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28 Maggio 2025 - 17:41
Maurizio Ladini, promotore insieme alla CGIL dei primi quattro quesiti. Elly Schlein si è schierata per il sì
È tutto pronto ormai per il referendum dell'8 e 9 giugno, in cui i cittadini italiani sono chiamati a esprimersi sull'abrogazione, ovvero la "cancellazione", di 5 leggi su 5 diversi temi: ripristinare il reintegro in caso di licenziamento illegittimo, eliminare i tetti alle indennità di licenziamento per le aziende con meno di 15 dipendenti, limitare l'uso dei contratti a termine, responsabilizzare le aziende appaltatrici e ridurre da 10 a 5 anni il tempo necessario per richiedere la cittadinanza italiana – tempistica che già adesso, complice la burocrazia statale, non viene rispettata, arrivando anche a 13 o 14 anni per poterla ottenere.
C'è però un punto che, comunque la si pensi sui quesiti, sta facendo agitare le acque e generando polemiche online negli ultimi giorni: il rimborso che spetterebbe, in caso di raggiungimento del quorum, agli organizzatori del referendum abrogativo, in questo caso CGIL e +Europa in primis. Rimborso che prevede un tetto massimo di 2,5 mln di euro. Ma di che cosa si tratta? Come funziona questo indennizzo?
Maurizio Landini: la CGIL è promotrice dei primi quattro quesiti.
In base alla legge 157 del 1999, i comitati promotori di referendum abrogativi hanno diritto – solo in caso di raggiungimento del quorum – a un rimborso per le campagne referendarie, i comizi tenuti e tutta la parte organizzativa, considerando che a volte si tratta di comitati spontanei di cittadini, che diversamente non potrebbero far fronte a spese così importanti. L'indennizzo si calcola così: 1 euro per ogni firma raccolta per indire il referendum, con un massimo di 500.000 euro di rimborso per ciascun quesito referendario. In caso di più quesiti, il rimborso è cumulativo, ma prevede un tetto massimo di 2,5 mln di euro.
Considerando che il numero di firme per i primi quattro quesiti ammonta a quasi 2 milioni, a cui si aggiungono 637.000 firme per il quinto, quello sulla cittadinanza, il rimborso totale sarebbe di circa 2.637.000 euro, abbassati a 2 milioni e mezzo per legge (per la precisione: 2.582.285 euro). Il tutto solo ed esclusivamente se il quorum venisse raggiunto, in modo da scoraggiare i comitati a raccogliere firme per referendum il cui quorum sarebbe già una sconfitta in partenza.
Si tratta di un'argomentazione impugnata spesso dagli esponenti della destra che oggi scoraggiano i cittadini ad andare a votare, in modo che i comitati promotori (questa volta di sinistra, più alcuni sindacati) non s'intaschino il rimborso, che – in ogni caso – non è pensato come un "premio economico", ma come un indennizzo per le spese sostenute per fare campagna referendaria.
Ma come sono andate le cose in passato? Quante volte è stato erogato questo rimborso, e quante volte è stato raggiunto il quorum per referendum abrogativi dal 1999 a oggi? Le forze di centrodestra hanno indetto referendum abrogativi nel corso degli ultimi 26 anni?
Dal 1999 a oggi, nessun referendum abrogativo ha mai raggiunto il quorum, con l'eccezione importante del 2011, quando i quattro quesiti promossi da vari attori, tra cui il comitato "Acqua Pubblica" e il partito Italia dei Valori (guidato da Antonio Di Pietro) radunarono ai seggi il 54,81% degli aventi diritto. Il rimborso, in base alla legge, venne erogato.
Nel 2000, tra gli organizzatori del referendum per abrogare ben 7 leggi distinte, c'era anche Alleanza Nazionale (l'antenato di Fratelli d'Italia), che in caso di raggiungimento del quorum avrebbe avuto diritto all'indennizzo (allora in lire), esattamente come le altre forze politiche. Tanti altri referendum, che non hanno comunque raggiunto il traguardo del 50%+1, sono stati organizzati dalla sinistra, tra cui Rifondazione Comunista, i Verdi e i Radicali, più altri comitati a volte non legati a nessun partito.
Invitare a non andare a votare per opporsi all'erogazione di tale rimborso, a cui anche forze di destra avrebbero avuto diritto in passato, può essere considerata un'argomentazione solida?
Se votare è sia un diritto che un dovere civico, per contrastare l'astensionismo non si potrebbero introdurre sanzioni pecuniarie in caso di mancata presentazione alle urne, come avviene già in altri Paesi, Australia in primis?
Sarebbe opportuno abolire questa tipologia di rimborsi, in modo che non vengano strumentalizzati né dalla sinistra né dalla destra in caso di referendum, penalizzando però i comitati di semplici cittadini? E in ultima battuta risuonano le parole provocatorie pronunciate nelle scorse settimane da Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano: visto l'astensionismo dilagante, ha senso che ci sia ancora il quorum per i referendum abrogativi? "Oppure, introduciamoli anche per le elezioni politiche". Se non va a votare il 50%+1 degli italiani, il voto non è valido.
Al di là delle provocazioni, sono quesiti che la politica deve iniziare a porsi. Sempre che la partecipazione democratica, indipendentemente da chi governa in un preciso momento, sia ancora una priorità. Ma anche i cittadini dovrebbero fare la loro parte.
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