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Cronaca

Bimba di 19 mesi in terapia intensiva: il morbillo è tornato, e fa ancora paura

Una bambina non vaccinata contrae il morbillo all'estero e finisce in terapia intensiva a Firenze

Bimba di 19 mesi in rianimazione

Bimba di 19 mesi in terapia intensiva: il morbillo è tornato, e fa ancora paura

Una bambina di 19 mesi ha rischiato di morire a causa del morbillo, contratto durante una vacanza all’estero. Al ritorno in Italia, è stata trasferita d’urgenza all’ospedale Meyer di Firenze, dove i sintomi si sono aggravati fino a sfociare in una polmonite severa. Ricoverata in terapia intensiva, ha dovuto essere intubata e sottoposta a cure respiratorie avanzate per dieci giorni. Solo dopo l’estubazione, ha potuto passare a un supporto non invasivo e poi essere riportata in reparto. Oggi è fuori pericolo, ma la sua vicenda riaccende l’allarme su una malattia infettiva troppo spesso sottovalutata.

Secondo i dati, il 5% dei casi pediatrici di morbillo sviluppa una polmonite, che è la principale complicanza e la causa più frequente di decesso nei bambini colpiti. Eppure, il morbillo viene ancora percepito da molti come una malattia del passato, leggera, “di passaggio”. Niente di più sbagliato.

Il morbillo è una malattia infettiva virale altamente contagiosa, causata da un virus appartenente alla famiglia dei Paramyxoviridae, genere Morbillivirus. Si trasmette per via aerea, attraverso le goccioline di saliva emesse con tosse, starnuti o anche semplicemente parlando. La sua capacità di contagio è elevatissima: si stima che una persona infetta possa contagiarne tra 12 e 18 in assenza di immunizzazione.

Il periodo di incubazione dura tra 8 e 12 giorni, dopodiché compaiono i sintomi classici: febbre alta, congiuntivite, raffreddore, tosse secca e le tipiche macchie rosso vivo sulla pelle (esantema) che partono dal viso per estendersi al resto del corpo. Ma sono le complicanze a rendere il morbillo pericoloso: oltre alla polmonite, possono verificarsi encefalite, otite media, diarrea grave e, nei casi più rari, la panencefalite subacuta sclerosante (una malattia neurologica degenerativa a esito fatale che può comparire anni dopo l’infezione).

A soffrirne di più sono i bambini sotto i 5 anni e gli adulti non immunizzati, oltre ai soggetti immunodepressi. Prima dell’introduzione del vaccino, il morbillo provocava milioni di decessi ogni anno nel mondo.

Il vaccino contro il morbillo, somministrato solitamente nel trivalente MPR (morbillo-parotite-rosolia), è l’unico strumento veramente efficace per prevenire l’infezione e le sue gravi complicanze. È sicuro, ben tollerato e raccomandato già dal 13° mese di vita, con un richiamo tra i 5 e i 6 anni.

La vaccinazione protegge il bambino, ma anche la comunità, perché riduce drasticamente la circolazione del virus. Per evitare epidemie, l’immunità di gregge richiede una copertura vaccinale del 95%. E invece, secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia ancora troppi bambini non vengono vaccinati nei tempi previsti.

Come ha ricordato la professoressa Luisa Galli del Meyer, l’80% dei casi gravi colpisce proprio bambini non vaccinati. Ecco perché rinviare o rifiutare la vaccinazione non è una scelta neutrale: espone i più piccoli a rischi evitabili e può avere conseguenze drammatiche.

La storia di questa bambina dimostra che il morbillo non è una malattia del passato, ma una minaccia attuale, concreta, pericolosa. Vaccinare è un dovere civile, non solo una scelta sanitaria. Perché la prevenzione salva vite, e le epidemie si fermano con un ago, non con le parole.

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