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Caschi d’arte per il cuore: i bambini del Regina Margherita colorano la velocità per solidarietà e speranza

Un’iniziativa unica tra corsie e circuiti: i piccoli pazienti disegnano i caschi dei piloti, che li indosseranno in gara. Sport, arte e beneficenza si incontrano a Torino

Caschi d’arte per il cuore

Caschi d’arte per il cuore: i bambini del Regina Margherita colorano la velocità per solidarietà e speranza

Non sono semplici disegni: sono sogni che corrono a duecento all’ora, tracciati da mani piccole ma cariche di immaginazione. All’ospedale infantile Regina Margherita di Torino, la degenza si è trasformata per un giorno in pista creativa, grazie all’iniziativa “Caschi d’arte per il cuore”, un progetto che fonde sport, arte e solidarietà per dare voce — e colore — ai bambini ricoverati nei reparti pediatrici.

Promosso in collaborazione con E20 Motors, Emg Eventi e l’Associazione Amici dei Bambini Cardiopatici, il progetto ha coinvolto i giovani pazienti nella decorazione dei caschi da gara dei piloti, offrendo loro una tela del tutto inedita: quella dell’alta velocità. Armati di pennarelli, tempere e fantasia, i bambini hanno disegnato cuori, fiamme, pianeti, animali e messaggi di coraggio, trasformando oggetti tecnici in opere d’arte autentiche.

I bozzetti saranno selezionati da una commissione tecnica e trasformati in livree ufficiali, che i piloti indosseranno in gare reali. Un passaggio simbolico e potente: dalla stanza d’ospedale al circuito, dal silenzio della malattia al rombo della vita che accelera. Ma non finisce qui. I caschi diventeranno anche oggetti da esposizione, destinati a mostre nei musei, negli ospedali e nei motor show, per raccontare a tutti che la creatività, anche nei luoghi della sofferenza, può generare bellezza e movimento.

L’iniziativa prevede anche una futura asta benefica, in cui i caschi disegnati e indossati dai piloti verranno messi in vendita per raccogliere fondi destinati a nuove attività pediatriche e iniziative terapeutiche dedicate ai piccoli ricoverati. Un gesto concreto, che unisce il mondo delle corse — spesso vissuto come distante e adrenalinico — a quello fragile e delicato dell’ospedalizzazione infantile.

A sostenere i giovani artisti sono arrivati in ospedale piloti di rilievo del panorama motociclistico e automobilistico: Alessio Reboa (R7), Alberto Surra (Moto2), Luca Pedersoli (Yamaha trainer), Alberto Butti (Superbike Civ), Josephine Bruno e Mattia Sorrenti (Sportbike), Arianna Barale (Wec/Civ femminile), Alessio Finello (Mondiale MotoE) e l’automobilista Domenico Nocera. Volti e nomi che hanno portato un sorriso, ma anche un messaggio di vicinanza e forza, indossando simbolicamente quei disegni come se fossero corazze.

Non è solo un progetto artistico, ma un ponte tra due mondi che raramente si toccano, dove la malattia incontra la passione, e la velocità si carica di senso. Perché, in fondo, dare un casco a un bambino è più di un gesto sportivo: è dirgli che il suo tratto può guidare il futuro.

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