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Fenice bruciata, Ferragni a pezzi: addio ai negozi, crolla l’impero del glamour

Chiusa la società Fenice Retail, perdite per oltre 1,2 milioni. Anche la holding in crisi: negozi chiusi, brand da rifare e dieci milioni di euro evaporati. La regina dei social tenta di salvarsi, ma la fenice non risorge

Fenice bruciata, Ferragni a pezzi: addio ai negozi, crolla l’impero del glamour

Chiara Ferragni

Non bastava il pandoro-gate, le multe milionarie dell’Antitrust, il linciaggio social e le parodie infinite. Per Chiara Ferragni, l’ex regina del digitale italiano, arriva un’altra doccia fredda: Fenice Retail Srl, società operativa legata al suo brand, è stata ufficialmente messa in liquidazione. E a leggere i numeri, è chiaro che stavolta non si parla solo di reputazione, ma di un crollo industriale e finanziario senza precedenti per il suo impero.

Fenice Retail, nata per gestire i negozi fisici del marchio “Chiara Ferragni Brand”, ha registrato nel biennio 2023-2024 ricavi per 644 mila euro a fronte di costi superiori ai 2 milioni, con perdite nette per oltre 1,2 milioni di euro. Numeri spietati, che hanno portato a una decisione inevitabile: chiusura immediata e liquidazione della società. Il primo a chiudere è stato lo store milanese in via Capelli. Poi l’ultimo baluardo del fisico, la boutique di via del Babuino a Roma, ha abbassato le serrande. Addio vetrine luccicanti, addio selfie tra scaffali pink e luccichii. Oggi quei locali sono vuoti. Come lo sono, forse, i sogni di un’espansione retail tutta made in Ferragni.

Dietro alla scelta non c’è solo la congiuntura economica o un fisiologico ridimensionamento. C’è una crisi strutturaleche ha coinvolto anche la holding Fenice Srl, proprietaria del marchio e degli asset intellettuali legati all’imprenditrice. Una società che, a dispetto del nome altisonante, non è riuscita a risorgere dalle proprie ceneri, nonostante gli sforzi e le narrazioni glamour.

Chiara Ferragni

Il campanello d’allarme era suonato già a ottobre 2024, quando Chiara Ferragni e il socio Paolo Barletta hanno lasciato la guida operativa di Fenice Srl, nominando Claudio Calabi amministratore unico. Una scelta tutt’altro che casuale. Calabi, esperto in ristrutturazioni societarie, è noto per essere il “chirurgo delle aziende in crisi”. Era il segnale inequivocabile che qualcosa stava andando molto, molto storto.

Nel frattempo, per tamponare le perdite e rilanciare la macchina, Ferragni ha messo mano al portafoglio, sottoscrivendo un aumento di capitale da 6,4 milioni di euro, portando la propria partecipazione al 99% della società. Ma anche qui i numeri parlano più delle intenzioni: si stima che Fenice Srl abbia accumulato oltre 10 milioni di euro di perdite complessive tra 2023 e 2024. Non proprio quello che ci si aspetta da un “marchio di successo”.

E mentre i tribunali valutano le sanzioni per pubblicità ingannevole e l’opinione pubblica la guarda con sospetto, Chiara Ferragni tenta il colpo di coda: ha annunciato un "rinnovamento totale del brand" nel secondo semestre 2025. Una sorta di ripartenza da zero, come se nulla fosse. Ma il vento è cambiato. E per chi ha costruito il proprio impero sull’immagine patinata della perfezione, riconquistare la fiducia del mercato e del pubblico sarà la vera sfida.

Nel frattempo, però, tutto si ridimensiona: niente più vetrine rosa shocking, niente più flagship store, niente più "fenici" a simboleggiare il glamour eterno. Resta una società in ristrutturazione, un logo in attesa di riposizionamento, e una influencer-imprenditrice che ha conosciuto l’ascesa assoluta e ora sperimenta – con lo stile dei grandi casi aziendali – la fragilità della caduta.

Il brand “Chiara Ferragni”, valutato nel 2021 ben 75 milioni di euro, oggi appare assai più opaco. E se il futuro riserva ancora una rinascita, come il nome della società madre suggerisce, sarà tutto da vedere. Perché questa Fenice, per ora, brucia. Ma non vola.

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