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Sanità
02 Giugno 2025 - 09:51
Piemonte, boom di visite serali e nei weekend: superata quota 65 mila prestazioni
Quando la politica incontra il bisogno reale, i numeri parlano da soli. In meno di quattro mesi, la sperimentazione delle prestazioni sanitarie extra-orario in Piemonte ha prodotto un risultato clamoroso: oltre 65 mila visite ed esami effettuati di sera e nei weekend, superando abbondantemente l’obiettivo iniziale – 50 mila prestazioni entro giugno – con un mese di anticipo. Un successo che mette d’accordo cittadini, operatori sanitari e istituzioni. Ma che pone interrogativi precisi sulla sostenibilità del sistema e su come consolidare un’idea che, partita in fase sperimentale, rischia ora di restare vittima del proprio successo.
Attiva da fine febbraio, l’iniziativa ha coinvolto oltre 5 mila tra medici, infermieri e tecnici disponibili a lavorare in orari extra per garantire accesso facilitato a visite specialistiche e diagnostica, anche nei fine settimana. Un cambio di paradigma che ha ridato fiducia al pubblico, ha riportato decine di migliaia di cittadini nel sistema sanitario regionale – spesso costretti in passato a rinunce o a ricorrere al privato – e ha ottenuto il plauso non solo del ministro Orazio Schillaci, ma anche della presidente del Consiglio Giorgia Meloni.
I dati premiano soprattutto Torino, dove la Città della Salute ha totalizzato da sola 16.349 prestazioni, seguita da Asl Città di Torino (4.531) e Ospedale Mauriziano (4.012). Un risultato che mostra come il bisogno di orari flessibili e soluzioni più accessibili sia trasversale, ma soprattutto reale. A parlare sono anche Alberto Cirio e l’assessore alla Sanità Federico Riboldi, che celebrano la buona riuscita dell’esperimento: “Abbiamo superato l’obiettivo con un mese di anticipo. La riduzione delle liste d’attesa è la nostra priorità assoluta. Il sistema ha risposto, i cittadini hanno apprezzato, ora bisogna pensare alla tenuta”.
Visite mediche
Già, perché qui cominciano i problemi. Dietro ai numeri record ci sono turni massacranti, professionisti stremati e costi non più sostenibili senza nuovi fondi. Le prestazioni aggiuntive non sono gratuite: vanno retribuite, e per farlo servono risorse fresche. A oggi, l’intero impianto poggia sulla disponibilità straordinaria del personale e su coperture economiche limitate nel tempo. L’allarme è bipartisan. Lo dice chiaramente Domenico Rossi (Pd): “Serve passare dalla sperimentazione al modello. Usiamo i fondi destinati ai gettonisti per retribuire meglio i dipendenti e stabilizzare il sistema”.
Nel frattempo, la Regione corre ai ripari. Dal 1° luglio l’offerta sarà ristretta alle aree più critiche, quelle con le liste d’attesa più lunghe: dermatologia, oculistica (in particolare per interventi su cataratte), colonscopia. Stop quindi all’offerta generalizzata: si punta a interventi mirati e strategici, concentrando le energie su ciò che davvero serve. “I risultati ci spingono a fare selezione, per dare continuità e concretezza all’iniziativa – ribadisce l’assessore Riboldi –. Abbiamo già aperto il confronto con i ministeri per individuare nuove risorse e garantire un’azione strutturata. Il resto sono solo polemiche e propaganda”.
La realtà però è più complessa. Il progetto ha dimostrato che la domanda sanitaria esiste, ma servono strumenti nuovi per intercettarla. La flessibilità degli orari ha permesso di ridurre le barriere d’accesso, rispondere alle esigenze dei lavoratori, evitare rinvii dannosi. Ha fatto ciò che nessun decreto è riuscito a fare in anni di riforme annunciate: mettere i cittadini nella condizione di curarsi, senza scontrarsi con burocrazie, code interminabili o alternative private fuori portata.
Ecco perché limitarlo sarebbe un passo indietro. Le prestazioni aggiuntive hanno restituito dignità e fiducia alla sanità pubblica, ma rischiano di trasformarsi in una fiammata se non si troveranno soluzioni stabili. Non bastano i complimenti delle autorità: serve un piano economico duraturo, un nuovo contratto con i professionisti, una visione a lungo termine. E, soprattutto, il coraggio di riconoscere che il tempo è una risorsa tanto importante quanto le apparecchiature o i farmaci.
Se da luglio si punta su tre specialità, sarà il primo banco di prova per capire quanto e come questo modello potrà essere scalato su larga scala. Il Piemonte ha aperto una strada, ma non può restare sola. Senza il sostegno del Governo e del Parlamento, tutto rischia di richiudersi nel cassetto delle buone idee mai completate. E i 65 mila pazienti di oggi tornerebbero a essere numeri nelle liste d’attesa di domani.
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