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Il medico partigiano che curava la libertà. Un pannello a Cantoira ricorda Simone Teich Alasia

Inaugurazione sabato 7 giugno nel Giardino della Biblioteca: una targa celebra la figura del chirurgo torinese di origine ebraica, che durante la Resistenza fondò l’ospedalino di Richiardi, salvando decine di vite tra le montagne della Val Grande di Lanzo

 Simone Teich Alasia

Simone Teich Alasia

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«Nella vita ho avuto la fortuna di creare e organizzare diverse strutture mediche di cui sono sinceramente orgoglioso, ma posso dire di non essere mai stato fiero del mio lavoro come per l’ospedalino di Richiardi» (Simone Teich Alasia, 2010).    

Sabato 7 giugno, alle ore 18, presso  il giardino della Biblioteca di Cantoira (via della Chiesa 38) si terrà la cerimonia di inaugurazione del pannello dedicato a Simone Teich Alasia, il noto chirurgo torinese di origini ebraiche, che durante la Seconda guerra mondiale, da partigiano in Val Grande di Lanzo, organizzò un ospedale presso la scuola elementare di Richiardi.

Alla cerimonia sarà presente la famiglia di Simone Teich Alasia.  

La figura di Simone Teich Alasia è considerata la più importante e nota della storia del partigianato della Val Grande di Lanzo durante la Lotta di Liberazione dal nazifascismo.  L'iniziativa prende avvio dal Comune di Cantoira e dalla Biblioteca Comunale "Pietro Alaria" di Cantoira, nell'ambito di "Percorsi di memoria", il progetto ideato da Marco Blatto, Presidente del Gism – Gruppo italiano scrittori di montagna Accademia di arte e di cultura alpina e Adriano Olivetti, Vicepresidente della Società storica delle Valli di Lanzo. Il progetto nasce dalla volontà di conservare e trasmettere la memoria del territorio alle future generazioni attraverso il racconto biografico permanente di personaggi, gruppi e istituzioni che hanno operato nel territorio delle Valli di Lanzo e in particolare della Val Grande. Partendo dal polo culturale-musicale del plesso bibliotecario, l’obiettivo è realizzare nel tempo un percorso narrativo supportato da pannelli storici, che concorreranno alla creazione del “Giardino della Memoria”, uno spazio verde in cui pensare, ricordare, costruire.

Quello di Simone Teich Alasia è il quinto pannello del percorso narrativo nel giardino della Biblioteca di Cantoira, dopo quelli dedicati a 
Pietro Alaria, a Don Giuseppe Perotti, a Giacomino Moretto e per i 100 anni della Banda Musicale di Cantoira.


Simone Teich Alasia, il medico che curava la libertà

C'è un giorno nella vita di ogni uomo in cui tutto cambia. Per Simone Teich Alasia, quel giorno arriva il 10 giugno 1940, quando sostiene l’ultimo esame di medicina alla clinica delle Molinette di Torino. Mentre chiude il libretto universitario, alla radio Benito Mussolini annuncia l’entrata in guerra dell’Italia a fianco della Germania. Inizia la catastrofe. Otto giorni dopo, Teich Alasia – ebreo, idealista, studente brillante – viene arrestato. Carceri Nuove, poi Montechiarugolo, poi Civitella del Tronto. Prigioni che puniscono non i crimini, ma l’identità. Eppure lui non si piega: “Lo considerai come un riconoscimento dei miei sentimenti antifascisti”, scriverà più tardi con fierezza.

Durante l’internamento, incontra Max Reinhardt, ascolta Radio Londra grazie alla complicità dei frati, cura i malati del paese. Quando ottiene la possibilità di sostenere l’esame di Stato, si laurea e torna a lavorare. Tra il 1941 e il 1944 è assistente chirurgo all’Ospedale San Vito, sulla collina torinese. Ma il clima diventa ogni giorno più cupo. Dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943, vive sotto falso nome: Tullio Salvi. È un medico clandestino in una città in rovina, una città che respira sotto le macerie e le sirene d’allarme, tra i controlli delle SS e le fughe improvvise. Torino è una città piena di spie, e anche la vita in corsia diventa rischiosa.

Poi arriva il bivio: fuggire in Svizzera o salire in montagna. Simone non ha dubbi. Nei primi mesi del 1944, attraverso il comandante Gianni Dolino, entra nella XX Brigata Garibaldi. Raggiunge Pialpetta, in Val Grande di Lanzo, dove trova sede il comando. “La sera del mio arrivo a Groscavallo – scriverà – mi sentivo una persona libera”. Da quel momento, per tutti, sarà il Dottor Silvio.

È la notte tra il 23 e il 24 giugno 1944 quando gli viene affidato un compito urgente: allestire un ospedale da campo in vista della Battaglia di Lanzo, prevista di lì a poco. Da quell’episodio nascerà, due giorni dopo, una delle prime Zone Libere d’Italia e la breve ma luminosa Repubblica delle Valli di Lanzo. Inizia così il “sogno” di Simone, come lui stesso lo definisce nelle sue memorie: “Ebbi una risposta così generosa che neppure nei miei sogni avrei potuto immaginare.”

