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17 Giugno 2025 - 20:07
Ripaltina Argentino ha 64 anni
Da oltre un mese aspetta una coronarografia urgente. Ma nessuno la chiama. E lei vive nel terrore di morire. In silenzio. Da sola.
Ripaltina Argentino ha 64 anni, vive a Chivasso, e ogni giorno è una sfida contro il tempo e contro l'indifferenza. L’ha detto con un filo di voce e una dignità che pesa più della paura: «Aspettano che mi vengano a riprendere per i capelli». Perché lei lo sa. Il suo cuore non può più aspettare. Ma da quel 14 maggio, quando il suo cardiologo ha inserito il nome nella lista d’attesa dell’ospedale di Chivasso per una coronarografia urgente, nessuno l’ha più chiamata.
Un ricovero in classe A, con priorità entro 30 giorni. Ma oggi è 17 giugno, e Ripaltina è ancora lì. A contare i respiri, i battiti, le notti insonni. E la paura che da un momento all’altro arrivi un crollo cardiocircolatorio. «Quando rifaccio il letto, devo fermarmi tre volte. Mi manca il fiato. Non riesco più a fare nulla», racconta.
La sua storia è un percorso a ostacoli tra esami, diagnosi, operazioni, visite private, telefonate senza risposta, promesse disattese. La gamba sinistra è gonfia da gennaio, da quando, dopo un intervento all’arteria femorale, qualcosa ha cominciato ad andare storto. A febbraio, un chirurgo vascolare di una clinica convenzionata con l’Asl TO4 le ha rimosso un aneurisma alla coscia. Ma il gonfiore è rimasto. «La gamba è diventata nera. Non posso più mettere un sandalo. Sto gonfiando come una mongolfiera».
La trafila è nota. Il medico di famiglia, preoccupato, la visita ogni giorno. Chiama un collega, si muove. Lei intanto manda foto, chiede aiuto, si presenta al pronto soccorso di Chivasso a maggio: sei ore in sedia a rotelle, senza un esame, senza un ricovero. La mandano a casa: «Tanto è già in lista per la coronarografia», le dicono.
Ma la lista, evidentemente, non si muove. O si muove troppo lentamente. Ieri ha chiamato l’ospedale: sei persone davanti, più quelli del pronto soccorso. E la risposta di chi gestisce la lista è stata disarmante: «Deve avere pazienza». Parola tossica, quando si parla di un esame urgente. E devastante, se detta a chi vive da sola, con l’affitto da pagare, le bollette, e ormai anche le visite private fuori portata: «Mi hanno chiesto 500 euro. Ma io non posso proprio permettermelo».
Dopo quanto accaduto con la gamba sinistra, non vuole più tornare nella stessa clinica dove è stata operata. Ma non ha nemmeno alternative. E a ogni sollecito, l’unico a rispondere è il medico di famiglia, che continua a fare impegnative, a cercare soluzioni. A prendersi cura.
Intanto Ripaltina vive nell’attesa e nel terrore. Non di un peggioramento. Ma del peggio. «Non voglio arrivare al punto in cui devono venirmi a riprendere per i capelli. C’era tempo per agire in sicurezza. Non lo hanno fatto». E ogni giorno è un’occasione mancata. Ogni ora è un peso sul petto.
L’Asl TO4, intanto, tace. E l'ospedale di Chivasso non risponde. Ma il corpo di Ripaltina non può più aspettare i tempi della burocrazia. È un cuore che bussa. Che urla. Che chiede solo di non essere dimenticato.
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