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23 Maggio 2025 - 11:50
“Dimezzare i lupi in Piemonte”: l’audizione che divide la politica e le valli
Il lupo, simbolo selvaggio delle nostre montagne, è tornato a essere il centro di un acceso confronto politico e sociale. In Piemonte non è più (solo) una questione ecologica, ma un nodo che intreccia economia, cultura, sicurezza e diritto. La proposta, lanciata da una delegazione di esperti e operatori del territorio durante un’audizione congiunta delle Commissioni III e V del Consiglio regionale, è chiara e drastica: “Serve dimezzare i lupi presenti in Piemonte, poi mantenerli con abbattimenti controllati annui sul modello francese.”
A presentarla è stato un fronte eterogeneo, ma compatto: Vittoria Riboni, commissaria dell’Ente, Luca Maria Battaglini, docente dell’Università di Torino, Lilia Garnier, assessore di Villar Pellice, Giovanni Dalmasso, presidente del Coordinamento Pastori d’Italia, Marco Bruzzone, portavoce degli Agricoltori Autonomi d’Italia e Gesine Otten, presidente del Comitato salvaguardia allevatori del VCO. Un tavolo che raccoglie voci direttamente coinvolte in un conflitto che nelle valli alpine si consuma ogni giorno: quello tra lupi e allevatori.
La richiesta è basata su dati precisi: la popolazione lupina in Piemonte è in crescita, così come gli attacchi ai capi di bestiame, sempre più frequenti anche in zone storicamente “non a rischio”. Ma più dei numeri, è la rabbia a emergere. “Non siamo contro i lupi, ma senza un contenimento non possiamo più andare avanti – dice Dalmasso –. Servono strumenti concreti, non dichiarazioni di principio.” Il 20% di abbattimenti l’anno proposto sarebbe, secondo i tecnici, in linea con il tasso di incremento naturale dei branchi. Una misura, dicono, che non minaccerebbe la sopravvivenza della specie ma ne frenerebbe la proliferazione in aree ormai antropizzate.
Problema lupi in Piemonte
Ma l’audizione è andata oltre. Gli esperti hanno chiesto che ai pastori venga concesso il diritto di armarsi per proteggere le greggi da lupi troppo “confidenti”. Una proposta che ha immediatamente sollevato dubbi giuridici e reazioni contrastanti. “Non parliamo di caccia libera – precisa Bruzzone – ma di autodifesa, come accade altrove.”
A completare il quadro, la richiesta di velocizzare le visite veterinarie di accertamento dopo un attacco e di rendere più rapidi e realistici i risarcimenti: “Oggi i ristori arrivano in ritardo e spesso sono inferiori al danno effettivo”, denunciano gli allevatori. “Non si tratta solo di capi persi, ma di greggi traumatizzate, aborti, riduzione della produttività.”
Il dibattito, inevitabilmente, si sposta su un piano più ampio. Qual è il posto del lupo oggi? Quanto vale la biodiversità quando impatta direttamente sulla vita e sull’economia umana? Per molti, soprattutto nelle aree metropolitane, il lupo è un simbolo romantico di natura selvaggia. Per chi vive con le greggi, è una minaccia concreta e quotidiana. E tra questi due mondi, la politica è chiamata a trovare un equilibrio difficile.
Sul fronte ambientalista già si preannunciano barricate. Diverse associazioni – dal WWF alla LAV – parlano di proposte pericolose, “retaggi di un passato di persecuzioni” che rischiano di distruggere decenni di tutela e convivenza. Ma nel frattempo, sulle montagne piemontesi, la convivenza è sempre più tesa, e sempre meno garantita.
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