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Una freccia gigante piantata nel terreno per ricordare il patrono San Sebastiano

La nuova opera di Claudio Bertolo invita a riflettere

Una freccia gigante piantata nel terreno per ricordare il patrono San Sebastiano

Una freccia gigante piantata nel terreno per ricordare il patrono San Sebastiano

Una freccia alta, simbolica, verticale, conficcata nella terra come un grido silenzioso. Un’opera d’arte essenziale, potente, che non ha bisogno di spiegazioni ma solo di uno sguardo attento e rispettoso. È questa l’ultima installazione firmata da Claudio Bertolo, artista autodidatta di San Sebastiano da Po, posata in questi giorni in borgata Le Milane, proprio accanto alla Chiesetta di San Giuseppe.

Si chiama Freccia per San Sebastiano. Non un monumento. Non una scultura nel senso classico. Ma un’icona contemporanea che rilegge la storia del patrono del paese e la traduce in un gesto plastico, visivo, diretto. La freccia non trafigge, ma si pianta. Non uccide, ma suggerisce. È il segno verticale della resilienza, della fede, del legame profondo con la propria comunità.

“È un omaggio al mio paese, alla sua storia, alla sua memoria” – dice l’artista – “e anche un modo per unire simbolicamente le persone al loro territorio, attraverso un gesto semplice ma evocativo”.

San Sebastiano, lo sanno anche i bambini, è il martire trafitto da frecce, simbolo di fedeltà e di coraggio. Secondo la tradizione cristiana, era un militare dell’esercito romano convertito in segreto al cristianesimo. Quando Diocleziano lo scoprì, lo condannò a morte facendolo legare a un palo e colpire da decine di frecce. Nonostante le ferite, sopravvisse. Ma fu infine finito a bastonate. Oggi è venerato da cattolici e ortodossi, patrono dei soldati, degli arcieri e – qui – del paese di San Sebastiano da Po. E proprio da qui parte Bertolo: non dalla figura religiosa, ma dal simbolo eterno che questa rappresenta. La freccia come dolore, sì, ma anche come testimonianza. Come segnale, come chiamata a guardare.

L’opera è stata realizzata interamente con materiali di recupero, seguendo la filosofia artistica di Bertolo: riutilizzare, rigenerare, rimettere in circolo bellezza là dove nessuno la aspetta. Il punto scelto per installarla non è casuale. Borgata Le Milane, a due passi dalla chiesetta rurale di San Giuseppe, è un luogo sospeso tra sacro e silenzio. Qui il tempo sembra fermarsi. Qui l’arte può parlare con la voce delle cose semplici. Ed è qui che Bertolo ha voluto radicare il suo messaggio. Radicare in senso fisico – la freccia è piantata nella terra, salda, concreta – ma anche in senso emotivo. Perché chi la vede, chi ci passa vicino, non può restare indifferente. Non ci sono targhe, né didascalie. Solo la freccia. Verticale. In dialogo con il cielo e con il paesaggio.

La descrizione dell'opera

Questa freccia si aggiunge al catalogo sempre più ricco delle installazioni di Land Art realizzate da Claudio Bertolo negli ultimi anni. Tutte diverse, tutte pensate per parlare ai luoghi e alle persone. C’è il Macinino di Saronsella, una vecchia cabina dell’acquedotto trasformata in opera d’arte in memoria di una cara amica. C’è la rotonda dedicata a Gino e Teresa Strada, decorata con aironi di legno e biciclette rosa in occasione del Giro d’Italia. E poi la cornice gigante sul Bric Pilin, posizionata insieme ai volontari del CAI, che incornicia la pianura padana come un quadro vivente. Ma la Freccia per San Sebastiano è qualcosa di diverso. È un’opera che non si limita a decorare: punge, interroga, rilancia. Ha una dimensione spirituale ma anche civile. Sta lì, silenziosa, a ricordarti che esiste un legame profondo tra la storia e la terra. E che non serve molto per rinnovarlo: basta un gesto. Una freccia.

Classe 1976, Bertolo lavora a Torino, al Palazzo di Giustizia, ma appena può torna nella sua terra, tra le colline e le frazioni di San Sebastiano. È lì che crea. Con legno di scarto, ferri dimenticati, pietre trovate nei sentieri. Non fa arte per vendere. Non espone in galleria. Le sue mostre sono i sentieri, le piazze, i crocicchi di paese. “Mi piace scoprire e valorizzare i luoghi della mia terra. Se poi, dopo il mio lavoro, qualcuno si ferma a fare una fotografia, significa che sono riuscito a creare bellezza”, ripete spesso. È un artista, sì. Ma prima ancora un cittadino del paesaggio. Uno che guarda e restituisce.

In un tempo in cui tutto è virtuale, effimero, veloce, l’arte di Bertolo ti obbliga a fermarti. A camminare fino a borgata Le Milane. A vedere una freccia vera, piantata in un campo vero, accanto a una chiesetta vera. Ti obbliga a fare i conti con il senso della memoria, della spiritualità, dell’identità. Non ti dice cosa pensare. Ma ti invita a pensare. E questo, oggi, è già molto.

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