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05 Giugno 2025 - 18:02
Fra pochi giorni si voterà per i referendum e si è fatta intensa l’attività dei sostenitori del Sì per far conoscere agli elettori l’importanza di questo voto ma, prima ancora, per far sapere loro che si voterà: i sondaggi dicono che il 35% degli elettori non lo sa!
La scorsa settimana si sono tenuti incontri a Valperga, Pont, Castellamonte; questa è toccato a Rivarolo e venerdì 5 a Cuorgnè. Onnipresente a queste serate è la coordinatrice della CGIL Alto Canavese Angela Liotine che dice di essere stata ribattezzata <8 e 9 giugno>.
La CGIL provinciale contribuisce allo sforzo inviando i propri segretari a spiegare perché si debba votare Sì. Molto impegnati anche Partito Democratico e Verdi e Sinistra mentre <Più Europa> che ha promosso il quinto referendum – quello per abbassare da 10 a 5 anni il limite minimo per richiedere la cittadinanza italiana - non è presente in zona ed il Movimento 5 Stelle non ha un’organizzazione strutturata.
Alcuni dei relatori hanno preso parte a più di un incontro, come l’avvocato Mauro Bianchetti, che a Pont come a Castellamonte ha ricordato quanto sia importante il diritto di voto, conquistato lentamente nel corso dei decenni, fra il 1861 ed il 1945, che poté essere esercitato pienamente e liberamente da tutti i cittadini maggiorenni, uomini e donne, senza differenza di censo e di cultura, solo il 2 giungo 1946, quando si dovette scegliere fra monarchia e repubblica e votare al contempo per l’elezione dell’Assemblea Costituente. Fu quindi proprio con un referendum che tutto ebbe inizio, così come da un referendum presero avvio cambiamenti politici importanti in un senso o nell’altro: le consultazioni su Divorzio, Aborto, Scala Mobile, Preferenza Unica lasciarono tutti il loro segno. Eppure i referendum vengono oggi trattati – ha sottolineato Bianchetti – “come fossero non solo di Serie B ma di categoria promozione per usare un paragone calcistico. Scegliere di non andare a votare è discutibile ma legittimo; invitare e disertare le urne, da parte di altissime cariche istituzionali, non lo è. C’è chi, come il costituzionalista Michele Ainis, si è accorto che addirittura sarebbe perseguibile con la reclusione da 3 a 6 anni in base ad una norma mai abrogata”.
Sul perché di tanta indifferenza, oltre al ruolo delle istituzioni ed alla mancanza di informazione sui maggior mezzi di comunicazione, pesano anche atteggiamenti individuali quantomeno discutibili se non inquietanti. “Ci sono pensionati – ha riferito Liotine – che dicono <Cosa m’importa dei quesiti sul lavoro? Non mi riguardano” e non pochi elettori di sinistra – come ha denunciato Edo Gaetano a Castellamonte – che si oppongono all’abbassamento del limite per la cittadinanza. Scelte egoistiche ma anche stupide perché, se i lavoratori saranno meglio tutelati e i cittadini di origine straniera già integrati otterranno i pieni diritti, ne trarremo tutti giovamento. Maggiori garanzie e migliori condizioni di lavoro significa anche maggiori contributi all’INPS per garantire che le pensioni continuino ad essere pagate.
I quattro quesiti sui diritti dei lavoratori sono stati spiegati con chiarezza, nei diversi incontri, da Gabriele Gilotto ed Alice Pantò della segreteria provinciale CGIL e da Valeria Gritti, esperta di Diritto del Lavoro. La norma che esclude il reintegro dei lavoratori licenziati per ingiusta causa (va sottolineato <ingiusta>) nelle aziende sopra i 15 dipendenti è talmente paradossale che la scelta di votare per la sua abolizione parrebbe scontata. Altrettanto si dica per la clausola che impedisce un risarcimento superiore alle 6 mensilità se questi lavoratori erano impiegati in piccole imprese. Tutti hanno sottolineato come piccolo non voglia dire povero: le aziende informatiche hanno spesso dimensioni ridotte ma fanno utili rilevanti.
Quanto al 3° quesito, quello che vuole reintrodurre l’obbligo, nei contratti a tempo determinato, di indicare il motivo di questa scelta, c’è ben poco da dire: “Sappiamo tutti - hanno precisato i relatori – che una gelateria ha bisogno di più personale in estate ma ci sono lavori che non hanno alcun legame con la stagionalità: in assenza di vincoli, meglio assumere a scadenza così si paga meno il dipendente e lo si tiene sotto ricatto”.
Il quesito più importante è tuttavia il 4°, quello che mira a stabilire la corresponsabilità delle ditte appaltanti in caso di infortunio. In gioco ci sono le vite umane – e quante! Come ha ricordato Sara Pantò della CGIL citando l’esempio della Strage di Brandizzo: “Quell’azienda è scomparsa, ha deciso di fallire, e non si sa più a chi chiedere i risarcimenti”.
