È impossibile non notarla. Spunta tra i filari del celebre cru Brunate, affacciata su una delle colline più iconiche delle Langhe, e con la sua veste psichedelica rompe con gentilezza l’armonia del paesaggio, donandogli una nuova vibrazione. La Cappella del Barolo, detta anche Cappella delle Brunate, è diventata negli anni un simbolo visivo e culturale, un luogo dove arte e terra si fondono, trasformando un rudere agricolo in una calamita per appassionati, turisti e fotografi.
La sua storia inizia nel 1914, anno in cui venne costruita non come edificio sacro, ma come riparo per i contadini durante i temporali. Non fu mai consacrata, né usata per funzioni religiose. Per decenni rimase in stato di abbandono, silenziosa testimone dei cambiamenti del paesaggio agricolo. Poi, nel 1970, entra in scena la famiglia Ceretto, nome storico del vino piemontese, che acquista il podere circostante e con esso anche la cappella.
Ma è solo alla fine degli anni ’90 che arriva l’intuizione: trasformare quel guscio vuoto in un’opera d’arte permanente. Il progetto viene affidato a Sol LeWitt, maestro del minimalismo americano, e a David Tremlett, artista britannico celebre per i suoi wall drawings. I due lavorano in sinergia: LeWitt si occupa della facciata esterna, con blocchi di colore accesi, rigorosi e visionari insieme, mentre Tremlett decora l’interno con toni caldi e avvolgenti, creando un ambiente raccolto, quasi meditativo.

Il risultato è sorprendente. La Cappella del Barolo diventa un’icona culturale inaspettata in mezzo ai filari, una galleria d’arte a cielo aperto, che si fa testimonianza concreta di come il linguaggio contemporaneo possa dialogare con la ruralità senza snaturarla. Non è un’attrazione turistica nel senso stretto: è un luogo vivo, accessibile, gratuito, dove l’arte si concede senza filtri. Aperta tutti i giorni dalle 9:00 alle 19:00, raggiungibile a piedi o in bici attraverso i sentieri che solcano i vigneti, è ormai una tappa fissa per chi visita le Langhe.
Il merito di questa rinascita va anche alla visione della famiglia Ceretto, che ha saputo credere nell’arte come valore aggiunto al territorio, non come ornamento. La Cappella del Barolo non è un evento passeggero o un’installazione effimera: è un presidio culturale permanente, una dichiarazione di identità.
E mentre le Langhe conquistano riconoscimenti internazionali, entrando a pieno titolo nel circuito del paesaggio vitivinicolo UNESCO, la cappella colorata di La Morra resta lì, come un faro gentile, a ricordare che bellezza e autenticità possono coesistere, e che la creatività – se rispettosa – può persino esaltare la memoria di un luogo.
Chi ci passa davanti, spesso si ferma. Non solo per fare una foto. Ma per sentire cosa succede quando il silenzio della campagna incontra i colori dell’arte.