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Troppa gentilezza fa male agli animali, meglio ignorarli: l’allarme dell'Ente

Gli escursionisti alterano metabolismo, comportamento e sopravvivenza degli animali alpini. E ora le riserve corrono ai ripari

Troppa gentilezza fa male agli animali

Troppa gentilezza fa male agli animali, meglio ignorarli: l’allarme dell'Ente

Una fetta di pane abbandonata accanto a uno stambecco, sullo sfondo verde di un prato d’alta quota. Una di quelle immagini da cartolina, che qualche turista emozionato potrebbe persino stampare per ricordo. Ma dietro quell’apparente tenerezza si nasconde una minaccia subdola e concreta per l’intero ecosistema alpino. L’allarme è stato lanciato nei giorni scorsi dall’Ente di gestione delle aree protette delle Alpi Marittime, che attraverso un post social ha invitato tutti a guardare meglio quella foto. Non con gli occhi del cuore, ma con quelli della scienza.

Perché quel pezzo di pane non è un dono, è un errore. Un gesto sbagliato, seppur in buona fede, che può compromettere l'equilibrio fragile della fauna montana. Sempre più escursionisti, convinti di fare qualcosa di gentile, lasciano cibo lavorato come pane, biscotti o avanzi agli animali selvatici che incontrano sui sentieri. Ignorano, però, che così facendo stanno alterando profondamente la fisiologia e i comportamenti di specie che da secoli si nutrono secondo i ritmi e le risorse del loro habitat.

Gli stambecchi, ad esempio, sono ruminanti erbivori: si cibano di erbe, licheni, arbusti alpini. Non sono in grado di digerire farine e lieviti, e il pane può causare mal di stomaco, malnutrizione o patologie gravi. Ma il fenomeno diventa ancora più allarmante quando si osservano gli effetti su animali come le marmotte. In diverse zone delle Alpi, come la Val di Fassa, gli esperti hanno documentato anomalie dentali – denti troppo lunghi o storti – causate da una dieta scorretta. Il risultato? Marmotte incapaci di nutrirsi, destinate a morire di fame o a non superare il letargo.

Il danno, però, non è solo fisico. Alimentare la fauna compromette anche il suo comportamento naturale. Gli animali diventano più confidenti, perdono il timore dell’uomo e iniziano ad associare la presenza umana al cibo. Un processo che li rende vulnerabili, dipendenti e a volte persino aggressivi, con rischi crescenti per chi cammina tra i boschi o sosta vicino ai pascoli.

Proprio per questo motivo, l’Ente delle Aree Protette delle Alpi Marittime ha adottato una normativa ferrea: è vietato nutrire, avvicinare o interagire con gli animali selvatici in tutte le aree tutelate. Chi trasgredisce rischia sanzioni amministrative, ma soprattutto contribuisce al lento ma inesorabile indebolimento di un ecosistema che ha bisogno di restare selvatico, non addomesticato.

La montagna, ricordano gli esperti, non è uno zoo a cielo aperto. È un luogo dove ogni specie ha una funzione, un equilibrio, un ruolo preciso. Alterarlo con gesti umani superficiali significa forzare meccanismi millenari, aprendo la porta a conseguenze irreparabili. Non basta dunque percorrere sentieri e indossare scarponi per definirsi “amanti della montagna”: serve rispetto, conoscenza, consapevolezza. Anche un solo pezzo di pane può fare la differenza. In peggio.

Chiunque incontri un animale selvatico in montagna dovrebbe mantenere sempre una distanza di sicurezza, osservare in silenzio senza tentare di avvicinarlo, evitare qualunque forma di interazione, non lasciare cibo né resti organici, non toccare né seguire gli animali per fotografarli, e soprattutto non cercare di attirarli con fischi, rumori o oggetti. L’unico comportamento corretto è quello di essere presenti senza farsi notare, ricordando che ogni nostra azione, anche la più ingenua, può stravolgere la loro sopravvivenza.

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