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11 Giugno 2025 - 22:00
L'ex assessore regionale alla sanità del Pirmonte Luigi Genesio Icardi
“Volevano abrogare la medicina, noi abroghiamo anche la malattia.”
L’ex assessore regionale Luigi Icardi, oggi presidente della Commissione Sanità in Regione Piemonte, ama i colpi di teatro. E nel recente dibattito in Consiglio regionale, infuocato dall’abrogazione della legge sulle sperimentazioni pubblico-private, non si è risparmiato. Colpevole, secondo lui, è la sinistra. Colpevole è la legge Bresso (Mercedes, ndr) del 2008. Colpevole è Settimo Torinese, il “sistema Settimo”, caso-simbolo di una gestione sanitaria opaca, fallimentare, parassitaria. Una narrazione netta. Eppure, profondamente incompleta e pasticciata
L’ospedale di Settimo non nasce, infatti, nel 2008. Questa è una cazzata… Le sue origini risalgono a quasi un decennio prima, nel 1997, quando la giunta regionale guidata da Enzo Ghigo — centrodestra — e l’assessore alla Sanità Antonio D’Ambrosio, conosciuto come o’ assessò, cercano una via d’uscita al fallimento del progetto ospedaliero di Santena.
E’ in allora che prende forma la collaborazione con la società francese SIAS Italia, che ottiene l’autorizzazione a costruire l’Hopital du Piemont su un terreno di proprietà dell’ASL, concesso in uso con il beneplacito della giunta regionale di centrodestra e una serie di protocolli… Arrivano le ruspe, poi le gru, poi i muratori, i serramentisti, i piastrellisti e poi si ferma tutto… Nel gennaio del 2007, l’allora amministratore, il francese Michel Veillet, di fronte ai tanti silenzi non ce la fa più e chiama addirittura il Gabibbo di Striscia la notizia. Quello arriva di corsa.
“Il primo che mi parla di Europa, lo mangio” — dice ai microfoni di Canale 5, in un italiano alla parigina — “Qui siamo in una Repubblica bananiera…”
La verità è che l’amministratore delegato della SIAS continuava ad essere a bagnomaria, rinchiuso in una lussuosa cattedrale e la politica lo stava prendendo in giro, lo stava strangolando coi suoi tavoli di concertazione, le sue retromarce, le mediazioni. Solo lui, Veillet, sapeva e diceva ai quattro venti che l’ospedale era pronto da un sacco di tempo, che la Regione “di prima”, di centrodestra, ne era entusiasta e che quella di allora (di centrosinistra) guardava con estremo sospetto i “capitani d’industria”.
Fosse stato a Marsiglia, a Parigi o a Bordeaux, non avrebbe avuto dubbi sul da farsi: avvocati e cause civili. Con la certezza che vince chi ha ragione e che “pacta servanda sunt”, i patti vanno rispettati. Solo che qui gli avevano fatto capire fin troppo bene che le cause costano e non portano a niente e lui masticava amaro.
Morale? Proprio quando SIAS rischia di saltare, insieme all’ospedale costruito e abbandonato e milioni di euro congelati, qualcosa ricomincia a muoversi, questa volta a sinistra…
Nel 2008, la Regione Piemonte — guidata da Mercedes Bresso — finalmente interviene per mettere ordine: nasce SAAPA S.p.A., società a controllo pubblico, incaricata della gestione dei servizi sanitari di post-acuzie. La cornice è quella di una sperimentazione gestionale quinquennale, prorogabile, su proposta del Comune di Settimo. Si tratta di dimissioni protette, riabilitazione, lungodegenze. Non un ospedale generalista, ma una struttura di supporto al sistema pubblico.
Muore l’Hopital, nasce l’ospedale… È il 25 giugno del 2008. SIAS muore, nasce SAAPA con Asl TO2 e Asl TO4 al 52%, il Gruppo Asm spa al 31,5% e la Cooperativa Frassati al 16,5%. Il Gruppo Asm, in una seconda battuta, cederà al Comune di Settimo il 22%, mantenendo un 9,5% per la gestione delle forniture di energia elettrica e termica, e per l’allestimento del comparto informatico per mezzo del Cic.
Durante la firma definitiva, che segna il rientro dei costruttori italo-francesi, seduti al tavolo ci sono Marina Fresco e Giulio Fornero, direttori delle Asl TO4 e TO2, il presidente del Gruppo Asm Silverio Benedetto, con l’assessore alla Sanità della città di Settimo Giuseppe Palena, e Amelia Argenta per la Cooperativa Frassati.
Si apre ufficialmente il processo per l’attivazione dei servizi. La ripartizione dell’impegno è definitiva: le Asl coordineranno il personale medico ed infermieristico, l’Asm si occuperà della gestione energetica e la Cooperativa Frassati seguirà l’assistenza ed il personale.
Si comincerà con 170 letti, di cui 90 destinati alle dimissioni protette (per tutti i pazienti che hanno subito un intervento chirurgico). Gli altri saranno ripartiti ai lungodegenti (20) e ai pazienti che necessiteranno di una riabilitazione (60).
