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Un ordigno della Grande Guerra riemerge nel torinese

L’intervento del 32° reggimento genio guastatori e dei carabinieri di Susa ha evitato ogni pericolo: la montagna restituisce un frammento di storia tra prudenza, memoria e cooperazione

Un ordigno della Grande Guerra

Un ordigno della Grande Guerra riemerge nel torinese (foto archivio)

Tra le vette tranquille di Giaglione, in Val di Susa, la storia ha bussato alla porta di una baita abbandonata a 1.500 metri di quota, in località Santa Chiara. Là, dove oggi si sentono solo il vento e i passi lenti degli escursionisti, è riaffiorato un proiettile d’artiglieria da 150 millimetri risalente alla Prima Guerra Mondiale. Una scoperta casuale quanto pericolosa, segnalata con prontezza dal proprietario dell’edificio, che ha innescato un’operazione di bonifica ad alta quota condotta con rigore e sangue freddo.

Il 29 maggio 2025, le montagne hanno tremato solo per pochi secondi, ma questa volta per una buona causa. A intervenire è stato il 32° reggimento genio guastatori degli alpini di Fossano, reparto d’élite addestrato proprio alla bonifica di ordigni esplosivi, affiancato dai carabinieri della compagnia di Susa, dal corpo militare della Croce Rossa Italiana e dalle autorità comunali. Un’operazione condotta con perizia in un ambiente impervio, che ha richiesto logistica, precisione e collaborazione tra enti. L’ordigno, ancora potenzialmente attivo, è stato fatto brillare in sicurezza senza provocare alcun danno al territorio.

L’episodio, seppur risoltosi senza conseguenze, riporta l’attenzione sulle cicatrici invisibili lasciate dal passato. Le nostre montagne, oggi crocevia di cammini, turismo e silenzi, in un’altra epoca erano scenari di conflitto, trincee naturali scavate nella roccia e nella neve. Gli oggetti bellici dispersi — proiettili, mine, schegge — non sono affatto rari, e possono restare sepolti per decenni prima di riaffiorare. L’Unione Montana Alta Valle Susa ha lanciato un messaggio chiaro: “Nonostante la pace, serve sempre attenzione. Davanti a oggetti metallici sospetti, la prima cosa da fare è avvisare i carabinieri”.

Il caso di Giaglione è emblematico. Non solo per la sua valenza storica, ma perché dimostra come la sicurezza pubblica passi anche dai piccoli gesti dei singoli cittadini. Il proprietario della baita non ha ignorato l’anomalia. Non ha provato a toccare, a capire, a fotografare da vicino. Ha chiamato. E quel gesto, semplice ma cruciale, ha permesso di disinnescare un pericolo silenzioso che poteva rivelarsi fatale.

Nessun allarme diffuso, nessuna evacuazione: solo efficienza, coordinamento e un messaggio che vale per chiunque frequenti le Alpi. Le montagne custodiscono storie, bellezza, natura, ma anche residui bellici che non sono souvenir, e che meritano rispetto e cautela. A volte un’escursione può diventare un viaggio nella memoria. Ma guai a dimenticare che la storia, quando esplode, non guarda in faccia a nessuno.

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