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14 Giugno 2025 - 10:48
Non è più solo una domanda sul futuro. È diventato un grido. Forte, collettivo, esasperato. “Basta!”. Basta condizioni insostenibili, basta trasferte imposte senza logica, basta a un’organizzazione del lavoro che schiaccia e umilia. Sabato 14 giugno i lavoratori degli iper e mini iper Carrefour dell’area metropolitana di Torino hanno detto basta. E lo hanno fatto nel modo più chiaro: incrociando le braccia, uscendo dai negozi, occupando la piazza.
Lo sciopero, proclamato da FILCAMS CGIL, FISASCAT CISL e UILTuCS UIL, ha raggiunto livelli di adesione altissimi, tra il 70 e l’80%, coinvolgendo l’intera rete dei punti vendita a marchio Carrefour nell’area torinese. L’obiettivo: fermare una deriva che va avanti da troppo tempo. Condizioni di lavoro sempre più dure, personale ridotto all’osso, una produttività imposta da algoritmi che ignorano totalmente il fattore umano. E poi, la goccia che fa traboccare il vaso: le trasferte coatte, imposte da un giorno all’altro, senza pianificazione, senza ascolto, senza rispetto per la vita privata delle persone.
Il presidio cittadino organizzato davanti al Carrefour del centro commerciale Le Gru di Grugliasco ha visto la partecipazione di centinaia di lavoratrici e lavoratori, con una forte presenza sindacale e numerose testimonianze dirette. Tanti i dipendenti presenti anche se non in turno, a dimostrazione di un malessere profondo, condiviso, radicato. Le bandiere delle tre sigle sindacali hanno colorato l’ingresso del centro commerciale, mentre al megafono si susseguivano gli interventi di delegati, rappresentanti, addetti ai reparti.
“Ci fanno girare come pedine da un negozio all’altro per tappare i buchi”, racconta una lavoratrice con oltre 25 anni di esperienza in cassa. “Una volta avevamo i turni, oggi abbiamo i foglietti volanti. Ti dicono ‘domani sei a un altro punto vendita’, come se fossimo intercambiabili, come se non avessimo figli, famiglie, vite.”
La lista delle criticità è lunga e, denunciano i sindacati, ormai ben nota a GS Spa, la società che gestisce il marchio Carrefour in Italia. Carichi di lavoro insostenibili, organici ai minimi storici, mansioni sempre più promiscue senza formazione adeguata, pressioni continue e crescente insicurezza sul posto di lavoro. Il tutto in un contesto in cui l’azienda continua a evitare investimenti strutturali, a non rinnovare gli ambienti, a non proporre alcuna strategia commerciale realmente competitiva.
“Stiamo pagando noi il conto di un’azienda che ha deciso di ridurre tutto al costo del lavoro”, spiegano i segretari Germana Canali, Marilena Rocco e Luca Sanna. “Ma il costo lo paghiamo in salute, dignità, sicurezza, e ora diciamo basta. Chiediamo l’immediata sospensione delle trasferte coatte e un piano serio per ripristinare condizioni di lavoro dignitose.”
Il presidio non è stato solo un momento di protesta, ma un vero atto collettivo di rivendicazione e visibilità. Per troppe settimane – e mesi – i problemi sono rimasti chiusi dentro i negozi. Sabato, invece, sono esplosi all’esterno, davanti all’ingresso di uno dei punti simbolo della grande distribuzione torinese. Tra le persone presenti, anche ex dipendenti, familiari, clienti solidali. Alcuni hanno scelto di non entrare nel supermercato in segno di appoggio.
La mobilitazione di sabato non è stata un episodio isolato, né l’ultimo. Lo ripetono con fermezza i sindacati: “Se l’azienda continuerà a ignorare il disagio profondo dei suoi lavoratori, la protesta si allargherà. Questo è solo il primo passo.”
A Torino e provincia, i lavoratori di Carrefour hanno lanciato un messaggio che non può più essere ignorato. Il modello imposto dalla dirigenza – fatto di tagli, precarietà, trasferimenti imposti e sfruttamento mascherato da efficienza – ha fallito. E chi ogni giorno tiene aperti i supermercati, serve i clienti, rifornisce gli scaffali, oggi alza la testa e dice basta.
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