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06 Giugno 2025 - 12:22
Manifestazione del Comitato Difesa Quartieri tra accuse, tricolori e proteste
Un’altra serata tesa e politicamente carica in Barriera di Milano, quartiere torinese da tempo al centro di polemiche, preoccupazioni e scontri ideologici. Ieri sera il Comitato Difesa Quartieri ha organizzato una manifestazione, annunciata da giorni, per protestare contro quello che definisce “spaccio, degrado e islamizzazione del territorio”. Una protesta che, nonostante le limitazioni imposte dalle autorità per motivi di ordine pubblico, si è svolta tra slogan, bandiere italiane e presidio fisso in via Bologna, sotto gli occhi attenti delle forze dell’ordine.
Il corteo, formalmente vietato dalla Questura per la contemporanea contro-manifestazione organizzata da collettivi di sinistra e movimenti antifascisti, si è trasformato in un raduno stazionario, ma comunque ben visibile. Decine di tricolori sventolati tra i palazzi popolari, striscioni contro il degrado e una serie di interventi al megafono hanno scandito il senso dell’iniziativa: denunciare la presenza di criminalità legata allo spaccio, insicurezza diffusa e, in particolare, opporsi alla costruzione della moschea prevista nel quartiere.
Gli organizzatori hanno usato toni duri: “Non vogliamo che le leggi islamiche prendano il posto di quelle italiane”, hanno dichiarato, accusando le istituzioni di abbandonare i residenti a una convivenza forzata con “gang, tossici e siringhe” e di non intervenire davanti alla trasformazione del tessuto sociale. L’evento è stato descritto dai promotori come “un grido d’allarme dei cittadini italiani che si sentono stranieri in casa propria”.
Sul fronte opposto, i centri sociali e le reti cittadine antifasciste hanno tenuto una contro-manifestazione, pacifica ma decisa, per contestare quella che definiscono una strumentalizzazione del disagio urbano a fini identitari e xenofobi. In via Bologna, nel tardo pomeriggio, sono state schierate diverse unità di polizia per evitare contatti diretti tra i due fronti. Non si sono registrati scontri, ma la tensione è rimasta palpabile.
In tutto questo, restano sullo sfondo le vere urgenze del quartiere: insicurezza, spaccio, disagio sociale, convivenze difficili. La questione della moschea, trasformata in simbolo di contrapposizione, rischia di oscurare un dibattito più ampio e delicato: come ridare dignità ai quartieri popolari senza scadere nel conflitto culturale.
Intanto, le istituzioni locali osservano, con un equilibrio difficile da mantenere: garantire il diritto a manifestare, evitare degenerazioni, ma soprattutto rispondere concretamente ai problemi di chi vive ogni giorno in quelle strade.
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