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Cronaca
04 Maggio 2025 - 20:19
Presidenzialismo sta a cuore alla premier Giorgia Meloni che l'ha ribadito di recente all'AdnKronos :"Ci riusciremo"
Con la tenacia di un maratoneta, la Lega non molla la presa sulla riforma dell’Autonomia differenziata, sua bandiera storica. Il motore della corsa è sempre Roberto Calderoli, ministro per gli Affari regionali e l’Autonomia, che ha annunciato di avere pronto il testo della legge delega per la determinazione dei Lep, i Livelli essenziali di prestazione. La presenterà in Consiglio dei ministri la prossima settimana, o al massimo quella successiva. Lo ha detto lui stesso nel suo mini tour tra Trento e Bolzano, dove oggi si vota per le Comunali. Dopo le correzioni imposte dalla Corte Costituzionale con la sentenza di dicembre – che ha bocciato alcune parti del primo testo – la nuova delega è pronta a passare a Palazzo Chigi e subito dopo in Parlamento.
ROBERTO CALDEROLI
La nuova versione individua i Lep non più per materie, ma per funzioni, come richiesto dalla Consulta, e fissa gli standard minimi di servizio pubblico indispensabili per garantire i diritti civili e sociali in modo uniforme, da Nord a Sud. I campi toccati sono vasti: lavoro, istruzione, urbanistica, trasporti, ambiente, energia. L’obiettivo di Calderoli è chiudere tutto entro la fine dell’anno.
In parallelo va avanti il tavolo delle trattative con le quattro Regioni – Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria – che hanno chiesto forme differenziate di autonomia anche su materie non Lep. Dopo alcuni attriti con ministeri non leghisti su funzioni delicate come la Protezione civile, il negoziato riprende slancio. E cresce l’ipotesi che anche gli alleati più cauti, in primis Forza Italia, possano cedere sotto la pressione degli amministratori meridionali, timorosi di nuove fratture tra Nord e Sud.
È lo scenario sognato da Matteo Salvini, che al congresso della Lega in aprile ha messo nero su bianco il binomio politico: “Vanno insieme, mano nella mano”. L’Autonomia e il Premierato, due riforme gemelle. Una coppia che, secondo le opposizioni, puzza di baratto politico tra Fratelli d’Italia e Lega. Non è un mistero che il Presidenzialismo stia a cuore alla premier Giorgia Meloni, che di recente ha ribadito all’AdnKronos: “Ci riusciremo”.
Giorgia Meloni e Matteo Salvini
Proprio oggi i vertici del suo partito hanno insistito sul fatto che la vera priorità sia la “madre di tutte le riforme” – copyright Meloni – ben più della legge elettorale. Ma è inevitabile che una riforma che rafforza i poteri del capo del governo debba ridefinire anche il resto dell’impianto istituzionale, a partire proprio dalla legge elettorale.
Il centrodestra ci lavora sottotraccia. Anche perché il Premierato, da dieci mesi, è bloccato alla Camera al secondo dei quattro passaggi previsti. Difficile pensare che l’iter si completi entro la legislatura, o che si riesca a convocare il referendum confermativo.
La bozza di riforma elettorale in cantiere prevede di eliminare i collegi uninominali, per arginare il rischio di nuove alleanze a sinistra specie nel Mezzogiorno, e introdurre un sistema proporzionale con un premio di maggioranza del 15% per la coalizione che supera il 40%. Sulla scheda, verrebbe indicato il candidato Premier, mentre per i partiti più piccoli si immagina una soglia di sbarramento tra il 3 e il 5%.
Per ora, però, più fonti di maggioranza confermano: non ci sono novità immediate, né confronti all’orizzonte. Ma nel cantiere delle riforme, tra Roma e le Regioni, si continua a scavare.
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