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16 Maggio 2025 - 15:26
Disordini pro Palestina, Lo Russo difende la libertà di parola e condanna le intimidazioni (foto di repertorio)
“Ogni protesta ha diritto di esistere, ma non di zittire”. Così Stefano Lo Russo ha inciso la sua posizione nel marmo del dibattito pubblico, all’indomani dei disordini esplosi tra l’Università di Torino e il Salone del Libro, durante alcune manifestazioni pro Palestina. Un pomeriggio agitato, fatto di urla, tensioni e impedimenti, che secondo il sindaco travalica la legittimità della protesta per sfociare in una vera e propria intimidazione alla libertà di parola.
“Inaccettabile”, l’ha definito. Inaccettabile che un convegno venga impedito, che la presentazione di un libro debba essere protetta da cordoni di sicurezza. “Nessuna contestazione può diventare bavaglio”, ha dichiarato senza mezzi termini, prendendo posizione in una frattura sempre più sensibile dell’opinione pubblica: quella tra la solidarietà al popolo palestinese e il rispetto delle istituzioni culturali e della libertà d’espressione.
Lo Russo non si sottrae alla complessità del momento. Ricorda “gli attacchi criminali del 7 ottobre”, che “hanno segnato una ferita profonda in Israele”, ma allo stesso tempo non ignora “le sofferenze indicibili che ogni giorno vediamo nella Striscia di Gaza”. Un equilibrio delicato, che però – sottolinea – non può giustificare episodi di “sopraffazione e violenza”. Il confine tra dissenso e prevaricazione, secondo il primo cittadino, è stato superato. E serve, ora, “una presa di responsabilità collettiva”.
A margine della condanna, Lo Russo ha voluto mandare un messaggio preciso: la vicinanza e solidarietà della Città alla comunità ebraica di Torino, già da tempo oggetto di pressioni e strumentalizzazioni. La sua dichiarazione è un tentativo, più politico che retorico, di riportare il confronto su un piano civile, dove il diritto alla protesta non diventi mai censura mascherata da militanza.
“Difendere il pensiero critico significa anche tutelare chi ha un pensiero diverso. E nessuna causa, per quanto giusta, può diventare giustificazione per negare agli altri il diritto di parola.” Una frase che resta. Come una linea tracciata sul terreno scivoloso del conflitto tra emozioni, ideologie e diritto.
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