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22 Maggio 2025 - 09:48
Parli con il tuo gatto? Ecco che cosa pensa di te la scienza
Chi non si è mai ritrovato a raccontare i fatti della giornata al proprio gatto, a chiedere consiglio al cane sul colore del maglione, o a confidare a un muso peloso i pensieri più intimi e assurdi? Per anni questo tipo di atteggiamento è stato bollato come infantile, o nel migliore dei casi, bizzarro. Oggi invece la scienza lo celebra come una prova tangibile di intelligenza emotiva, capacità cognitiva e pensiero creativo.
A dirlo non è un gruppo di amanti degli animali in cerca di autoassoluzione, ma due colossi della ricerca: l’Università di Chicago e Harvard. Gli studi condotti congiuntamente dai rispettivi dipartimenti di psicologia hanno messo in luce come l’antropomorfismo, cioè l’attribuire agli animali tratti e pensieri umani, sia un indicatore di sofisticate capacità sociali. Non solo: sarebbe un esercizio mentale utile, anzi benefico, che coinvolge empatia, immaginazione, elaborazione simbolica e affettività profonda.
Secondo i ricercatori, chi parla con il proprio animale domestico dimostra di saper costruire ponti emotivi anche dove non esistono parole. È in grado di intuire gli stati d’animo dell’altro, di proiettare emozioni complesse, di mettersi nei panni — o meglio, nei peli — di un essere diverso. Un’attitudine che, se applicata alle relazioni umane, può tradursi in una maggiore sensibilità, ascolto attivo e intelligenza relazionale.
Parlare con gli animali
Ma c’è di più. Il dialogo quotidiano con un cane o un gatto diventa una valvola di sfogo potente, un rituale intimo che riduce lo stress, allevia l’ansia, combatte la solitudine. In un mondo iperconnesso ma sempre più povero di connessioni autentiche, quel momento di tenerezza con l’animale domestico ha un valore terapeutico. Nutre l’anima, spiegano gli esperti, e lo fa in silenzio, senza giudizio, con la sola forza della presenza e dello sguardo.
A livello cerebrale, l’antropomorfismo attiva le stesse aree coinvolte nell’immaginazione narrativa: parlare al gatto immaginando la sua risposta è, neurologicamente parlando, molto simile allo scrivere un racconto o creare un personaggio. Non è solo coccola, quindi, ma palestra per la mente.
In un’epoca in cui si misurano prestazioni, titoli e risultati, la scienza ci regala una rivelazione gentile: chi si ferma a parlare con il proprio cane non è fuori di testa, è un passo avanti. Coltiva l’empatia. Allena la fantasia. Costruisce un rapporto profondo con un essere che, sebbene non parli, sa ascoltare come pochi altri al mondo.
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