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Cronaca
30 Maggio 2025 - 09:21
Karim Afifi e il disegno goliardico
Quarantacinque anni d’età, più di ventidue anni di lavoro nella stessa azienda e un figlio minorenne da mantenere. Questa è la storia di Karim Afifi, cittadino di San Mauro Torinese che è stato vittima di licenziamento illegittimo nell’estate del 2024 da parte della Sitaf, la società che gestisce l’autostrada A32 Torino-Bardonecchia e il Traforo del Fréjus (T4).
Il motivo del licenziamento? Una vignetta goliardica disegnata su alcuni vecchi moduli dell’azienda, in cui Afifi ironizzava su Salvatore Sergi – ex-direttore del personale – all’epoca dei fatti già indagato nell’ambito dell’inchiesta Echidna e poi condannato a maggio 2025 a 9 anni e 2 mesi di reclusione.
La vignetta raffigurava un volto dietro alle sbarre, con il nome dell’ex-dirigente indagato cancellato con una X e con la scritta “R.I.P” accanto. Su un altro foglio, accanto al suo nome barrato compariva la scritta “Addiooooo”.
Il disegno e la scritta incriminati
Dopo aver mostrato il disegno e le frasi a due suoi colleghi, che – stando alle testimonianze riportate nella sentenza del giudice – avrebbero riso, visto anche un rapporto di confidenza con loro maturato dopo anni di lavoro insieme, la segretaria avrebbe poi fotocopiato i fogli incriminati e li avrebbe mostrati alla dirigenza. Il tutto mentre Sergi non era più direttore del personale, ma quando Michele Barani aveva già preso il suo posto.
Questo gesto è costato ad Afifi prima la sospensione dal lavoro il 17 maggio 2024 e poi il licenziamento il 12 giugno. La Sitaf non ha ritenuto sufficienti le scuse presentate dal lavoratore, che aveva dichiarato all’azienda: «Non ho percepito nel momento in cui ho agito la gravità del comportamento tenuto e mi scuso per l’accaduto; pensavo peraltro che la collega del personale non avrebbe consegnato i moduli al direttore e avrebbe capito la mia intenzione goliardica».
Il cittadino di San Mauro non si è dato però per vinto, e ha deciso di trascinare Sitaf in tribunale ritenendo illegittima la fine del suo rapporto di lavoro, durato ben 22 anni e mezzo, a fronte di una battuta contro un ex-dirigente indagato per legami con la ‘ndrangheta.
Il vero punto di svolta arriva però il 28 marzo 2025, quando il tribunale ordinario di Torino riconosce come “senza giusta causa” il licenziamento e giudica inoltre la segretaria come teste inaffidabile – avendo cambiato più volte versione dei fatti –, condannando Sitaf a un risarcimento pari alle ultime 22 mensilità del lavoratore più ad altri 6.100 euro di indennità perché il licenziamento era arrivato senza preavviso.
Ma la battaglia di Afifi non si ferma qui; lui non vuole un risarcimento, ma vuole tornare a lavorare dove è sempre stato negli ultimi 22 anni e mezzo: «Questa vicenda è assurda. Io voglio solo essere reintegrato sul mio posto di lavoro. La mia è una mansione molto specifica, profondamente legata alla logistica della Sitaf e alla gestione dell’autostrada. Io ho 45 anni. Dove altro potrei trovare un lavoro del genere?».
La legge infatti non prevede, ad oggi, l'obbligo per il giudice ci chiedere al lavoratore se voglia rientrare nell'azienda in caso di licenziamento illegittimo, ma basta un semplice indennizzo economico: si tratta di uno dei diritti cancellati dal Jobs Act.
Il cittadino di San Mauro e il suo avvocato hanno ora intenzione di presentare ricorso, in modo da provare a ottenere in appello, o anche in cassazione, il reintegro all’interno della società, già da tempo al centro dello scandalo Echidna e con diversi abbonamenti autostradali regalati a politici, medici e professionisti amici.
La sentenza del giudice (primo grado)
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