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TARI alle stelle, in Consiglio a Chivasso esplode la protesta dei commercianti: "Vergognatevi!". Ecco come si condanna a morte una categoria

Fischi, urla, indignazione: la maggioranza non batte ciglio e conferma gli aumenti delle tasse. Si scatena la rabbia dopo le parole di Mazzer (Pd): "Paghino tutti per pagare di meno". Contestazione a Castello, Casalino e Perfetto

TARI alle stelle, in Consiglio a Chivasso esplode la protesta dei commercianti: "Vergognatevi!". Ecco come si condanna a morte una categoria

TARI alle stelle, in Consiglio a Chivasso esplode la protesta dei commercianti: "Vergognatevi!". Ecco come si condanna a morte una categoria

Vergogna, vergogna, vergogna!

Il grido si è levato forte, più volte, come un mantra della rabbia. Ieri sera, in Consiglio comunale a Chivasso, una cinquantina di commercianti erano seduti tra il pubblico e poi, come un’onda carica di frustrazione e senso di esclusione, sono esplosi. Fischi, urla, indignazione.

Motivo? Una maggioranza che, anziché tendere la mano a una categoria in ginocchio, si è trincerata dietro tecnicismi e cavilli, bocciando senza nemmeno un vero confronto la mozione presentata da Claudia Buo, Bruno Prestìa ed Enzo Falbo. Una proposta concreta, numericamente sostenibile, politicamente responsabile. Una mozione che avrebbe potuto – e dovuto – rappresentare l’inizio di un dialogo. E invece no. “Non è possibile”, ha sentenziato Stefano Mazzer, capogruppo Pd, dopo che Chiara Casalino, assessore al Bilancio e al Commercio, aveva imbastito l’ennesima supercazzola contabile. Fine della storia. Il regolamento non si tocca. Il PEF non si rivede. Il commercio può attendere.

E così, mentre in prima fila Carlo Nicosia e Giovanni Campanino, attuale ed ex presidente Ascom, assistevano sbigottiti allo spettacolo, il Consiglio ha mostrato il suo vero volto. Quello arrogante e autoreferenziale di un potere che non sa più ascoltare. Quello di un Partito Democratico che – a parole solidale – nei fatti tratta i commercianti come evasori seriali. Quello di un presidente del Consiglio comunale, Alfonso Perfetto, che ha pensato bene di zittire i presenti minacciando lo sgombero dell’aula: “Questo è tifo da stadio, siamo nella sala del Consiglio”. Sala istituzionale, certo. Ma anche luogo dove i cittadini hanno il diritto sacrosanto di essere ascoltati. Anche se urlano. Anche se protestano. Anche se sono stanchi di subire.

 

Il post di Giovanni Campanino pubblicato questa mattina

Ma non è solo una questione di forma. Il problema è politico, profondo, lacerante. La mozione, articolata in più punti, chiedeva semplicemente che si facesse quello che un’amministrazione attenta dovrebbe fare da sola: usare parte dei 2,1 milioni di avanzo libero per calmierare l’aumento dell’11,8% della TARI previsto per il 2025. Una stangata micidiale, che va ad abbattersi su bar, ristoranti, negozi, artigiani, già provati da inflazione, bollette e consumi in calo. E non basta. Perché la proposta puntava anche a riequilibrare la ripartizione dei costi, oggi palesemente sproporzionata, con le utenze domestiche che producono quasi il 70% dei rifiuti ma pagano solo il 60%, mentre le attività commerciali – che pesano per il 30% – si vedono caricare il 40% delle tariffe.

Eppure, niente. Nessuna volontà di discutere. Nessun emendamento. Nessun segnale di apertura. Solo il muro. La mozione è stata bocciata con 10 voti contrari contro 4 favorevoli, tutti delle minoranze. E se non bastasse, l’intervento di Mazzer, con la sua invocazione al principio “pagare tutti per pagare un po’ di meno”, è suonato come un’accusa, nemmeno tanto velata, a chi tra i commercianti non paga. Apriti cielo. “Vergogna!”, hanno urlato i presenti. E non avevano torto.

Perché se davvero ci sono furbi, si perseguano. Ma non si criminalizzi un’intera categoria. Non si confonda la morosità con la difficoltà. Non si giochi con la retorica della legalità per nascondere l’incapacità di governare i problemi. Come se non bastasse, il regolamento TARI approvato lo scorso aprile introduce misure punitive degne di uno Stato di polizia: sospensione dell’attività dopo una morosità superiore a 500 euro, fino alla revoca della licenza. Cinquecento euro. Non cinquantamila. Cinquecento. Una cifra che può derivare da un errore, da un disguido, da un ritardo. E che invece, a Chivasso, si trasforma in una condanna. A Torino, lo ricordiamo, si parla di intervenire solo oltre i 50.000 euro di debito. E parliamo sempre di amministrazioni Pd. La differenza? La testa. E il cuore.

Nel frattempo, come se non bastasse la TARI, il Consiglio comunale ha respinto anche le mozioni contro i nuovi parcheggi blu in viale Vittorio Veneto. Un’altra mazzata per il commercio. Perché quando un cliente deve pagare anche solo per entrare in centro, spesso rinuncia. E se ne va altrove. Le spiegazioni del sindaco Claudio Castello sono state un trattato di urbanistica d'accatto: “Bisogna aumentare il coefficiente di rotazione degli stalli”, ha detto. E giù con dati, paragoni con Chieri, formule da manuale tecnico. Ma intanto i commercianti vedono i loro incassi calare. E i clienti diminuire. Il centro storico si svuota. I negozi chiudono. E la politica cosa fa? Misura i centimetri dei marciapiedi.

A nulla sono servite le parole accorate delle minoranze. Falbo ha denunciato la gestione arrogante della seduta: “Mai visto un presidente del Consiglio trattare così dei cittadini”. Clara Marta ha ricordato che i commercianti non chiedono solo sconti, ma visione, rispetto, centralità. Claudia Buo ha ripetuto fino allo sfinimento che i soldi ci sono e che tenerli fermi in avanzo di amministrazione è un paradosso politico. Ma la maggioranza è rimasta sorda. Sorda e cieca. “Abbiamo perso tutti”, ha scritto Bruno Prestia, commentando a caldo quanto accaduto. Ed è vero. Perché una città che non sa ascoltare è una città che si arrende. Una città che perde la sua anima.

La mozione – che chiedeva non solo di rivedere i costi, ma anche di convocare SETA Spa in commissione per verificare la qualità del servizio, introdurre sistemi premianti come la TARI puntuale, e soprattutto modificare il regolamento sulle sanzioni automatiche – non era un capriccio dell’opposizione. Era un appello al buon senso. Era una proposta di giustizia fiscale. Era la voce di chi ancora crede che un Comune debba servire i cittadini, non vessarli.

Ma forse a Chivasso è rimasto solo il teatrino. Quello dove il presidente del Consiglio ammonisce il pubblico fatto di commercianti e contribuenti come fosse una curva da stadio. Quello dove si governa per principio, non per necessità. Quello dove, come ha detto perfettamente Claudia Buo, l’avanzo di bilancio è visto come una medaglia, anziché come la dimostrazione che i soldi dei cittadini non sono stati restituiti in servizi. Il resto è fumo. Tecnica. E arroganza.

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