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02 Maggio 2025 - 13:17
L’Oasi degli Animali rischia la chiusura: “Se non riapriamo, gli animali cosa mangiano?”
Il gufo reale è tornato. L’aquila delle steppe, chissà. Ma l’Oasi degli Animali di San Sebastiano da Po, dopo l’alluvione del 17 aprile, è in ginocchio. E ora rischia la chiusura. Non per mancanza di volontà, non per disorganizzazione, ma perché i due accessi stradali sono sbarrati dalle frane. Nessun visitatore può più arrivare. Nessun biglietto staccato. Nessuna entrata. E se non entra denaro, non entra nemmeno il cibo. Un paradosso, doloroso, che rischia di trasformare un paradiso per gli animali selvatici in una trappola senza via d’uscita.
Il grido d’allarme è partito proprio mentre il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, saliva in collina per visitare i luoghi devastati dal maltempo, ieri. Era il Primo Maggio, festa del lavoro. Ma da queste parti, a Cavagnolo, Monteu da Po, Lauriano, San Sebastiano da Po, Castagneto e San Raffaele, più che di festeggiamenti si parlava di fanghi, cantine allagate, laboratori chiusi e frane. E di uno stato di calamità promesso, atteso, ma ancora non concretamente operativo.
Quando Cirio è arrivato all’Oasi – una delle ultime tappe della giornata – ha trovato recinti spezzati, strutture piegate e centinaia di animali messi in sicurezza con l’unica arma possibile: la dedizione. È bastata una giornata di pioggia intensa per mettere in ginocchio un ecosistema fragile ma prezioso, salvato solo dall’intervento immediato dello staff e dei volontari. “In mezzo alla pioggia e alle frane, i ragazzi hanno fatto l’impossibile” raccontano dal parco. E non è un modo di dire. Chi ha mai accudito animali selvatici lo sa: non puoi semplicemente ‘chiudere’.
Ma adesso c’è un nuovo problema, forse ancora più subdolo: il tempo. Perché l’Oasi è viva, ma se resta isolata ancora per giorni, sarà la burocrazia a condannarla.
A guidare Cirio tra i sentieri del parco, oltre all'amministrazione comunale di San Sebastiano, è stata Sarah Disabato, consigliera regionale del Movimento 5 Stelle. Che da subito ha messo in chiaro le priorità: “Gli accessi all’Oasi sono entrambi chiusi. Serve un intervento immediato. Se il parco non incassa, gli animali cosa mangiano?”.
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La visita di ieri delle istituzioni
Una domanda retorica, ma anche profondamente concreta. L’Oasi vive grazie ai visitatori, alle scolaresche, alle famiglie. Vive grazie a chi paga un biglietto per vedere da vicino cervi, gufi, volpi e scoiattoli salvati da incidenti, maltrattamenti o sequestri delle forze dell’ordine. Sì, perché molti degli animali ospitati qui non sono semplicemente “recuperati”, ma affidati dallo Stato. Un altro motivo per cui la Regione non può voltarsi dall’altra parte.
Disabato è chiara: “Ho chiesto al presidente di monitorare la situazione, di prevedere un sostegno, di sollecitare il ripristino della strada. Il danno, secondo i tecnici, potrebbe richiedere tempi lunghissimi. Ma io non credo sia così grave. Se c’è la volontà politica, si può risolvere in fretta”.
E poi l’aspetto economico: “Ammesso che si possano dare ristori ai privati, non coprirebbero ciò che serve davvero. La Regione deve intervenire con risorse proprie. Qui ci sono animali sequestrati, gestiti per conto delle istituzioni. Serve una messa in sicurezza urgente dell’accesso: è l’unica via d’uscita”.
Al momento, l’Oasi sopravvive grazie alla generosità dei privati. È stato attivato un IBAN per le donazioni (IT33U0608538190000000024322, causale: emergenza parco) e anche un canale su Satispay. Ma non si può vivere di donazioni a tempo indeterminato. Non quando ogni giorno bisogna nutrire decine di specie diverse, gestire cure veterinarie, manutenzione, sicurezza.
Il presidente Cirio ha ascoltato, ha preso appunti, ha stretto mani.. Ma adesso – chiedono in molti – servono risposte. Concrete. Immediate. Il decreto per lo stato di calamità è stato trasmesso a Roma, ma la paura è che la collina chivassese possa finire nel dimenticatoio.
Eppure basta venire qui, all’Oasi, per capire. Anche adesso, con la strada interrotta, c’è vita. Ci sono occhi che ti scrutano dai recinti divelti, piume che si asciugano al sole, un silenzio che grida. E c’è la speranza, ostinata, di chi non vuole mollare.
“Il parco c’è. È in piedi. Ferito, sì, ma non sconfitto.”
Un messaggio che non dovrebbe restare isolato. Perché in questo angolo di Piemonte si combatte ogni giorno una battaglia silenziosa. Per la natura, per la dignità, per non essere dimenticati. E in quella battaglia, ognuno può fare la sua parte.
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