In una scuola elementare abbandonata a Richiardi, frazione di Groscavallo, trasforma la povertà in ricchezza. Recupera brande da una ex caserma a Forno Alpi Graie. Il segretario comunale lancia un appello. Rispondono contadini, sfollati, famiglie intere, portando materassi, coperte, biancheria, disinfettanti, strumenti chirurgici, una sterilizzatrice, maschere per narcosi. Persino un vecchio dentista sfollato dona i suoi ferri. In un giorno, Simone organizza cinque camere di degenza, un pronto soccorso e una camera operatoria. Non un sogno. Una realtà. Un miracolo di solidarietà e competenza.

Relazione di Simone Teich Alasia inviate al Comando della II Divisione Garibaldi nel dicembre 1944. Il documento è firmato con il suo nome di battaglia "Dott. Silvio"

Relazione di Simone Teich Alasia inviate al Comando della II Divisione Garibaldi nel dicembre 1944. Il documento è firmato con il suo nome di battaglia "Dott. Silvio"

In quelle stanze improvvisate salva vite spezzate da granate, proiettili, esplosioni, tra cui anche un militare tedesco. Cura anche i feriti della battaglia del Colle della Crocetta, che il 14 e 15 agosto blocca l’avanzata della X Mas di Borghese verso la Val Grande. Interviene su un giovane con una scheggia conficcata nel cranio, su un carabiniere con lesioni intestinali gravissime. E quando un medico dell’Università gli scrive: “Se nella sanità ci fosse stata una capacità organizzativa come la vostra, l’esercito italiano non si sarebbe liquefatto”, capisce che la sua missione è giusta. L'ospedale diventa un riferimento non solo per i partigiani, ma per chiunque abbia bisogno. Funziona per tutta l'estate e, nonostante le difficoltà, continua a operare, in modo intermittente, fino alla primavera successiva.

Ma a settembre, con l’Operazione Strassburg, i nazifascisti riconquistano le valli. Simone è costretto a fuggire in Francia, a Lanslebourg-Mont-Cenis. Rientra poco dopo attraversando la Val d’Ala, e a Balme sfugge per miracolo a un’imboscata che porta alla cattura di molti suoi compagni, tra cui Battista Gardoncini, Osvaldo Alasonatti e Giuseppe Casana, fucilati il 12 ottobre in piazza Statuto a Torino. L'eco di quella tragedia non lo abbandonerà mai. Tornato a Richiardi, riesce a sfuggire alle continue rappresaglie nazifasciste grazie alla protezione silenziosa, ma decisiva, di alcuni cittadini: la famiglia Rapelli, la maestra Teresa Borello, e Cristina Girardi, che lo salva nascondendolo dietro un armadio durante un'irruzione tedesca. Per questo gesto, la signora Girardi verrà candidata al titolo di "Giusta tra le Nazioni" dallo Yad Vashem di Gerusalemme.

Dopo la Liberazione, la medicina torna a essere il suo campo di battaglia. Si specializza in chirurgia esteticaall'Università di Torino e poi a Londra, dove impara tecniche all'avanguardia per l'epoca. Si dedica alle malformazioni congenite, agli esiti traumatici, alla chirurgia ricostruttiva per ridare un volto, un'identità, una speranza. È un pioniere in tutto: nel 1961 fonda il CTO di Torino, nel 1967 il primo Centro Grandi Ustionati d’Italia. Introduce metodi innovativi, investe nella formazione, crea équipe multidisciplinari quando ancora non si parlava di team.

Nel 1999 promuove la nascita della Banca della Cute, e nel 2000 assiste alla realizzazione del primo trapianto italiano di pelle congelata. La sua visione è lungimirante: mettere insieme ricerca, pratica clinica e umanità. La Fondazione piemontese per le ustioni, da lui fondata, finanzia 85 progetti di ricerca e pubblica oltre 160 articoliscientifici internazionali. Ancora una volta, non si limita a esercitare: costruisce, innova, lascia una traccia.

Nel 2005, il Comune di Torino gli conferisce il Sigillo Civico, massimo riconoscimento cittadino. Tre anni dopo, l’Aula Magna del CTO viene intitolata al suo nome. Non una formalità, ma il segno tangibile di un'esistenza che ha intrecciato scienza e coscienza.

Il 16 gennaio 2012, a 96 anni, Simone si spegne. Lascia in eredità molto più di un curriculum. Lascia una storia, una testimonianza, una lezione: che si può essere medici e partigiani, tecnici e umani, chirurgi e sognatori. E lascia una frase, scritta nel 2010, che è testamento e confessione:
“Nella mia vita ho avuto la fortuna di creare diverse strutture mediche, ma non sono mai stato tanto orgoglioso come per l’ospedalino di Richiardi.”

Lì, tra montagne e rastrellamenti, tra bende, ferri e mani generose, Simone Teich Alasia ha visto il volto più umano della guerra: quello della cura, della solidarietà, della speranza. Ha lottato contro la morte, ma anche contro l’odio. Con una fede incrollabile nella libertà degli uomini e nella forza della medicina. In un tempo in cui curare significava anche resistere, il suo bisturi fu strumento di salvezza e di giustizia.

Lì, in un’aula di scuola trasformata in ospedale partigiano, curava la libertà.

 Consegna del Sigillo Civico da parte della Città di Torino al prof. Simone Teich Alasia

Consegna del Sigillo Civico da parte della Città di Torino al prof. Simone Teich Alasia

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