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02 Giugno 2025 - 14:57
A Cirié, da settembre 2025, il piatto si fa salato. Lo stabilisce la delibera n. 278 approvata dalla Giunta comunale il 13 novembre 2024, che dispone un aumento delle tariffe per la mensa scolastica dell’8,5%: la tariffa base salirà da 5,50 euro a 5,97 euro a pasto. Una variazione apparentemente modesta, ma che per una famiglia con un solo figlio iscritto al servizio quotidianamente significa circa 85 euro in più all’anno. E per i non residenti, la spesa sarà ancora più pesante: 6,27 euro a pasto, oltre il 13% in più rispetto alla cifra attuale.
L’amministrazione comunale giustifica i rincari con la necessità di adeguarsi “ai costi attuali” e l’intento di “mantenere standard qualitativi elevati”. Vengono anche introdotte nuove agevolazioni per i figli successivi al primo: uno sconto del 30% dal secondo figlio, del 60% dal terzo, e pasto gratuito dal quarto in poi.
Ma è proprio qui che le promesse si inceppano. “In Piemonte meno del 5% delle famiglie ha tre o più figli”, si legge nel documento. E c’è di più: per accedere alle riduzioni maggiori o all’esenzione completa, è necessario avere almeno tre figli contemporaneamente iscritti alla mensa, quindi tutti in età da scuola dell’infanzia o primaria. Un requisito che riduce drasticamente la platea dei beneficiari reali.
A farne maggiormente le spese saranno, paradossalmente, proprio quelle famiglie che scelgono Cirié per la qualità dei suoi servizi scolastici, sportivi e culturali ma che risiedono in altri Comuni. Per loro, oltre a restare esclusi dalle agevolazioni, si aggiunge un rincaro secco e lineare. Una madre di San Maurizio, che preferisce restare anonima, commenta: “Con due figli a scuola e tutte le spese estive, anche solo 15 euro in più al mese fanno la differenza. E noi non possiamo neanche usufruire degli sconti”.
Maddalena La Marca, referente per il Ciriacese di + Europa
Ma il tema va oltre l’aritmetica. Come sottolinea Maddalena La Marca, referente ciriacese di +Europa, “la mensa scolastica è un tempo educativo importante: si imparano regole, si sperimenta la convivialità e si rafforza il senso di appartenenza”. In alcuni casi, ricorda, “rappresenta l’unico pasto vario ed equilibrato della giornata per i bambini”.
Eppure, negli ultimi anni, il trend è chiaro: sempre più famiglie scelgono di ritirare i figli dalla mensa o di mandarli con il pranzo da casa. Una scelta obbligata, spesso, più che libera. “È la conseguenza inevitabile dell’aumento dei costi”, commenta una docente della scuola primaria. “Così rischiamo di dividere la scuola: chi può permettersi di restare e chi no”.
Nel frattempo, le famiglie devono far fronte a un’altra spesa gravosa: quella dei centri estivi. Con la chiusura delle scuole e l’assenza di alternative pubbliche gratuite, molti genitori sono costretti a investire cifre importanti per garantire assistenza e socialità ai figli nei mesi estivi. La mensa, da settembre, si inserirà come un ulteriore tassello in un mosaico di costi che colpisce proprio chi ha figli in età scolare.
Il rischio, secondo alcuni genitori e insegnanti, è quello di alimentare una “scuola a doppia velocità”, dove chi può pagare resta a mensa e chi non può deve arrangiarsi. Un divario che mina l’idea stessa di scuola inclusiva e accessibile, proprio nel cuore della scuola dell’obbligo.
“Il diritto all’istruzione – e al pasto che la accompagna – merita attenzione e confronto pubblico”, conclude La Marca. “Anche su questo si misura la qualità di una comunità”.
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