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06 Giugno 2025 - 11:26
Chiude dopo 70 anni la storica azienda di ghiaccioli: un pezzo di Piemonte che si scioglie
A Piobesi Torinese, dove l’estate profumava di fragola, limone e anice, si spegne una delle luci storiche del comparto alimentare italiano. La G.R. Gel, conosciuta da tutti come la casa del celebre “Re del ghiacciolo”, ha annunciato la chiusura definitiva dopo quasi 70 anni di attività. Un addio amaro che segna la fine di un’epoca, fatta di gusto artigianale, produzione locale e memorie d’infanzia.
Fondata nel lontano 1957, la G.R. Gel non era solo un’azienda: era un’istituzione per il Piemonte e per tutto il Nord Italia. I suoi marchi – “Kid”, “Il Re del ghiacciolo”, “Icekid” – evocavano estati sotto il sole, corse al chiosco, mani appiccicose e sorrisi bambini. Eppure, neanche la modernità dei suoi impianti (capaci di sfornare 9.000 stick all’ora) è bastata a salvarla da un mercato spietato e da costi di produzione ormai fuori controllo.
L’annuncio è arrivato sui social, a conferma di come anche la fine di un’impresa industriale oggi si racconti in diretta, con un post. Nessun clamore, solo parole semplici per spiegare una decisione sofferta ma inevitabile. “Il valore commerciale del ghiacciolo è troppo basso per coprire i costi attuali”, si legge nel messaggio. Elettricità, materie prime, logistica: ogni voce di spesa è diventata insostenibile, anche per chi ha investito in innovazione restando fedele alla tradizione.
Ghiaccioli
La notizia ha fatto rapidamente il giro della rete, accendendo i ricordi dei consumatori affezionati. Commenti, fotografie, racconti: una comunità che si riscopre attaccata a un prodotto semplice, ma capace di incarnare identità e territorio. La fabbrica di Piobesi, per molti, era più di un capannone: era parte della memoria collettiva.
Il settore alimentare – in particolare quello dei surgelati e dei prodotti stagionali – è in profonda crisi. La chiusura della G.R. Gel è solo l’ultimo esempio di un sistema che fatica a sostenere l’artigianalità in un’epoca di margini ridotti, concorrenza globale e consumo veloce. Laddove una volta bastavano ingredienti selezionati e cura maniacale, oggi servono economie di scala, brand internazionali e strategie aggressive.
Resta ora un vuoto dolce-amaro. Quello lasciato da un’azienda che ha scelto di non piegarsi a compromessi, ma che ha pagato il prezzo della coerenza. E resta il ricordo di quei ghiaccioli artigianali, che nessun gelato industriale potrà mai davvero sostituire.
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