Cosa ci sia alla base di un mercato del lavoro sempre più povero e sempre meno tutelato lo ha spiegato con chiarezza Ilaria Gritti: “Mentre in un contratto in cui si scambiano beni o servizi le parti sono libere di decidere, in quello fra imprenditore e dipendente si scambia il lavoro delle persone, che spesso non sono in condizioni di poter scegliere. Il Diritto del Lavoro nacque proprio per tutelare il soggetto debole. Negli ultimi trent’anni però si sono susseguite una serie di riforme che hanno svuotato questo concetto accompagnandolo con una narrativa fasulla come quella che contrappone i super-tutelati ai giovani che tentano invano di entrare nel mercato del lavoro: i diritti sono stati trasformati in privilegi. Per affrontare la nuova concorrenza internazionale si è puntato tutto sull’abbassamento dei costi della manodopera invece che sulla qualità dei prodotti e sull’innovazione. La sicurezza e la formazione vengono viste pertanto come costi inutili”.
In realtà i giovani non trovano lavoro perché vengono loro offerte condizioni inaccettabili ed umilianti. “Si parla tanto di crisi della natalità – ha detto Lorenzo Martelli, referente dell’Unione Giovani di Sinistra – ma sapete quanti giovani se ne sono andati a studiare o lavorare all’estero nel 2024? Sono 18.000 e formeranno lì le loro famiglie. Tanti vorrebbero rimanere (sono uno di questi) ma le offerte che si ricevono in Italia sono del tutto inadeguate. Altro che eccessi di tutela!”.
Del quesito sulla cittadinanza hanno parlato in particolare Helen Ghirmu, candidata lo scorso anno a sindaco di Rivarolo, ed Abdullah Ahmed, consigliere comunale di Torino.
Helen è italo-eritrea. Non ha vissuto i drammi di tanti ragazzi nati in Italia da genitori stranieri perché suo padre aveva ottenuto la cittadinanza ben prima di sposarsi ma i disagi emotivi e psicologici non le sono mancati perché da bambina e da ragazzina non si sentiva né carne né pesce: “Ero troppo scura per essere bianca e troppo chiara per essere nera. Mi stiravo i capelli pensando che forse avrei potuto essere scambiata per calabrese… Crescendo mi sono resa conto che ero tutt’è due le cose e che questo mi arricchiva ma negli Anni Settanta eravamo molto più avanzati di oggi”.
Si è soffermata su un aspetto inumano della burocrazia: “Penso con orrore a quei bambini di pochi anni costretti a perdere giorni di scuola e a mettersi in fila in piena notte sotto la pioggia per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno: è inumano ed insensato. Sono bambini cresciuti qui, che non sanno nulla della loro patria d’origine (cosa peraltro sbagliata). Chi non vuole alleggerire l’iter burocratico non vuole che l’Italianità si allarghi ma non giova a nessuno costringere un bambino a mettersi in coda sotto la pioggia per ritrovarsi alle prese con personale inadeguato e con livelli di stress insopportabili”.
Dimezzare i tempi risolverebbe tutti i problemi? No di certo ma almeno la cittadinanza è definitiva e si ridurrebbero gli anni di sofferenza, le inutili ansie per i rinnovi dei permessi di soggiorno, spesso attesi per lungo tempo . Tutti gli altri requisiti rimarrebbero invariati e così facendo – questo in tanti non lo sanno – si otterrebbe semplicemente il ripristino delle regole anteriori al 1992, quando gli anni erano cinque.
“La legge è stata apposta per rendere la vita difficile - ha precisato in un italiano impeccabile Ahmed, somalo, che in Italia era arrivato su un barcone dopo peripezie durate 7 mesi – come il Decreto Sicurezza di Salvini del 2018, che voleva colpire i trafficanti e le ONG, definite <taxi del mare>. Come si può pensare che chi fugge da una guerra attraversando il deserto libico si faccia spaventare dal Decreto Salvini? Le restrizioni , le complicazioni burocratiche, non colpiscono loro ma chi è già qui. Teniamo conto che la cittadinanza non è un diritto ma una concessione e che i 10 anni diventano 13 0 14 proprio per le lungaggini, gli intoppi, le inefficienze della burocrazia. Ci sono persone che devono ricominciare il conteggio degli anni dall’inizio perché non sanno che, con il rinnovo del permesso di soggiorno, devono rifare la carta d’identità e nessuno glielo dice perché Comuni e ministero non si comunicano reciprocamente i dati”.
Di quanto sia farraginosa la burocrazia aveva parlato l’avvocato Danilo Armanni a Valperga: “Circa un anno fa avevo perso quattro pomeriggi per avviare una pratica. Va fatto per via telematica, ovviamente, ma il portale del Ministero dell’Interno è una schifezza: non funziona per niente, ti blocca di continuo., ti fa ricominciare da capo. E’ trascorso un anno e non ho ancora avuto notizie. Si potrebbe fare ricorso al TAR certo, ma al costo di 2.500 euro…”.
Il consigliere regionale Alberto Avetta ha portato l’esempio di quand’era sindaco di Cossano e da un giorno all’altro venne aperto un Centro SPRAR con l’arrivo di 23 rifugiati della Costa D’avorio. “Qualche timore lo avevo: 23 su 500 abitanti sono tanti e una parte dei miei concittadini era visibilmente ostile. Quando, due anni dopo, gli SPRAR vennero soppressi perché funzionavano troppo bene, le prime a commuoversi nel salutare i ragazzi furono proprio le signore anziane che all’inizio non ne volevano sapere”.
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