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Diana, la bambina che ha scelto l'ambulanza come culla

Nascita straordinaria: Diana è venuta alla luce su un'ambulanza della Croce Rossa

Diana, la bambina che ha scelto l'ambulanza come culla

Una corsa verso l’ospedale che si è trasformata in qualcosa di molto più grande. Perché Diana, una bimba che evidentemente aveva fretta di nascere, ha scelto un luogo del tutto inaspettato per venire al mondo: non una sala parto, ma un’ambulanza in movimento, mentre attraversava il ponte di Trana. È successo venerdì 16 maggio. Un giorno che resterà inciso nella memoria della mamma Francesca e del papà Federico, ma anche nel cuore dei soccorritori della Croce Rossa che l’hanno aiutata a nascere.

Diana non ha aspettato l’arrivo in ospedale. Il travaglio è precipitato, il momento era quello: così, a bordo del mezzo di soccorso avanzato del 118, guidato da mani esperte, è cominciata la magia. «Una nascita speciale, in un luogo inaspettato – raccontano dalla Croce Rossa – la piccola Diana è nata a bordo dell’ambulanza, grazie al lavoro impeccabile del medico e dell’infermiere che erano a bordo». Una di quelle storie che rompono la routine degli interventi d’urgenza e regalano un sorriso anche ai volti più tesi.

E tra i tanti sorrisi c’è quello della nonna Silvia, che ha voluto ringraziare pubblicamente i protagonisti di questo parto fuori dal comune.

Ora Diana è tra le braccia dei suoi genitori. In salute, coccolata, amata. E già con una storia straordinaria da raccontare: quella di una nascita sul ponte, sospesa tra cielo e terra, tra la fretta della vita e la prontezza di chi sa accoglierla.

Quando la vita non aspetta: il caso di Diana e tutte le storie (vere) di bimbi venuti al mondo sull’ambulanza. Cosa succede quando il parto avviene prima dell’arrivo in ospedale

Succede più spesso di quanto si pensi. Il travaglio accelera, le contrazioni incalzano, e l’ambulanza – chiamata d’urgenza per raggiungere l’ospedale – si trasforma in sala parto improvvisata. È quello che è accaduto a Trana venerdì 16 maggio, dove la piccola Diana ha scelto di nascere mentre il mezzo del 118 stava attraversando il ponte. Ma dietro la tenerezza di un evento così fuori dall’ordinario, si nasconde una macchina perfetta fatta di preparazione, sangue freddo e prontezza.

In Italia si contano ogni anno decine di nascite in ambulanza. Una piccola minoranza rispetto ai circa 400.000 parti annui, certo, ma abbastanza numerosa da non essere considerata un’eccezione assoluta. Nella maggior parte dei casi si tratta di parti precipitosi, ovvero quei travaglio che si concludono in meno di tre ore dall’inizio delle contrazioni regolari. Succede soprattutto nei secondi o terzi figli, quando l’utero ha già “memoria” del parto.

A bordo dei mezzi di soccorso avanzato operano equipaggi composti da almeno un autista soccorritore, un infermiere e, nei casi più critici, anche un medico. In caso di parto imminente, la procedura è chiara: si allertano i reparti ostetrici e si valuta, in tempo reale, se proseguire verso l’ospedale o fermarsi per far nascere il bambino in sicurezza sul posto. Quando si opta per la seconda ipotesi – come nel caso di Diana – entrano in gioco non solo le competenze cliniche, ma anche la capacità di gestire l’emotività e l’urgenza.

I mezzi sono dotati di un kit parto: lenzuolini sterili, clamp per il cordone ombelicale, copertine termiche per il neonato, aspiratori, ossigeno. Tutto in spazi ridotti, spesso con la barella in movimento, tra curve e sobbalzi. A fare la differenza è la prontezza del personale. Secondo dati della Croce Rossa, negli ultimi cinque anni sono stati decine i casi in cui i volontari si sono trovati a gestire un parto completo prima dell’arrivo in ospedale. “Le prime volte sono una prova di nervi – racconta un volontario esperto – ma vedere quel bambino tra le braccia della mamma è la più bella delle ricompense”.

Il parto in ambulanza non è privo di insidie: la posizione della madre, la possibilità di complicazioni (come il cordone ombelicale attorno al collo, un’emorragia o una mancata espulsione della placenta), l’ipotermia neonatale nei mesi freddi. Per questo motivo, appena possibile, mamma e neonato vengono stabilizzati e portati in reparto per i controlli post-parto.

Quella di Diana è una storia a lieto fine, simbolo di una sanità che – nonostante le difficoltà – sa ancora essere umana, pronta, capace. Una nascita che fa sorridere e riflettere: sul valore del servizio di emergenza, sulle competenze dei soccorritori, ma anche sulla potenza dirompente della vita, che – a volte – non aspetta neanche il semaforo verde.

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