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12 Maggio 2025 - 11:02
Ecoreati, un decennio di inquinamento criminale: in Italia quasi 7mila reati dal 2015 e sequestri per oltre un miliardo
C’è voluta una legge attesa 21 anni per dare finalmente un nome e una pena al crimine più impunito del nostro tempo: l’ecoreato. E dieci anni dopo, il bilancio è tanto drammatico quanto necessario: 6.979 reati ambientali accertati dal giugno 2015 a dicembre 2024, 21.169 controlli effettuati, 12.510 persone denunciate e 556 arrestate. E ancora: beni sequestrati per oltre 1,1 miliardi di euro, in gran parte collegati a traffici illeciti, inquinamento diffuso e disastri ambientali che hanno colpito territori, comunità e risorse naturali in modo irreversibile.
A raccontare tutto questo è il report diffuso da Legambiente e Libera, in occasione della conferenza “ControEcomafie” che si terrà a Roma il 16 e 17 maggio, in collaborazione con l’Università Roma Tre e l’associazione Casa Comune. Numeri alla mano, emerge con chiarezza come i crimini ambientali non siano più “reati senza volto”, ma fenomeni strutturati, spesso organizzati, che trovano terreno fertile soprattutto nei territori più fragili o inquinati anche dalla presenza mafiosa. Il 40,5% degli illeciti, infatti, è concentrato in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, le quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa.
La Campania guida la classifica dei reati, seguita da Sardegna e Puglia. Quest’ultima, con 540 illeciti, è però prima per numero di arresti: ben 100. La Lombardia, al quarto posto con 498 reati, conferma quanto il crimine ambientale sia ormai diffuso anche al Nord, mentre la Sicilia è prima per valore dei beni sequestrati: 432,1 milioni di euro, e seconda per numero di persone denunciate. A sorprendere è anche la posizione del Trentino-Alto Adige, sesto in classifica con 374 reati, a conferma che nessun territorio è immune.
Inquinamento ambientale
Ma quali sono i delitti più comuni? In cima alla lista c’è l’inquinamento ambientale, reato che prima del 2015 non esisteva nemmeno nel codice penale italiano. Seguono il traffico organizzato di rifiuti, il disastro ambientale, l’omessa bonifica e i delitti colposi contro l’ambiente, tutte fattispecie introdotte o rafforzate dalla riforma voluta nel 2015. In alcuni casi, gli inquinamenti hanno portato morte o lesioni gravi, con 19 reati accertati legati direttamente a queste conseguenze tragiche.
Il dato forse più sconcertante è che, per ogni tre controlli eseguiti, emerge almeno un reato penale. Un’incidenza altissima, che mostra quanto il fenomeno resti sommerso e quanto ancora la repressione, seppur rafforzata, sia lontana dall’essere deterrente. «Questa è stata una riforma di civiltà – dichiarano Legambiente e Libera – che ha permesso di trasformare denunce in processi, e processi in condanne. Ma ora servono altre leggi, a partire dal recepimento della nuova direttiva UE sulla tutela penale dell’ambiente».
L’Italia ha fatto un primo passo, ma l’emergenza ambientale non aspetta i tempi della giustizia. Gli ecoreati sono reati contro tutti, perché colpiscono l’acqua, l’aria, la terra. E chi pensa che siano solo affari per ambientalisti o magistrati, farebbe bene a leggere quei numeri: dietro ogni euro sequestrato, c’è un danno reale alla salute, all’agricoltura, alla biodiversità. Una decade dopo, la legge sugli ecoreati è più attuale che mai. Ma ora serve una stagione nuova di repressione, prevenzione e consapevolezza collettiva. Perché l’ambiente è un bene comune. E chi lo distrugge, non può continuare a farla franca.
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