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Torino riscopre la sua storia sotto i portici: una palla di cannone, un’antica targa e tracce della Sindone riaffiorano dal passato

Durante i restauri a palazzo Barbaroux e in via Giolitti affiorano reperti che raccontano l’assedio del 1706, la memoria urbana cancellata e la vita quotidiana di un’altra epoca. Un viaggio tra storia, fede e dettagli dimenticati che riaffiorano sotto gli occhi di chi sa osservare

Torino riscopre la sua storia

Torino riscopre la sua storia sotto i portici: una palla di cannone, un’antica targa e tracce della Sindone riaffiorano dal passato

Una palla di cannone sotto i portici di piazza San Carlo. Un nome antico, “via dell’Ospedale”, nascosto sotto una targa moderna. Un’edicola scomparsa. Tracce della Sindone. Non è una sceneggiatura, ma quanto sta accadendo nel cuore di Torino, dove i lavori di restauro stanno riportando alla luce la storia vera, concreta, sepolta a pochi centimetri dalla vita quotidiana.

Tutto è cominciato sotto i portici di palazzo Barbaroux, dove la ditta Ima Costruzioni, impegnata in un intervento di recupero, ha rinvenuto una palla di cannone incastonata in un muro. Una scoperta che ha sorpreso persino gli operai. “L’abbiamo trovata per puro caso,” racconta Alessandro Aguì, “ed è stato come toccare un pezzo di storia con le mani”. Si tratterebbe della diciassettesima palla di cannone scoperta a Torino, molto probabilmente risalente al famoso assedio del 1706, quando la città resistette alle truppe francesi in uno degli episodi più iconici del suo passato bellico. Le analisi stabiliranno la datazione precisa, ma il simbolo è già potente.

Ma non è finita. Poco distante, sotto la targa di via Giolitti, emerge una lastra più antica con inciso “via dell’Ospedale”, nome che rimanda a quando l’attuale Museo di Scienze Naturali era un ospedale attivo, pulsante, centrale nella vita pubblica torinese. Una scoperta che riscrive la toponomastica cittadina e riporta l’attenzione su una memoria urbana cancellata col tempo, ma ancora viva sotto la superficie.

Ancora più curiosa è la riscoperta dell’edicola perduta all’angolo tra piazza San Carlo e via Giolitti. Le foto d’epoca mostrano un garzone che vende giornali accanto a una rastrelliera, proprio nel punto dove oggi il basamento non è intonacato. Un piccolo vuoto che diventa testimonianza tangibile di una quotidianità scomparsa, fatta di carta stampata e voci per strada, quando l’informazione si consumava tra il profumo dei croissant e il vociare dei passanti.

E poi c’è la Sindone. O meglio, le targhe con la sua effigie, un tempo presenti ai quattro angoli di piazza San Carlo. Alcune sono scomparse sotto le bombe della guerra. Ma quelle poste tra Banca Sanpaolo e Caffè Torino sono ancora lì, immobili, resistenti. Un frammento di fede che ha attraversato i secoli e continua, silenzioso, a vegliare sulla città.

Queste scoperte sono molto più di semplici curiosità da cronaca locale. Sono una finestra aperta su una Torino stratificata, complessa, pulsante di memoria. In un’epoca dove tutto corre veloce, dove si abbatte e si ricostruisce senza troppi scrupoli, fermare lo sguardo su una palla di cannone o su una vecchia targa significa ricordare chi siamo e da dove veniamo. Significa dare un senso profondo ai luoghi, restituire voce alle pietre, riscoprire che la città non è solo architettura, ma narrazione, identità, resistenza.

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