Cerca

Attualità

Il TAR affonda Cogefa: confermata l’interdittiva antimafia

Il provvedimento della Prefettura di Torino resiste al primo grado di giudizio. Filippo Fantini, attuale Presidente del Gruppo, non è coinvolto nell’inchiesta e ha dismesso le cariche in Cogefa nell’ambito delle misure di self cleaning adottate dalla società

Massimo Fantini ha due figli. Filippo Fantini ricopre attualmente il ruolo di Presidente del Gruppo, mentre Carola Fantini è Direttore Marketing e Comunicazione

Massimo Fantini ha due figli. Filippo Fantini ricopre attualmente il ruolo di Presidente del Gruppo, mentre Carola Fantini è Direttore Marketing e Comunicazione

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte ha confermato l’interdittiva antimafia emessa lo scorso ottobre dalla Prefettura di Torino nei confronti della Co.ge.fa S.p.A., storico colosso piemontese del settore edile. Una decisione pesantissima che mette a rischio il futuro dell’azienda e l’operatività nei grandi cantieri pubblici, dove da decenni Cogefa è protagonista. Alla base del provvedimento, il sospetto di rapporti pericolosi con la criminalità organizzata calabrese, emersi nell’ambito della maxi-inchiesta Echidna, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino.

Il cuore della contestazione risiede nella presunta contiguità con ambienti della ’ndrangheta. In particolare, la Prefettura ha segnalato contatti diretti e indiretti tra l’azienda e personaggi legati a storici clan calabresi radicati in Piemonte. Spiccano, tra questi, i nomi di Giuseppe Pasqua, Antonio Esposito (detto “Tonino”) e Luciano Ursino, soggetti con precedenti penali e considerati dagli investigatori figure chiave della criminalità organizzata.

Ad essere chiamata in causa è anche la famiglia Fantini, storicamente alla guida dell’impresa. Il fondatore Teresio Fantini, deceduto da 18 anni, viene descritto nei rapporti investigativi come figura vicina a Giuseppe Pasqua. Per quanto riguarda i suoi figli, va precisato che Roberto Fantini ha dismesso ogni carica in Cogefa nel 2014, unitamente alla propria partecipazione societaria, cessando ogni ruolo nella governance aziendale: il suo coinvolgimento nell’inchiesta Echidna attiene esclusivamente a fatti riferiti alla sua attività manageriale in un’altra società, Sitalfa.

Massimo Fantini, invece, ha cessato la carica di Presidente e Amministratore delegato di Cogefa nel 2012, e ha ceduto la propria partecipazione nella società nel 2014 ai tre figli Filippo, Carola e Vittoria, nell’ambito di un passaggio generazionale.

interdittiva

Filippo Fantini, oggi Presidente del Gruppo, ha a sua volta ritenuto di dismettere le cariche in Cogefa nell’ambito delle misure di self cleaning adottate dalla società. Nel consiglio di amministrazione attualmente in carica, nominato l’8 ottobre 2024, non è presente alcun esponente della famiglia Fantini.

Cogefa, da parte sua, ha reagito con fermezza, respingendo le accuse e sostenendo che nessun componente attuale dell’azienda sia indagato o condannato. In un documento ufficiale, l’impresa ha parlato di “una ricostruzione basata su contatti di lunga data e assolutamente occasionali, riferibili al passato e non più attuali”. Per dimostrare la propria buona fede, la società ha richiesto un controllo giudiziario volontario, strumento previsto dal Codice Antimafia per consentire alle aziende colpite da interdittive di continuare a operare sotto la supervisione di un giudice.

Il TAR ha ritenuto le motivazioni della Prefettura fondate e coerenti con la normativa vigente, rifiutando la sospensiva richiesta dall’azienda. “Il pericolo di infiltrazioni mafiose è concreto e attuale”, si legge nel dispositivo.

Un colpo durissimo per una realtà che impiega circa 1.600 lavoratori e che è presente in numerosi cantieri strategici, tra cui quello del Tenda Bis, il tunnel che collega Piemonte e Francia. Paradossalmente, proprio il Tenda è l’eccezione che conferma la regola: i lavori in quel cantiere proseguono perché Cogefa vi opera tramite Edilmaco, consorzio non direttamente interessato dall’interdittiva.

Tuttavia, per molti altri appalti pubblici, la presenza dell’interdittiva rappresenta una barriera insormontabile. E c’è di più: Cogefa rischia ora l’esclusione dalla white list delle imprese considerate affidabili, con conseguenze potenzialmente devastanti per il suo futuro imprenditoriale.

I legali dell’azienda hanno annunciato ricorso al Consiglio di Stato, chiedendo una nuova sospensiva del provvedimento prefettizio. Se anche questo tentativo dovesse fallire, Cogefa rischia di restare ai margini del mercato pubblico per un lungo periodo. Un vero terremoto per l’intero settore, considerando che la società, fondata decenni fa a Rivarolo Canavese, è da sempre una delle protagoniste del comparto infrastrutturale piemontese.

In attesa della prossima udienza, l’intera vicenda solleva ancora una volta il delicatissimo tema dei rapporti tra imprese e criminalità organizzata, e della difficoltà di distinguere tra semplice frequentazione e legami di natura pericolosa. Quel che è certo è che la storia di Cogefa, che si credeva impermeabile a scandali e sospetti, ora si trova a un crocevia decisivo. E con essa, anche il destino di centinaia di lavoratori e di decine di cantieri pubblici ancora aperti in tutto il Nord.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori