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La rivoluzione della gentilezza: a Ivrea gli infermieri di domani imparano l'arte del prendersi cura con il cuore

Scoprire la forza della gentilezza nella cura: un viaggio emotivo tra studenti e professionisti alla Facoltà di Infermieristica di Ivrea.

La rivoluzione della gentilezza: a Ivrea gli infermieri di domani imparano l'arte del prendersi cura con il cuore

In un’epoca in cui tutto corre e anche l’assistenza rischia di diventare fredda procedura, alla Facoltà di Infermieristica di Ivrea si è deciso di fermarsi. Respirare. E ripartire da una parola gentile.

Il 5 e l’8 maggio gli studenti del primo e secondo anno hanno partecipato a due laboratori fuori dall’ordinario: niente siringhe, camici o anatomia, ma giochi, riflessioni, sorrisi e qualche nodo in gola. Il tema? La gentilezza. Quella vera, non quella da frasi fatte. Quella che serve quando sei in corsia, davanti a una persona fragile, e devi trovare la parola giusta per curare senza ferire.

A guidare questi incontri sono stati Luca Nardi, anima del progetto internazionale Costruiamo Gentilezza, e Luigi Piatti, presidente dell’Associazione Radio Spazio Ivrea. Due figure diverse, un unico obiettivo: trasformare le parole in strumenti di cura.

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Tra i momenti più intensi, il gioco “Pensieri gentili per…”: ogni studente ha scritto messaggi destinati a colleghi, docenti, personale. Frasi semplici, che hanno però riempito l’aria di emozione. C’è chi ha detto “grazie” per la prima volta, chi ha scritto “sei importante” a un compagno che pensava di non esserlo. Le pareti dell’università si sono coperte di post-it colorati, come se la gentilezza avesse preso forma.

Poi è arrivato l’Abbecedario delle Parole Gentili: dalla A di ascolto alla Z di zelo, ogni parola è stata scelta, condivisa e commentata. Il risultato? Un podcast, che sarà trasmesso il 22 maggio su Radio Spazio Ivrea in una puntata speciale del programma Spazio Costruiamo Gentilezza. Una voce collettiva che racconta un nuovo modo di essere infermieri.

Ma la parte più potente è arrivata da un sondaggio. A 98 studenti è stata posta una semplice domanda: qual è la frase più difficile da dire? La risposta, quasi a sorpresa, è stata “Ho bisogno di aiuto”. Il 48,98% ha ammesso che serve molto coraggio per pronunciarla. Subito dopo, “Ti voglio bene” e “Scusa”. Le più facili? “Come stai?” e “Ti posso aiutare?”. Segno che donarsi è più semplice che esporsi. Ma anche che serve educazione emotiva per diventare professionisti capaci non solo di fare, ma di essere accanto.

Il merito di tutto questo va anche alla direzione della Facoltà, grazie all’impegno di Diego Targhetta Dur e Roberta Sturaro, che hanno creduto in questo progetto e l’hanno sostenuto. Perché la gentilezza, come dimostrano questi laboratori, non è debolezza, ma forza. Non è un optional, è un’urgenza.

E proprio all’università, dove si formano i curanti di domani, c’è bisogno di ricordare che “Come stai?” può valere più di mille manuali. E che dire “Ho bisogno di aiuto” è il primo passo per costruire una relazione autentica, e forse anche un mondo più umano.

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