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Pesate pubbliche contro l’obesità, scoppia la polemica: salute o controllo?

Il governo vuole "pesare" un milione di cittadini per calcolare il BMI, ma crescono i dubbi su privacy, efficacia e interessi economici

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Pesate pubbliche contro l’obesità, scoppia la polemica: salute o controllo?

Ti fermi in piazza per una passeggiata e ti trovi davanti a un presidio sanitario che ti invita, o forse ti impone, a salire su una bilancia pubblica. Accade in Turchia, dove il governo ha lanciato una nuova campagna di promozione della salute dal titolo: “Scopri il tuo peso ideale, vivi sano”. L’obiettivo è ambizioso e, secondo molti, discutibile: pesare in strada un milione di cittadini entro luglio 2025, misurarne l’altezza, calcolare il loro indice di massa corporea (BMI) e – se questo supera il valore di 25 – indirizzarli verso i centri pubblici di salute per ricevere consigli e assistenza. Il tutto sotto l’occhio vigile di medici e operatori sanitari, ma anche dei passanti, dei curiosi, dei cellulari accesi.

L’iniziativa nasce per rispondere a un dato allarmante: il 32% della popolazione adulta turca è obesa, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ma le modalità scelte dal Ministero della Salute turco stanno facendo discutere l’opinione pubblica e gli esperti, perché mettono in campo questioni ben più profonde di una semplice strategia anti-kebab. Dove finisce la tutela della salute e dove inizia la violazione della privacy? Chi raccoglie i dati? Come vengono conservati? Qual è il consenso reale di chi viene “invitato” a pesarsi davanti a tutti?

Su questi aspetti, il governo non ha ancora fornito chiarimenti convincenti. La sensazione è quella di un’operazione simbolica, pubblicitaria, a tratti umiliante, che può trasformarsi facilmente in stigmatizzazione sociale. Lo psichiatra Gökben Hızlı Sayar, tra i primi a ironizzare sulla vicenda, ha raccontato su X la sua esperienza: «Fermato a un posto di blocco per obesi in piazza Üsküdar. Ho avvisato altri tre compagni obesi. Solidarietà!». Un tono sarcastico che riflette il disagio di una parte della popolazione, chiamata a esporsi fisicamente in pubblico per rispondere a una logica sanitaria che assomiglia più a un reality show che a una politica pubblica seria.

A complicare il quadro, c’è la scarsa affidabilità del BMI come unico parametro di valutazione. Il valore soglia di 25 non tiene conto di differenze fondamentali tra massa grassa e massa muscolare: un atleta ben allenato, ad esempio, può risultare tecnicamente “sovrappeso” pur avendo una composizione corporea ideale. Molti esperti, anche in Turchia, hanno già messo in dubbio l’efficacia di una campagna che ignora completamente variabili come metabolismo, età, sesso, struttura fisica e patologie.

E poi ci sono i sospetti economici. Proprio in concomitanza con l’avvio della campagna, è stato autorizzato nel Paese un nuovo farmaco dimagrante di ultima generazione, già noto nei mercati occidentali. Una coincidenza che ha sollevato non pochi interrogativi:la lotta all’obesità è una priorità sanitaria o un’occasione di mercato? In un contesto segnato da aumenti dei prezzi dei cibi sani, inflazione galoppante e salari bassi, che rendono difficile per molti cittadini accedere a un’alimentazione equilibrata, una campagna centrata sul peso appare come una foglia di fico che nasconde il vero problema: l’iniquità sociale e l’assenza di politiche strutturali sull’alimentazione e sullo sport di base.

Nemmeno il gesto del Ministro della Salute, Kemal Memişoğlu, che ha accettato di farsi pesare pubblicamente – confessando di essere “leggermente sovrappeso” e promettendo di iniziare a camminare ogni giorno – è bastato a placare le polemiche. Anzi, molti lo hanno letto come una mossa propagandistica: un tentativo di ridurre a folklore una questione che riguarda milioni di cittadini, e che meriterebbe risposte complesse e rispettose della dignità individuale.

La campagna “Scopri il tuo peso ideale” rappresenta così un esperimento sociale controverso, dove il confine tra salute pubblica e controllo sociale si fa pericolosamente sfumato. E se oggi si misura il peso, domani cosa si misurerà? La glicemia? Il tasso alcolico? La disciplina alimentare?

La domanda resta aperta. Perché il benessere collettivo è un obiettivo nobile, ma non può essere perseguito al prezzo della sorveglianza, dell’umiliazione pubblica o dell’invasione della sfera privata. La salute, come la libertà, non si impone. Si costruisce con educazione, accesso equo, e fiducia nelle istituzioni. Il resto è solo spettacolo da piazza. E la bilancia, questa volta, non misura solo i chili. Ma il peso di una democrazia.

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