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19 Giugno 2025 - 07:13
“Bacino Azzurro”, il documento fantasma del 2013: ecco cosa diceva davvero Endaco
Dalle vecchie carte riguardanti la messa in sicurezza idraulica di Montanaro spunta un documento del 2013 dello studio Endaco di Ivrea, che, al di là del linguaggio tecnico e controllato, stronca l’idea del “Bacino azzurro” dell’ingegner Giovanni Ponchia. Fra il 2013 e il 2014 a Montanaro si combatté infatti la battaglia fra due soluzioni alternative prospettate per evitare le piene del rio Fossasso.
La prima era la realizzazione del quarto lotto dello scolmatore, che avrebbe convogliato le acque in eccesso del rio Fossasso nel torrente Orco.
Il progetto era contemplato nell’Accordo di programma sottoscritto nel 2010 da Ministero dell’Ambiente e Regione: la Regione stessa aveva già messo a disposizione del Comune di Montanaro 700.000 euro di finanziamento gratuito. Il quarto lotto era anche approvato dalla giunta dell’avvocato Marco Frola: almeno finché l‘avvocato, quasi alla scadenza del suo mandato, nel dicembre 2013, decise di rinunciare al finanziamento regionale, accogliendo le richieste di una lista civica, di ambientalisti e di cittadini che volevano invece il “Bacino azzurro”.
La seconda soluzione era infatti rappresentata dall’idea progettuale “Bacino azzurro”. Il progetto era stato elaborato dall’ingegner Giovanni Ponchia e da altri tre professionisti. L’ingegnere si apprestava a candidarsi a sindaco nell’anno seguente (2014) con la lista civica “Ripartiamo da Montanaro”. Il progetto fu anche sostenuto in un primo tempo dal gruppo ambientalista “Restiamo Sani”.
L’ingegner Ponchia aveva già presentato ai cittadini l’idea del “Bacino azzurro” nell’estate del 2013, e aveva riscosso un grande successo, che sarebbe stato confermato l’anno seguente con la conquista della carica di sindaco. Al contrario del 4° lotto dello scolmatore – un canale artificiale che avrebbe condotto le acque del Fossasso verso l’Orco – l’idea del “Bacino azzurro” prevedeva di convogliare tali acque nelle già esistenti cave Ronchi, che quindi si sarebbero trasformate in un bacino di laminazione. Il rio si trova però a Ovest della ferrovia e le cave a Est: le acque del rio avrebbero raggiunto le cave attraverso una conduttura scatolare inserita sotto la ferrovia.
È in questo contesto che l’amministrazione Frola, quando era ancora sostenitrice del quarto lotto dello scolmatore, affida allo studio Endaco l’analisi del contrapposto progetto del Bacino azzurro caldeggiato da “Ripartiamo da Montanaro” di Ponchia e da “Restiamo Sani”. Lo studio Endaco firma la prima emissione della sua analisi il 1° luglio 2013 e la integra il 9 settembre. Il documento è lungo e tecnico. Qui ci limitiamo a esporre due critiche di Endaco al “Bacino Azzurro”. Torneremo in seguito sulle altre.
La prima critica riguarda il fatto che le cave Ronchi non sono del Comune, ma appartengono a privati, e non è chiaro come, secondo l’ingegner Ponchia, il Comune possa entrarne in possesso.
Riportiamo quasi integralmente un capoverso del documento: “Disponibilità dei suoli. L’area delle cave Ronchi è di proprietà di privati; occorre pertanto acquisirla al demanio o al patrimonio comunale con conseguenti oneri. In termini economici, ipotizzando un’indennità media di acquisizione di tutta l’area pari all’indennità di esproprio adottata nel progetto preliminare dello scolmatore (circa 7.5 euro al metro quadro) occorrerebbero circa 2.400.000 euro per l’acquisizione dell’intera area. È evidente che tale onere, di gran lunga superiore a quello previsto (circa 520.000 euro), risulta incompatibile con le somme preventivate per il 4° lotto del canale scolmatore e, in termini generali, con l’obiettivo richiesto di contenimento dei costi”.
Da mesi in queste pagine rivolgiamo invano all’ingegner Ponchia una domanda: caro ingegnere, nel 2013, quando presentò al pubblico il “Bacino azzurro”, e quando nella campagna elettorale del 2014 prometteva di costruirlo una volta diventato sindaco, come pensava di realizzarlo visto che le aree erano di proprietà di privati? Non abbiamo mai ricevuto una risposta. Però su facebook il 29 aprile 2025 Paolo Minetti, ex vicesindaco di Ponchia, ha scritto: “Lo stesso progetto Bacino si bloccò in quanto non si trovò un accordo con i proprietari privati del terreno, abbiamo fatto più incontri, ma l’unica strada era comprarli e nessuno era disposto a darci una cifra pari a circa 4ml per comprare terreni di un privato”. Una palese ammissione che la promessa elettorale del Bacino azzurro aveva un piccolo difetto: il bacino avrebbe dovuto venire realizzato su terreni altrui, e il Comune non aveva e non trovava i soldi per comprarlo. Ponchia e Minetti non ci avevano pensato quando facevano campagna elettorale e convincevano gli elettori della fattibilità del bacino?
