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Rivarolo Canavese: la fine ingloriosa per la stalla Mellano

Si chiude con una procedura giudiziaria una delle vicende più gravi dell’agrozootecnia canavesana

la stalla Mellano

Rivarolo Canavese: la fine ingloriosa per la stalla Mellano

Un’asta telematica per mettere la parola fine a una vicenda dai contorni drammatici. Giovedì 12 giugno, alle 12, è iniziata ufficialmente la vendita in blocco dei 510 bovini ancora presenti nell’azienda agricola Mellano, situata tra Rivarolo Canavese e Bosconero. Una procedura imposta dal tribunale di Ivrea, che ha affidato la gestione all’Istituto Vendite Giudiziarie Ifir Piemonte, con una base d’asta di 300.000 euro. I partecipanti hanno avuto tempo fino alle 12 di venerdì 13 giugno per presentare un’offerta. L’aggiudicatario dovrà versare l’intera somma entro tre giorni e provvedere al ritiro degli animali entro cinque.

Una vendita giudiziaria non comune, che arriva al termine di una crisi zootecnica gravissima, culminata con il sequestro dell’intera mandria, disposto il 18 aprile scorso. Una mandria che in origine contava circa 800 capi, ma che nel giro di poche settimane ha perso oltre 300 animali, morti per denutrizione e incuria.

A fare scattare i controlli, una situazione di profondo degrado gestionale: carenze igienico-sanitarie, razioni alimentari insufficienti, assenza di cure veterinarie. Gli accertamenti, delegati dalla Procura di Ivrea all’Asl To4 con il supporto delle forze dell’ordine, sono stati condotti in più riprese tra aprile e inizio giugno. Gli ispettori hanno riscontrato condizioni incompatibili con il benessere animale, tali da configurare l’ipotesi di maltrattamento, su cui ora è aperto un fascicolo d’indagine.

Non si tratta soltanto di animali malnutriti o trascurati, ma – secondo gli inquirenti – anche di cadaveri non smaltiti correttamente: molte carcasse sarebbero state interrate nei terreni aziendali, violando le norme sanitarie e ambientali. Un dettaglio che aggrava ulteriormente un quadro già compromesso, e che ha spinto il giudice a nominare un amministratore giudiziario per gestire la fase di emergenza.

Secondo quanto emerso, la famiglia titolare dell’azienda avrebbe affrontato una crisi economica profonda, tale da impedire anche la gestione quotidiana della stalla. Una spirale che ha portato in pochi mesi a un collasso operativo, reso ancora più grave dalla mancanza di interventi tempestivi e dalla scelta di non denunciare le difficoltà.

Con l’asta di questi giorni si chiude – almeno sul piano operativo – una delle vicende più dolorose e simboliche dell’agricoltura canavesana recente. Ma restano aperti molti interrogativi: sulla sostenibilità delle grandi strutture zootecniche, sulla solitudine degli allevatori in crisi, sull’assenza di meccanismi di allerta prima che la situazione degeneri.

E resta, soprattutto, il peso di un fallimento umano ed economico che ha avuto come primi a pagarne le conseguenze gli animali. Le immagini dei bovini denutriti, le testimonianze degli operatori sanitari, i numeri dei decessi sono la ferita più evidente di una storia in cui – ancora una volta – l’abbandono ha superato la solidarietà, e la crisi è esplosa nel silenzio generale.

Ora quei 510 animali sopravvissuti aspettano un’altra vita. Lontano da quella stalla diventata, troppo a lungo, il simbolo di un sistema che non ha retto.

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