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Torino, lo sciopero fa peggio del referendum: solo il 28% aderisce

Solo il 28,7% dei lavoratori Gtt ha aderito allo sciopero proclamato dai sindacati di base, mentre la metropolitana non si è mai fermata. Peggio del 30% di affluenza al referendum (e quattro erano i quesiti sul lavoro)

Torino, lo sciopero fa peggio del referendum

Torino, lo sciopero fa peggio del referendum: solo il 28% aderisce

A Torino lo sciopero del trasporto pubblico annunciato per oggi si è trasformato in una dimostrazione silenziosa di disinteresse. Appena il 28,7% dei dipendenti Gtt ha aderito alla protesta proclamata dai sindacati di base, una percentuale che fotografa senza appello l’isolamento crescente di certe sigle sindacali e la scarsa presa di alcune mobilitazioni sui lavoratori stessi.

A certificare il dato è la stessa Gtt, l’azienda che gestisce il trasporto pubblico torinese. Numeri ufficiali alla mano, lo sciopero non ha avuto l’impatto annunciato, né sulle linee di superficie né tantomeno sulla metropolitana, che ha funzionato regolarmente anche al di fuori delle fasce di garanzia, con una puntualità che ha sorpreso gli utenti e smentito gli allarmi della vigilia.

Il servizio è rimasto attivo senza interruzioni almeno fino alle 18, confermando che la macchina organizzativa ha retto ben oltre le aspettative. Le banchine non sono mai apparse vuote, i convogli hanno circolato con la consueta frequenza, e nessun disagio significativo è stato registrato né in centro né nelle periferie. Una giornata come tante, insomma, e non la paralisi temuta (o auspicata) da chi aveva indetto la protesta.

Il dato sull’adesione – sotto il 30% – è ancor più eloquente se si considera che in occasione di scioperi precedenti, soprattutto quelli legati a vertenze di carattere nazionale o firmati dai sindacati confederali, le percentuali erano state ben diverse. Il risultato di oggi, invece, rischia di passare alla storia come una delle mobilitazioni meno incisive dell’ultimo decennio nel comparto Gtt.

Dietro questo flop si legge chiaramente un distacco tra base e vertici sindacali, ma anche una crescente diffidenza tra i lavoratori rispetto a certi strumenti di lotta, ritenuti forse anacronistici o inefficaci. La città, dal canto suo, non ha risposto con partecipazione o sostegno: nessun corteo, nessun presidio visibile, nessuna eco tra i cittadini. Solo la normalità, che oggi suona come una smentita.

Lo sciopero doveva essere un segnale, ma si è trasformato in un messaggio inverso: il servizio ha retto, i lavoratori in gran parte hanno preferito restare al loro posto, e gli utenti hanno potuto viaggiare senza problemi, come in qualunque altro giovedì.

Resta da chiedersi, a questo punto, quanto sia ancora efficace il ricorso a scioperi di questo tipo, spesso proclamati senza un vero coinvolgimento della categoria, e percepiti da molti come atti autoreferenziali più che strumenti di reale pressione. A Torino, oggi, la città ha risposto con l’indifferenza. E quando il silenzio è totale, la protesta ha già perso.

Quando il diritto di sciopero si scontra con il diritto alla mobilità

Negli ultimi mesi Torino è stata troppo spesso ostaggio di scioperi continui e disagi tarati come “eccezionali”, ma che ormai fanno parte della routine cittadina. Dallo scorso anno, la metropolitana e gli autobus si fermano ciclicamente – talvolta per 24 ore, altre per eventi più brevi – con risultati che vanno dall’adesione totale a imponenti disagi passati quasi inosservati, fino alla giornata odierna, in cui lo sciopero è stato in larga parte ignorato dai lavoratori stessi .

Questa sequenza stanca e irrita i torinesi. Una mobilità incapace di reggere il peso delle proteste rischia di tradursi in una trappola continua: utenti impreparati, ore di attesa incerte o la necessità di soluzioni alternative per lavanderie, uffici o scuole. Un contesto che mina l’equilibrio tra cittadini e istituzioni, tra lavoratori e diritto alla mobilità.

Oggi è stato il giorno della beffa: uno sciopero che doveva paralizzare, invece ha funzionato. Risultato? La città ha mostrato insofferenza, mentre sindacati e azienda restano chiusi nelle loro contrapposizioni rituali. E il vero paradosso è che i torinesi continuano a patire disagi legati a un sistema giudicato fragile e vulnerabile.

Serve un cambio di rotta. Se l’obiettivo è difendere salari, condizioni di lavoro o sicurezza, proclamare scioperi senza una vera capacità di coinvolgimento, e che finiscono per non avere alcun impatto, rischia di diventare solo un boomerang: i cittadini perdono fiducia, i lavoratori si scoraggiano, e i sindacati perdono autorevolezza. Torino merita di più: necessita di percorsi di confronto concreti, coraggio di innovare nelle forme di protesta – e soprattutto non deve continuare ad essere ostaggio di un calendario sindacale che pare scritto solo a danno della città.

In mancanza di tutto questo, rimane solo la sensazione di una protesta vuota e autoreferenziale, che oggi ha totalmente mancato il bersaglio: il cuore di Torino non si è fermato e nessuno ha sentito davvero lo sciopero.

Sciopero. Immagine di archivio

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