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07 Maggio 2025 - 16:36
IMU e TARI 2025, tutto quello che c’è da sapere: date, regole e novità per non farsi trovare impreparati
Non sarà sufficiente trovare tracce di droga nel corpo per essere puniti se si guida un veicolo: occorrerà dimostrare che l’assunzione è avvenuta da poco e che la sostanza è ancora attivamente presente nell’organismo, alterando la capacità di stare al volante. È quanto chiarisce una circolare congiunta dei Ministeri dell’Interno e della Salute, diffusa a prefetti e questori per spiegare i nuovi criteri applicativi introdotti dal Codice della Strada 2025.
La normativa, che sembrava inizialmente prevedere una tolleranza zero nei confronti di qualsiasi assunzione, in realtà introduce un criterio molto più tecnico. Non basta più — o non basta ancora — il semplice esito positivo di un test urinario. Serve un collegamento temporale diretto tra l’assunzione della sostanza e l’atto di guidare, tale da far ritenere che gli effetti siano ancora in corso. In sintesi: si punisce chi è alla guida sotto l’effetto della droga, non chi l’ha assunta giorni prima.
Questo perché, come spiegato nella circolare, “la presenza di sostanze nelle urine non è sufficiente a dimostrare uno stato di alterazione in atto”. Serve invece l’analisi di matrici biologiche più affidabili, come sangue e fluido orale: solo lì si possono rilevare molecole attive o metaboliti che segnalano un’intossicazione ancora efficace. Si tratta di un cambiamento che tiene conto dell’attuale stato della ricerca scientifica e tossicologica, e che modifica sensibilmente le prospettive per chi viene fermato e sottoposto a controlli.
Droga e Codice delle Strada
La circolare, firmata dai due ministeri, sottolinea inoltre che la nuova formulazione legislativa si basa sull’espressione “dopo aver assunto”, ma questa non implica un automatismo. Serve sempre un’attenta valutazione medico-legale, supportata da test e dati temporali. Un esempio: chi ha fumato uno spinello tre giorni prima, ma guida lucido, non rientra nei criteri sanzionatori. Diverso il caso di chi ha assunto cocaina o cannabis poche ore prima, e viene trovato con concentrazioni ancora attive nel sangue.
Resta ferma la possibilità per la Motorizzazione o le autorità sanitarie di utilizzare l’esito delle analisi urinarie per valutare l’idoneità psicofisica al mantenimento della patente. Ma questo è un percorso parallelo, legato più alla prevenzione a lungo termine che alla sanzione penale o amministrativa immediata.
In sostanza, la nuova disciplina si sposta su un terreno più scientifico e meno automatico, lasciando cadere la presunzione per cui “presenza uguale colpa”. Un approccio che cerca di coniugare repressione e giustizia, tutelando la sicurezza stradale senza scivolare nella criminalizzazione del passato. Ora toccherà alle forze dell’ordine applicare correttamente la norma, e ai conducenti essere consapevoli che ciò che fa davvero la differenza è il tempo e l’effetto reale della sostanza. Non la sua sola memoria biologica.
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