Nel pacchetto dell’operazione rientra un mutuo da circa 30 milioni di euro, sottoscritto con il Monte dei Paschi di Siena, istituto che aveva già finanziato la società SIAS. Non fu una scelta della sinistra, come Icardi lascia intendere. Il prestito fu strutturato dai francesi e approvato con il consenso politico della giunta Ghigo.
Anche la presenza della Cooperativa Frassati, finita più volte nel mirino, non è il frutto di un’infiltrazione ideologica. La Frassati era già all’interno del raggruppamento privato sin dalle fasi iniziali. Nessun affidamento diretto, nessuna “chiamata senza gara”. Regione e SAAPA si limitarono ad assorbire i contratti attivi e passivi preesistenti, senza crearne di nuovi.
Quanto alla gestione della società, Icardi ha ricordato l’influenza del Comune di Settimo. Ma ha dimenticato di dire che i nomi degli amministratori sono il frutto di accordi trasversali, e non certo prerogativa di un partito. Il primo amministratore delegato fu Roberto Maggio, voluto dal professor Giuseppe Ranalli, allora presidente dell’Ordine dei Commercialisti.
Poi toccò a Bartolo Casalis, scelto su indicazione del direttore generale dell’ASL TO4 Flavio Boraso, vicino a Maurizio Feira, presidente di FinPiemonte e uomo della giunta Roberto Cota. L’ultima fu Gabriella Gianoglio, proposta da Lorenzo Ardissone, direttore sanitario di lungo corso.
Poi c’è anche Aldo Corgiat, già sindaco di Settimo e dirigente del Servizio Sanitario Nazionale, a cui Ardissone chiede di assumere il ruolo di direttore amministrativo a titolo gratuito. Un dettaglio che stride con le accuse di lottizzazione e poltronifici.
Sul piano giuridico, il progetto fu seguito da due figure di primo piano: Riccardo Ranalli e Roberto Cavallo Perin, quest’ultimo costituzionalista e docente universitario, notoriamente lontano da logiche spartitorie. Furono loro a definire gli equilibri normativi della sperimentazione e a garantire che l’operazione avesse gambe solide dal punto di vista legale.
E i numeri?
Dal 2012 in avanti, dopo i primi anni difficili (con perdite cumulate per circa 7 milioni di euro), SAAPA inizia a chiudere i bilanci in pareggio, fino a consolidare utili intorno ai 200 mila euro annui. Dal 2017 al 2019, il surplus arriva a superare 1,8 milioni all’anno. La società, insomma, funziona. Paga i debiti, rispetta i parametri, si sostiene.
E tutto questo accade con lo schema pubblico-privato tanto criticato da Icardi.
Poi arriva il 2020. La pandemia cambia le regole del gioco. L’ospedale viene riconvertito: due piani su tre diventano reparti COVID per pazienti non gravi. Il nuovo amministratore, Alessandro Rossi, prende decisioni drastiche. I costi aumentano, i rimborsi regionali non sono proporzionati, i reparti per altre specialità di post-acuzie restano sotto-utilizzati.
Il risultato? Una perdita di 3,5 milioni di euro.
Ma anziché sfruttare le norme transitorie introdotte dai decreti Covid, che consentivano di spalmare le perdite su cinque anni, evitando la ricapitalizzazione immediata, si sceglie la via più radicale: vendere.
Una decisione politica. Presa, toh guarda, proprio durante il mandato di Icardi.
Eppure, nel racconto in aula, questa parte della storia non c’è.
L’ospedale di Settimo non è stato un paradiso. Ma nemmeno l’inferno dipinto da Icardi. È stato un tentativo concreto di rispondere a un’emergenza strutturale. È nato da un errore (Santena), ha attraversato due giunte di segno opposto, ha funzionato per anni, ha avuto bilanci sani ed è entrato in crisi con il Covid e con scelte — discutibili — fatte nel silenzio di chi oggi accusa.
Dietro le invettive dell’ex assessore regionale c’è il solito vizio della politica: riscrivere la storia con l’evidenziatore del presente.
Ma con la sanità pubblica non si gioca.
E prima di abrogare una “malattia”, bisognerebbe ricordare bene chi ha prescritto la terapia, chi ha firmato le cambiali, e soprattutto chi ha venduto il paziente senza consultarlo.
L’Ospedale civico di Settimo Torinese? Con i suoi 235 posti letto e oltre 1.600 pazienti l’anno, continua a navigare a vista. Ebbene sì! Altro che efficienza.
Udite, udite... la Regione Piemonte ci ha messo otto mesi per affidare alla Bocconi un compito che doveva essere la prima cosa da fare: scrivere un piano industriale.
Nonostante l’acquisizione dell’immobile da parte dell’ASL TO4 risalga ad aprile 2024e la promessa dell’internalizzazione dell’attività sia stata formalizzata il 29 novembre, infatti, solo il 19 marzo 2025 la Regione – tramite Azienda Zero – si è decisa ad affidare a un ateneo (l'Università Bocconi) la stesura del piano.
