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Novalesa si prepara ai 1300 anni dell’Abbazia: restituita alla comunità la Cappella del 700 d.C.

La Cappella di Maria Maddalena torna a vivere come ponte tra donne e spiritualità

Novalesa si prepara ai 1300 anni dell’Abbazia: restituita alla comunità la Cappella del 700 d.C.

Novalesa si prepara ai 1300 anni dell’Abbazia: restituita alla comunità la Cappella del 700 d.C.

La Cappella di Santa Maria Maddalena, piccolo scrigno d’arte e spiritualità alle porte dell’Abbazia di Novalesa, è entrata ufficialmente a far parte del patrimonio della Città metropolitana di Torino. A pochi mesi dalle celebrazioni per i 1300 anni dalla fondazione dell’Abbazia, previste a partire da fine gennaio 2026, si è così completata la riunificazione dell’intero complesso storico, in un momento simbolicamente e culturalmente cruciale per la Val Cenischia.

La cappella, già visitabile dal marzo scorso grazie al circuito “Chiese a porte aperte”, è rimasta fino a oggi di proprietà della Congregazione Benedettina Sublacense, che ha curato nei mesi scorsi le pratiche per la donazione. L’atto è stato approvato all’unanimità nella seduta del Consiglio metropolitano del 17 giugno.

Secondo le ipotesi più accreditate, la costruzione risale all’VIII secolo, contemporanea all’impianto originario dell’Abbazia, come attestano reperti e testimonianze storiche, tra cui il Chronicon Novalicense dell’XI secolo. Si tratta di uno spazio con una funzione precisa: accogliere pellegrine e viaggiatrici che, per le rigide regole dell’epoca, non potevano varcare l’accesso riservato agli uomini all’interno del complesso abbaziale. Questa doppia soglia, materiale e simbolica, ne fa un raro esempio di luogo sacro femminile collocato al margine del mondo monastico maschile.

Al suo interno si conservano due affreschi del XV secolo, raffiguranti Santa Maria Maddalena e Santa Maria Egizia. La prima, icona della misericordia e della penitenza, è ritratta con un viso giovane, capelli ramati e un mantello rosso bordato d’ermellino, mentre tiene in mano il balsamario con cui lavò i piedi a Cristo. L’altra, figura marginale e potente, è rappresentata con lunghissimi capelli biondi che la coprono interamente, immersa nella preghiera e isolata in un paesaggio evocativo di montagne e cieli valsusini. Due immagini diverse ma complementari della spiritualità femminile, raccolte in uno spazio intimo e contemplativo.

Con la donazione appena conclusa, come ha spiegato il vicesindaco metropolitano Jacopo Suppo, la Città metropolitana potrà gestire l’intero complesso in modo unitario e coerente, sia dal punto di vista della conservazione, sia in termini di valorizzazione culturale e turistica. In vista delle celebrazioni del 2026, questo intervento segna un passo fondamentale nella riscoperta del patrimonio sacro e nella promozione del territorio valsusino come crocevia tra fede, arte e storia.

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