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18 Giugno 2025 - 10:15
La Svezia libera le galline: addio alle gabbie
In Svezia non esistono più galline in gabbia. Lo confermano i dati ufficiali raccolti dalle autorità regionali e dal gruppo Project 1882, ed è una notizia che risuona come uno spartiacque nella storia del benessere animale. Il paese scandinavo è infatti il primo al mondo ad aver eliminato del tutto questa pratica, senza introdurre un divieto legislativo, ma attraverso un lungo percorso fatto di pressione pubblica, dialogo con le aziende, e decisioni concrete del mondo economico.
La strada è stata lunga. La prima svolta risale al 1988, quando il Parlamento approvò una legge per vietare l’allevamento in gabbia. Ma l’industria delle uova, dopo dieci anni di tempo per adeguarsi, non eliminò completamente le gabbie, costringendo lo stesso governo a modificare la legge. Da allora, le gabbie sono sopravvissute per altri due decenni. Solo nel 2008, grazie all’impegno costante di Project 1882 e alle pressioni esercitate su catene di supermercati, ristoranti, hotel e distributori, qualcosa ha iniziato davvero a cambiare.
Oggi, più di 85 aziende svedesi hanno abbandonato le uova provenienti da allevamenti in gabbia. Il risultato? Oltre 17 milioni di galline hanno potuto vivere senza sbarre, in allevamenti alternativi come quelli a terra o all’aperto. Un cambiamento culturale prima ancora che normativo, portato avanti senza scontri istituzionali, ma con l’alleanza tra cittadini consapevoli, attivisti determinati e imprese lungimiranti.
Il messaggio è chiaro: porre fine alle gabbie è possibile. Anche senza aspettare le leggi. Anche in contesti industriali complessi. Lo ricorda con forza Animal Equality, organizzazione internazionale da anni in prima linea per denunciare le condizioni degli animali negli allevamenti, inclusi conigli, scrofe, anatre e milioni di galline tenute in gabbia in Europa e in Italia. Matteo Cupi, direttore esecutivo di Animal Equality Italia, commenta: «La Svezia ci dimostra che un mondo senza gabbie è possibile. Continueremo a lottare ogni giorno fino a quando nessun animale sarà più costretto a vivere prigioniero».
A livello europeo, però, il cammino è ancora incerto. La proposta di legge per vietare gradualmente le gabbie in tutti gli Stati membri, promossa dall’iniziativa “End the Cage Age” e sostenuta da oltre un milione di cittadini, è stata rimandata dalla Commissione Europea al 2026. Inizialmente attesa per il 2023, la proposta è finita su un binario morto, schiacciata tra lobby agricole, resistenze burocratiche e timori legati alla produttività del settore zootecnico.
In Italia la situazione è tutt’altro che incoraggiante. Migliaia di allevamenti utilizzano ancora gabbie arrugginite e sovraffollate, dove animali crescono in condizioni di stress, immobilità e sofferenza cronica. Le inchieste condotte da Animal Equality negli ultimi anni hanno mostrato immagini di galline con piumaggio strappato, scrofe immobilizzate in gabbie da parto, e conigli feriti privi di cure.
Eppure, qualcosa si muove anche nel nostro Paese. Alcune catene della grande distribuzione, pressate dall’opinione pubblica, stanno riducendo progressivamente la vendita di uova da allevamenti in gabbia. Ma manca una visione politica chiara, manca una scadenza, e manca soprattutto una legge nazionale che stabilisca tempi e modalità per l’eliminazione completa di questa pratica.
La Svezia oggi rappresenta una svolta morale e politica: un esempio concreto di come la società, quando si mobilita in modo continuativo e intelligente, possa ottenere risultati epocali. E senza bisogno di aspettare lo Stato.
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