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05 Maggio 2025 - 11:56
Il Martinetti di Caluso contro la mafia: le voci della memoria per educare alla legalità
Una testimonianza che lascia il segno, che scuote, che non si dimentica. Nelle scorse settimane, l’Istituto Martinetti di Caluso ha aperto le sue porte alla memoria viva delle stragi di mafia, ospitando un incontro pubblico destinato agli studenti delle classi quarte e quinte, all’interno del percorso didattico dedicato all’educazione alla legalità. Un’occasione che ha permesso ai giovani di toccare con mano la storia del nostro Paese, attraverso le parole di chi l’ha vissuta sulla propria pelle: Angelo Corbo, ex agente della scorta di Giovanni Falcone, e Claudia Loi, sorella dell’agente Emanuela Loi, uccisa nell’attentato di via D’Amelio accanto a Paolo Borsellino.
L’evento, realizzato in collaborazione con l’istituto “Erasmo da Rotterdam”, ha visto la partecipazione consapevole e preparata di tutti gli studenti coinvolti, che non hanno solo ascoltato, ma si sono immersi in un viaggio emotivo e civile tra il dovere e la memoria, tra la tragedia e la resistenza.
Angelo Corbo ha raccontato la sua esperienza nella scorta di Falcone, dal 1990 fino al giorno della strage del 23 maggio 1992. Tra i quattro sopravvissuti di Capaci, Corbo ha ricordato come, a Palermo, Falcone fosse visto dai ragazzi come un simbolo di speranza. Ha rivelato che pochi volevano davvero far parte della sua scorta, sapendo che accompagnarlo significava condividere un destino segnato. Lo chiamavano “un morto che cammina”, e lui stesso ne era consapevole. Il giorno dell’attentato, Corbo si trovava in coda al convoglio, impegnato nel controllo del retro. Le voci su un possibile attentato circolavano da tempo, ma nessuno si aspettava una modalità così violenta: non uno scontro a fuoco, ma un’azione militare volta a eliminare non solo l’uomo, ma la sua idea di giustizia.
Incontro al Martinetti di Caluso
Dopo l’esplosione, ha raccontato, la consapevolezza era chiara: quella guerra non si poteva vincere, ma andava comunque combattuta, fino alla fine e anche a costo della vita. Corbo ha detto di non sentirsi “fortunato”, ma “un sopravvissuto con un peso enorme sulle spalle”, e ha rivolto un appello agli studenti a restare uniti, a fare squadra, a non cedere all’indifferenza, perché la criminalità oggi non spara, ma agisce nel silenzio, alimentata dal disinteresse collettivo.
Profonda e toccante anche la voce di Claudia Loi, che ha riportato il dolore privato della sua famiglia, travolta dalla strage di via D’Amelio. Ha ricordato come la sorella Emanuela fosse stata assegnata eccezionalmente alla scorta di Borsellino solo quella sera, e che la notizia della sua morte arrivò in casa attraverso il telegiornale. Claudia ha confessato quanto le pesi ancora l’omertà e la distrazione sociale verso il fenomeno mafioso, ma ha anche espresso fiducia nei giovani e nella possibilità di costruire un’Italia diversa, a partire dall’impegno quotidiano e dal senso civico.
L’incontro si è chiuso con le riflessioni del corpo docente del Martinetti, che ha ribadito l’importanza di queste iniziative per tenere viva la memoria e contrastare la rimozione collettiva. Le ferite aperte di Capaci e via D’Amelio continuano a interrogare le istituzioni, anche perché i mandanti restano ancora senza volto, e la giustizia piena non è mai arrivata. Ma eventi come questo aiutano a salvare le storie dalla dimenticanza, a trasformare il dolore in strumento educativo, a rendere la scuola presidio di democrazia e coscienza critica.
A Caluso, la legalità non è stata solo una parola scritta in un regolamento scolastico, ma un incontro tra vite vere e cuori giovani, un momento in cui il passato ha camminato tra i banchi e ha chiesto silenzio, attenzione e futuro.
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