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14 Maggio 2025 - 16:59
foto da Gaza
Non si limitano a dire grazie. Lo incalzano. Dopo aver accolto con favore la presa di posizione dell’amministrazione comunale eporediese sulla crisi in Palestina, i militanti del Presidio per la Pace e del Comitato Ivrea per la Palestinarilanciano. E lo fanno nero su bianco, con una lettera inviata martedì 14 maggio non solo al sindaco Matteo Chiantore, ma anche all’assessora al commercio Gabriella Colosso. Il tono è chiaro: “Abbiamo apprezzato le parole, ora servono i fatti. Ivrea può fare di più. Deve fare di più.”
Non si tratta di una semplice richiesta di solidarietà simbolica, ma di un vero e proprio atto politico, culturale e amministrativo. La proposta è precisa, e – per certi versi – anche radicale: aderire alla campagna “Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana (SPLAI)”, promossa a livello nazionale da BDS Italia, il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni nato su impulso della società civile palestinese.
L’obiettivo? Coinvolgere la città tutta, a partire dagli esercenti, dai luoghi pubblici, dagli uffici comunali e dai luoghi di socialità, in un impegno collettivo: non essere complici, nemmeno in minima parte, del sistema di apartheid e oppressione che lo Stato di Israele, secondo i firmatari, esercita da decenni nei confronti del popolo palestinese. “Non si può restare in silenzio – scrivono – di fronte all’escalation disumana di vittime civili palestinesi e all’inerzia dei governi. Più che una guerra tra eserciti, è un genocidio quello che Israele sta compiendo contro il popolo palestinese a Gaza.”
Parole forti, dirette, che si radicano nel linguaggio della diplomazia internazionale. I promotori della lettera ricordano infatti come Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU per i Territori Palestinesi Occupati, parli da mesi apertamente di genocidio. E sottolineano che anche la Corte Internazionale di Giustizia ha riconosciuto l’esistenza, nei territori occupati, di un regime di apartheid, condannando l’illegalità dell’occupazione israeliana.
La lettera arriva da due realtà ben note al Comune. Il Presidio per la Pace di Ivrea, infatti, ogni settimana si riunisce davanti al Municipio per una veglia silenziosa, diventata nel tempo un appuntamento fisso e simbolico. Il Comitato Ivrea per la Palestina, dal canto suo, ha lavorato in sinergia con l’Amministrazione in passato, partecipando al progetto “Un ponte con Beit Ummar”, volto a rafforzare legami tra Ivrea e la cittadina palestinese attraverso scambi culturali, documentazione e iniziative di sensibilizzazione.
Ed è proprio per questo che il contenuto della missiva, pur riconoscendo i meriti del Comune, non rinuncia a spingere per un impegno più coraggioso. I firmatari apprezzano la scelta del sindaco e dell’assessora di scrivere una lettera alle più alte cariche dello Stato – dal Presidente della Repubblica al Ministro degli Esteri – condannando la strage in corso a Gaza e chiedendo il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina. Una presa di posizione tutt’altro che scontata nel panorama istituzionale italiano, spesso ambiguo e reticente sul tema.
Ma la soddisfazione si accompagna a un’esortazione: “Avete scritto che auspicate la sospensione degli accordi economici, politici e militari con Israele. Ma è tempo di andare oltre gli auspici: sarebbe stato più giusto pretendere, chiedere, pretendere davvero”.
Da qui la proposta: portare Ivrea ad aderire alla campagna SPLAI, come già fatto da decine di associazioni italiane e da grandi città europee come Barcellona, Oslo, Liegi, e Belem in Brasile. SPLAI non è una campagna “contro” qualcuno, ma per la giustizia, spiegano i promotori: si tratta di creare una rete di spazi – reali e virtuali – che dichiarano pubblicamente di non voler essere complici di un sistema coloniale e razzista.
Nella pratica, questo significa escludere dalle forniture e dagli appalti pubblici quelle aziende che, direttamente o indirettamente, traggono profitto dall’occupazione dei territori palestinesi o dalle attività militari israeliane. Ma anche coinvolgere i commercianti della città, invitandoli a esporre una locandina che certifichi l’adesione a un principio etico di base: non alimentare l’apartheid, non sostenere l’ingiustizia.
“È il momento – si legge nella lettera – di intraprendere un percorso che coinvolga tutta la cittadinanza, a partire proprio dalle attività economiche e dai luoghi pubblici. Un gesto simbolico, certo, ma anche estremamente pratico: una dichiarazione d’intenti, un rifiuto consapevole e visibile della complicità”.
Il Comune, secondo i promotori, potrebbe farsi promotore dell’iniziativa, stampando e distribuendo materiali informativi, organizzando momenti pubblici di riflessione e creando una mappa degli “spazi liberi” da pubblicare sul sito istituzionale. Una rete, insomma, che trasformi la solidarietà in azione concreta, in pratica quotidiana, in cultura di pace.
La palla ora passa all’amministrazione. Dopo l’apertura della scorsa settimana, Ivrea è chiamata a decidere se quella lettera era un episodio isolato o il primo passo di un nuovo corso. Il Presidio per la Pace, dal canto suo, continuerà a farsi sentire: ogni sabato, davanti al Municipio, a ricordare che anche una città può fare la differenza. Che anche il silenzio è una scelta. E che la pace non è solo una parola da pronunciare, ma un impegno da costruire, da che parte della storia si vuole stare.
Per approfondimenti sulla campagna “Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana (SPLAI)” il link
Un possibile testo per la locandina
Questo esercizio (o questa Città)
Si dichiara contro la politica di discriminazione, colonizzazione e segregazione che Israele utilizza nei confronti del popolo palestinese e che viola i principi e i dettami del diritto internazionale e le risoluzioni ONU sui diritti umani. Oggi, difronte al genocidio che è in atto ad opera del governo Netanyahu, evidenziamo questa posizione in modo chiaro
a tutte le persone che frequentano questi locali.
Inoltre, aderisce alla campagna
Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana
Che promuove la creazione di una rete di strutture libere da ogni forma di discriminazione. I luoghi che si dichiarano Spazi liberi dall’apartheid israeliana sono contro l’occupazione militare e l’apartheid israeliane, impegnandosi a non contribuire in alcun modo alle gravi violazioni delle libertà fondamentali del popolo palestinese.
Prendendo ispirazione dalla lotta contro l’apartheid in Sudafrica, la campagna Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana è oggi attiva in diversi paesi, tra cui Belgio, Norvegia, Spagna, Italia.
Vi aderiscono caffè, ristoranti, negozi, centri culturali, librerie, cinema, decine di amministrazioni locali
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