Peccato che nel frattempo la S.A.A.P.A. S.p.A., società pubblica che gestisce la struttura ed è in liquidazione dal 2021, continui a esistere in uno stato comatoso, senza una direzione chiara.
A denunciare l’impasse è stata un paio di mesi fa la consigliera regionale Monica Canalis (Partito Democratico), che non ha usato mezzi termini: “Avevamo accolto con favore l’idea di una gestione regionale, interamente pubblica. Ma ora i tempi stringono. Serve una visione e servono certezze per lavoratori e cittadini”.
L’ospedale, infatti, non è una struttura di quartiere. Con reparti di Recupero e Riabilitazione Funzionale di II livello, Lungodegenza e Continuità assistenziale a valenza sanitaria, è un presidio sanitario di scala regionale, al servizio tanto dell’ASL TO4 quanto dell’ASL Città di Torino. Ma senza un progetto vero, la sua valorizzazione rimane solo uno slogan.
E mentre l’amministrazione Cirio sfoglia le slide, Settimo rimane in una fase di "transizione infinita", quella che in gergo politico si chiama “attesa di istruttoria”, ma che nella realtà significa solo una cosa: immobilismo. L’ennesimo esempio di come in Piemonte si faccia fatica a passare dalle parole ai fatti, specie in sanità.
La domanda resta sospesa: perché tanto ritardo? Davvero ci voleva un anno per affidare a una prestigiosa università un piano industriale? E nel frattempo, chi si prende cura della progettazione del futuro?
L’impressione, sempre più forte, è che si sia partiti dalla fine: prima si annuncia l’acquisto, poi si decide cosa farne. E nel mezzo, lavoratori e pazienti restano in balia dell’incertezza.
“Occorre fare presto”, insiste Canalis. E ha ragione. Ma se davvero si voleva fare presto, forse era il caso di partire dalla perizia, dal piano industriale, dalla tutela del personale, e non dall’annuncio da prima pagina.
Insomma, all’ospedale di Settimo servono investimenti, certezze, progettualità. E invece arrivano solo atti notarili, liquidazioni societarie e, dopo mesi di nulla, una consulenza universitaria. La speranza? Che almeno la Bocconi sia più rapida della Regione.
Sulle prime pagine di tutti i giornali e su Facebook c'è la sindaca Elena Piastra a braccetto con il Governatore Alberto Cirio, entrambi a caccia di like pronti ad annunciare al mondo e ai quattro venti che l'ospedale di Settimo sarebbe passato completamente in mano al pubblico.
Ad annunciarlo (incredibile ma vero) c'era proprio lei, che, fino 5 anni prima, quando aveva cominciato ad occuparsene l'unica cosa che voleva fare (da novizia) era "cacciare" il direttore amministrativo di SAAPA, nonché ex sindaco di Settimo Torinese Aldo Corgiat (cosa che gli è poi riuscita) per far sedere alla presidenza del cda l'allora fido Alessandro Scopel della corrente Pd di Mauro Laus.
In Regione la guardarono negli occhi, si misero a ridere, e le dissero "mavalà". Scopel "incazzato" come una biscia, saluta tutti e passa alla corrente di Raffaele Gallo con Caterina Greco e qualche tempo dopo gli si cuce addosso un incarico politico alla Città della salute, trullalero trullalà... Com'è finita con Gallo è, evidentemente, un'altra storia.
Tornando alle cose serie, la Regione, in quel novembre del 2024, annunciava di aver stanziato 15 milioni di euro da erogare a Asl To4 per pagare i debiti e chiudere SAAPA SPA la società che ancora gestisce l'ospedale di Settimo Torinese attualmente nelle mani dei liquidatori Alessandro Rossi, Asvisio Luca e Fabrizio Mondello.
15 milioni di euro da aggiungere ai 28 milioni di euro per l’acquisto dell'immobile, con estinzione del mutuo, avvenuto nell'aprile del 2024, davanti a un notaio, con tanto di rinuncia dei diritti da parte della società Saapa, che possedeva il bene .
Un'operazione resa possibile da un emendamento specifico presentato dalla Giunta regionale, denominato emendamento 66, attraverso cui si autorizza l'investimento con l’obiettivo di migliorare l'offerta sanitaria sul territorio.
Detto questo i riflettori ora si spostano sull’ASL TO4, chiamata a gestire le risorse per la liquidazione, posto che in SAAPA SPA Asl To4 detiene il 34%, Asl Città della saluteil 18%, resta da capire dove troveranno le risorse gli altri soci chiamati a ripianare i debiti.
Nessun problema per la Cooperativa Frassati socia al 16,50% che è anche "creditore", qualche guaio lo potrebbe invece passare il Comune di Settimo Torinese socio al 31,48 e con il Comune pure Patrimonio SPA, socio all'1.
Staremo a vedere perchè può anche essere che si sia fatto un accordo far pagare tutto all'Asl To4 e, a queso punto si capirebbe il perchè dei 15 più che sufficienti.
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