non hanno ancora dato il via libera.

E Pro Natura sbotta: «Non possiamo permettere che anche l’estate 2025 si traduca in un caos generalizzato, con conseguenze dannose per ambiente, fauna, paesaggio e visitatori». Un appello che si rivolge direttamente alla politica, alla burocrazia, alla capacità – o incapacità – di decidere.

Non è un dibattito accademico. È un’emergenza reale. Perché i muri di neve che ancora costeggiano la SP 50 sono un monito: sono il residuo di un equilibrio climatico che si sgretola. E la marmotta che scappa a nascondersi sotto una roccia per sfuggire al clacson di un SUV non è un dettaglio folcloristico: è il simbolo di un modello che non funziona più.

Serve una svolta. E la svolta, per essere efficace, deve essere coraggiosa. Limitare l’accesso, introdurre una prenotazione elettronica, offrire trasporto alternativo e premiare chi sceglie modalità rispettose. È un patto tra uomo e natura. E il Nivolet può diventare un laboratorio di sostenibilità, non l’ennesima vittima del turismo usa e getta.

Pro Natura, intanto, non molla. E torna a chiedere che il progetto venga approvato e attivato subito, prima che sia troppo tardi. Perché ogni giornata di caos al Nivolet è un pezzo di bellezza che si perde. Un danno per l’ambiente, ma anche per la reputazione del turismo piemontese. Nessun visitatore – italiano o straniero – viene in montagna per restare imbottigliato in coda tra fumi e clacson.

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