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Lo Russo scuote il Partito Democratico: "Voto cinque sì al referendum"

Il sindaco segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, fiducioso sul quorum

Stefano Lo Russo

Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo

In un clima politico sempre più teso, il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, ha deciso di rompere gli indugi e dichiarare apertamente il suo sostegno al referendum, votando cinque sì. Questa mossa ha scosso il fronte riformista del Partito Democratico, creando un dibattito acceso all'interno del partito. Lo Russo, noto per la sua fedeltà alla segretaria Elly Schlein, ha sottolineato l'importanza di questa mobilitazione politica, nonostante le sue perplessità su alcuni dei quesiti proposti.

La decisione di Lo Russo arriva in un momento in cui il Partito Democratico è già diviso. Nei giorni scorsi, una lettera aperta firmata da esponenti di spicco come Giorgio Gori, Lorenzo Guerini, Marianna Madia, Pina Picierno, Lia Quartapelle e Filippo Sensi ha espresso sfiducia nei confronti della segretaria Schlein. Questi esponenti hanno dichiarato il loro sostegno solo a due dei cinque quesiti referendari, ritenendo che il futuro del lavoro in Italia non possa essere affrontato con una resa dei conti con il passato.

Nonostante le divergenze, Lo Russo ha ribadito la sua fedeltà a Schlein, riconoscendo la complessità della sfida politica che la segretaria sta affrontando. Durante un intervento al Salone del Libro di Torino, il sindaco ha sottolineato l'importanza di un esito positivo del referendum, che potrebbe stimolare il Parlamento a rimettere al centro dell'agenda politica il tema del lavoro. Lo Russo vede nel referendum un'opportunità per rafforzare il Partito Democratico e promuovere un'azione politica più incisiva.

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Un altro tema centrale del referendum è la cittadinanza per gli stranieri. Lo Russo ha espresso la convinzione che, in Parlamento, le posizioni su questo tema siano meno rigide di quanto appaia. Ha auspicato che il referendum possa incoraggiare anche i parlamentari del centrodestra a prendere posizioni più nette e coraggiose. Questo, secondo il sindaco, è un motivo in più per mobilitarsi e garantire un'alta affluenza alle urne.

LANDINI FIDUCIOSO SUL QUORUM

Dal palco del Salone del Libro, Maurizio Landini è andato dritto al punto. Il segretario generale della Cgil è arrivato a Torino per rilanciare – con parole ferme e toni accesi – l'urgenza di far conoscere i quesiti referendari promossi dal sindacato. “Non è semplice, il vero nodo è farli conoscere. Troppa gente ancora non sa nulla, perché Rai e altri soggetti che dovrebbero garantire pluralismo e informazione non stanno aiutando”, ha attaccato. Poi ha subito aggiunto, con lo sguardo puntato sulla piazza: Sono ottimista. Abbiamo ancora venti giorni e possiamo farcela. Sento che l’interesse sta crescendo, e chi invita a non votare sta ottenendo l’effetto contrario: c’è sempre più gente che dice ‘allora, forse vado’”.

Accanto all’ex fabbrica Fiat, dove da giorni la Cgil ha allestito un gazebo informativo, Landini ha ribadito l’importanza del voto: “Recuperare il diritto di voto è essenziale. Raggiungere il quorum non è solo possibile: è una battaglia utile per l’Italia. Serve per cancellare leggi inique e per difendere i diritti di chi lavora”.

Ma dal microfono, il segretario non si è limitato ai quesiti tecnici. Ha puntato più in alto, toccando con forza il nervo scoperto del precariato. “In tutti questi anni, nessuno mi ha mai detto che da grande vuole fare il precario. Quella della flessibilità come opportunità è una favola che raccontano solo quelli che non hanno mai fatto un giorno di lavoro vero”, ha scandito. Poi ha affondato: “Chi vive davvero la precarietà lo sa: ti impedisce di progettare la vita, peggiora le relazioni, alimenta la competizione tra le persone. È un sistema che toglie speranza e divide”.

Il discorso si è poi allargato al piano internazionale, con un passaggio netto e appassionato sulla cultura della guerra e sul ritorno dell’antisemitismo. “La vera emergenza oggi è questa: la guerra è tornata. E con lei crescono le divisioni, l’odio, l’antisemitismo. È la cultura della guerra che dobbiamo sconfiggere”, ha detto, con fermezza. Durissimo il suo giudizio sul governo israeliano: “Quello che Netanyahu sta facendo al popolo palestinese è criminale, e non c’entra nulla con il popolo israeliano. È una logica folle che sta riportando la guerra al centro, insieme a una corsa agli armamenti che fa paura”.

A conclusione, Landini ha rilanciato anche il messaggio di Papa Francesco, sottolineando la necessità di un cambio di paradigma: “Ha detto parole vere, profonde, da raccogliere subito. Oggi non basta parlare di pace. Serve una pace disarmata, che rimetta davvero al centro il lavoro e la dignità delle persone. Solo così possiamo dare un futuro al Paese, e soprattutto alle nuove generazioni”.

Maurizio Landini

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