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Sciopero
18 Giugno 2025 - 10:35
Operai in piazza: 280 euro in più e meno precariato
Il 20 giugno si annuncia come una giornata di lotta e mobilitazione per migliaia di lavoratori metalmeccanici, in sciopero per il rinnovo di un contratto collettivo nazionale scaduto da oltre dodici mesi. In Piemonte, uno dei territori storicamente più industrializzati del Paese, la vertenza assume un significato ancora più profondo, e trova il sostegno diretto del Partito della Rifondazione Comunista, che in un comunicato diffuso dal Comitato regionale esprime pieno appoggio alla protesta.
«Una lotta decisiva», la definisce Alberto Deambrogio, segretario piemontese del PRC, perché riguarda non solo il settore metalmeccanico, ma oltre sei milioni di lavoratori italiani — quasi la metà del totale — che non riescono a ottenere il rinnovo del contratto. Sul tavolo, ci sono richieste che toccano i nodi centrali del lavoro contemporaneo: 280 euro di aumento salariale, riduzione dell’orario, lotta alla precarietà, estensione dei diritti negli appalti e rafforzamento della sicurezza.
Al centro della critica c’è anche l’atteggiamento delle imprese, accusate di ignorare le rivendicazioni salariali, in un Paese dove i salari reali sono più bassi di quelli degli anni Novanta. Un paradosso aggravato, secondo Rifondazione, dal silenzio del governo che da un lato aumenta le spese militari, e dall’altro nega ogni apertura sul salario minimo, nonostante la proposta da 10 euro lordi l’ora presentata da Unione Popolare.
L’attenzione si concentra soprattutto sul Piemonte, dove settori cruciali come l’automotive — un tempo motore industriale del Paese — vengono lasciati agonizzare, mentre si continua a investire sulla produzione militare. Una scelta che Deambrogio definisce «sbagliata socialmente, ambientalmente ed eticamente», sottolineando la necessità di rilanciare la mobilità collettiva e la filiera industriale legata ai trasporti pubblici.
Il PRC non si limita a sostenere lo sciopero dei metalmeccanici, ma aderisce anche alla mobilitazione generale indetta dal sindacalismo di base, in programma sempre il 20 giugno. Una giornata che si preannuncia densa di tensione e significati politici, in cui alla difesa del lavoro si affianca l’opposizione al riarmo e alle logiche di guerra.
In un quadro nazionale dove la forbice tra lavoro e ricchezza continua ad allargarsi, e dove le politiche pubbliche sembrano ignorare il disagio delle classi produttive, la mobilitazione di venerdì acquista un valore simbolico e concreto. Non solo per i lavoratori delle fabbriche, ma per un’intera visione di società che rivendica dignità, giustizia e una nuova direzione per l’economia reale.
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