La seconda critica che lo studio Endaco muove all’idea del Bacino azzurro è di tipo tecnico ed è probabilmente ancora più decisiva. Nella sostanza, Endaco scrive che, data la normativa e l’altrimetria delle aree interessate a Ovest e a Est della ferrovia, il condotto scatolare non sarebbe stato abbastanza in alto rispetto alle cave, e in caso di eventi estremi l’acqua scolmata dal Fossasso non sarebbe riuscita a entrare nelle cave e sarebbe stata respinta indietro.
In proposito, scrive Endaco: “La realizzazione di un’opera di derivazione, convogliamento e sfioro delle acque di piena del rio Fossasso nell’area delle cave Ronchi comporterebbe necessariamente l’attraversamento del rilevato ferroviario della linea Chivasso-Aosta”. Per non dover interrompere il traffico ferroviario durante i lavori di costruzione della conduttura sotterranea, tale “attraversamento dovrebbe essere eseguito con tecnologia spingitubo, consistente nella realizzazione di un manufatto scatolare sotterraneo con infissione teleguidata”. Ma qui si presenta un ostacolo normativo: le direttive delle Ferrovie impongono che l’estradosso della soletta dello scolmatore deve essere collocato ad almeno due metri sotto il piano del ferro. Tenuto conto delle altimetrie e fatti i calcoli, risulta che il condotto, che dovrebbe versare l’acqua del Fossasso nelle cave, si trova all’incirca alla stessa quota del fondo delle cave. Mancherebbe dunque la pendenza o salto sufficienti per far versare nelle cave le acque veicolate dal condotto.
In breve, il condotto risulterebbe troppo basso rispetto alle cave, o se si vuole il fondo delle cave sarebbe troppo alto rispetto al condotto. Conclude Endaco: “Lo scarico delle acque di piena del rio Fossasso risulterebbe pertanto ostacolato e parzialmente impedito dalle acque nel bacino. Tale condizione si aggraverebbe nel tempo a causa dei depositi via via rilasciati dalle acque, che comporterebbero un innalzamento del fondo del bacino ed una perdita di efficienza del sistema idraulico complessivo”.
Ne consegue che “l’utilizzo delle cave Ronchi come bacino di laminazione richiederebbe notevoli oneri per l’attraversamento del rilevato ferroviario e, ad opere realizzate, per la gestione e manutenzione del bacino stesso e delle opere di derivazione”.
Ma non è tutto qui. Il Bacino azzurro non sarebbe in grado di affrontare efficacemente le emergenze: “2.2 Gestione delle emergenze. Il bacino realizzato utilizzando l’area delle cave Ronchi non dispone di organi di gestione delle emergenze, costituiti da un adeguato scarico di fondo o di impianto di sollevamento e da uno sfioro di superficie, con funzione di troppo pieno, attivabile al superamento dei livelli idrometrici di sicurezza nel bacino. Tali opere appaiono onerose e di incerta e difficile realizzazione se rapportate al fatto che a valle non si rileva la presenza di adeguati recettori delle acque da scaricare o sfiorare”.
Per inciso, l’ingegner Ponchia aveva a sua volta criticato il progetto del quarto lotto dello scolmatore almeno con due argomenti: primo, lo scolmatore avrebbe versato altra acqua nell’Orco già troppo pieno in caso di eventi estremi; secondo, il progetto prevedeva di scaricare, in caso di emergenza, parte delle acque nel rio Baina, che a sua volta recapita nella roggia San Marco, che attraversa il centro di Chivasso. Ma in uno studio successivo, del giugno 2022, lo studio Endaco suggeriva la realizzazione di opere di mitigazione che avrebbero ridotto i rischi che Ponchia aveva imputato al quarto lotto.
Ad esempio: 1. Pulizia e rimodellamento alveo Rio Fossasso; 2. Adeguamento manufatto di immissione nella Gora Baina; 3. Ripristino funzionalità idrauliche sottopassi Gora Baina ferrovia e strada provinciale; 4. Formazione bacino di laminazione Gora Baina; 5. Rimodellamento alveo ed adeguamento sezione di deflusso Gora Baina. Non so se il sindaco Ponchia abbia tenuto conto di questo documento, e se e quante opere da esso consigliate abbia fatto realizzare. Resta il fatto che fin dall’estate del 2013 lo studio Endaco aveva messo nero su bianco le forti criticità dell’idea progettuale del Bacino azzurro.
Negli stessi mesi l’ingegner Ponchia agitava davanti ai montanaresi i vantaggi del Bacino Azzurro. E continuò ad agitarli, con successo, nella campagna elettorale del 2014. Certo, anche Endaco può sbagliare, come tutti. Ma con la sua analisi Endaco aveva, involontariamente, lanciato un messaggio a Ponchia: uomo avvisato mezzo salvato. Ma Ponchia volle insistere col progetto “Bacino azzurro”. Sappiamo com’è finita. Il sindaco Ponchia abbandonò il progetto del “Bacino azzurro” e cominciò la ricerca di una alternativa, durata dieci anni: fino ad approdare al progetto Allara, non ancora approvato dalla Regione, che prevede lo scavo di un grande buco, destinato a fungere da bacino di laminazione, ma che per qualche anno sarà semplicemente una cava ai bordi del paese. Intanto passeranno alcuni anni: e poi si vedrà…
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