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Sei mesi per ricevere la patente: l’odissea di un italiano all’estero

Angelo racconta l’incubo burocratico tra Italia e Francia

Casale Monferrato

Sei mesi per ricevere la patente: l’odissea di un italiano all’estero

Una semplice procedura amministrativa può trasformarsi in una vera e propria odissea. Sei mesi di attesa, sei mesi senza poter guidare, sei mesi a fare i conti con la frustrazione, la stanchezza, i sensi di colpa. 

È la storia di Angelo Yuri Barrella, classe 1994, nato a Casale Monferrato ma da anni residente a Briançon, in Francia, dove lavora come capo chef in un noto hotel di Serre Chevalier. Una storia che racconta con lucidità e amarezza, simbolo di un’Unione Europea che funziona sulla carta ma inciampa ancora sulle necessità quotidiane dei suoi cittadini. 

Angelo Yuri Barrella

Tutto è cominciato quando, come previsto dalla legge, Angelo ha registrato la sua residenza in Francia iscrivendosi all’AIRE nel gennaio 2023. Nulla di straordinario: vivere e lavorare in un altro Paese europeo dovrebbe essere una possibilità concreta, senza ostacoli insormontabili. Ma la realtà si è rivelata diversa. Nel marzo 2024, recatosi presso una scuola guida per rinnovare la patente italiana, gli è stato detto che, essendo residente all’estero da oltre due anni, non poteva più effettuare il rinnovo in Italia. Il suo nuovo interlocutore era lo Stato francese, attraverso l’agenzia ANTS (Agence Nationale des Titres Sécurisés). 

Ed è lì che è cominciato il vero incubo. 

«Dopo che mi è stato detto dalla scuola guida (dove avrei dovuto rinnovare la patente) che non potevo più rinnovarla dal momento che abitavo in Francia da più di due anni, e che la ANTS, agenzia dello Stato francese (che si occupa anche della conversione della patente), mi ha detto che per la conversione della patente avrei dovuto aspettare fino a un massimo di 1 anno, e che fino ad allora non avrei più potuto circolare con un mezzo su strada.” – racconta Angelo –  Né in Francia, né in Italia. Niente documenti provvisori, nessuna deroga. Solo una frase ripetuta più volte: “Devi aspettare”». 

Un anno. Dodici mesi in cui, di fatto, Angelo non avrebbe potuto guidare. Nessuna soluzione temporanea, nessun documento provvisorio. Solo l’attesa, e intanto la vita che andava avanti. 

Ma attendere, quando si ha una famiglia e un lavoro con responsabilità, non è mai semplice:  «Per andare al lavoro prendevo i mezzi pubblici nel pomeriggio. Tornavo a casa dopo mezzanotte, e ogni sera mia moglie si svegliava per venirmi a prendere. Lei, che poi alle 7:30 del mattino doveva essere già al lavoro. Il sacrificio più grande l’ha fatto lei, giorno dopo giorno, togliendo ore preziose al riposo, alla salute, alla serenità». 

Nel suo ruolo di chef, Angelo avrebbe dovuto essere il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene. Ma ogni turno diventava una corsa contro il tempo, una speranza che non accadesse nessun imprevisto. “Mi sentivo frustrato. Dovevo dare l’esempio alla mia squadra, ma invece ero in balìa di una situazione che non dipendeva da me. Pregavo ogni giorno che tutto filasse liscio, perché non avevo modo di gestire emergenze”. 

Anche nella vita privata, il peso della situazione era sempre più schiacciante. “La quotidianità era sulle spalle di mia moglie. Io cercavo di arrangiarmi, ma se c’era bisogno di spostarsi per fare la spesa o accompagnare qualcuno, dovevo sempre fare affidamento su di lei. E questo, giorno dopo giorno, logora. Soprattutto quando non si vede una via d’uscita,” racconta. 

Una routine estenuante, fatta di sveglie notturne e orari incrociati, con il peso più grande che è ricaduto proprio su sua moglie. Il ritmo, già impegnativo, diventava insostenibile. 

Alle richieste di aggiornamenti, nessuna risposta concreta. Solo un generico “bisogna attendere”, con il rischio reale che passasse un intero anno. “Mi sembrava assurdo: ero prigioniero di una lentezza amministrativa che nessuno sembrava voler risolvere. Era come parlare con un muro”, aggiunge . 

Poi, un giorno di fine maggio, il miracolo: un messaggio dall’ANTS annunciava che la patente era stata recapitata nella sua cassetta postale. «Ero appena tornato da lavoro. Quando l’ho vista lì, tra la posta, mi sono sentito rinascere. Finalmente potevamo tornare a vivere una normalità che fino a quel momento ci era stata negata». 

Un piccolo oggetto di plastica, che però significava libertà, indipendenza, respiro. Ma l’esperienza ha lasciato il segno, insieme a una riflessione che riguarda l’intero sistema europeo. 

Una normalità che, però, non dovrebbe mai essere messa in discussione da un sistema che si dice europeo: “Il problema vero è che, nel 2025, viviamo ancora una contraddizione: l’Europa esiste nei proclami, ma si inceppa sulle pratiche. Se mi avessero detto di cominciare un anno prima, l’avrei fatto. Ma non esiste una comunicazione chiara. Nessuno ti guida. Devi scoprire tutto da solo, e intanto la tua vita si ferma”. 

Il momento più assurdo? Una giustificazione che suona come una beffa. 

La più assurda giustificazione è stata da parte dell’ANTS, ovvero che dal momento che le prefetture di ogni singola città non gestiscono più questo tipo di bisogni (che fino allo scorso anno in una settimana si aveva già la patente convertita), e che adesso è tutto centralizzato dall’ANTS e che quindi i tempi di attesa sono aumentati vertiginosamente (massimo un anno) e che vi sono persone della Polinesia Francese che sono in attesa da diverso tempo.” 

“Io gli risposi: l’Italia si trova a due ore di distanza…” 

E a chi ha gestito tutto questo, Angelo vuole lanciare un messaggio: “Non è normale che tra due Paesi europei così vicini, come Italia e Francia, ci vogliano mesi per una semplice conversione di patente”. 

Una testimonianza che fa luce su una realtà poco conosciuta e che mette in discussione l’efficienza di un’Europa che, quando si tratta di burocrazia, sembra ancora lontana dall’unità tanto sbandierata. 

Il suo consiglio è chiaro, e viene dall’esperienza vissuta sulla pelle: «Chiunque stia per trasferirsi in un altro Paese dell’Unione Europea, inizi le pratiche con largo anticipo. Almeno un anno prima. E si prepari a cavarsela da solo. Perché, al momento, tra leggi non armonizzate e una comunicazione frammentata, il cittadino è l’unico a doversi districare in un labirinto senza mappa». 

 

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