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Sanità
24 Aprile 2025 - 09:31
Città della Salute sotto processo: sedici ex dirigenti a giudizio per anni di bilanci sospetti e manovre contabili irregolari
Sedici nomi, sedici incarichi di vertice nella sanità pubblica piemontese, sedici posizioni al centro di un processo che si annuncia lungo e pieno di ombre. È l’inchiesta sulla Città della Salute di Torino, tra le più grandi aziende ospedaliere italiane, a portare in aula quelli che fino a ieri erano i custodi della macchina contabile. Direttori generali, amministrativi, responsabili dell’intramoenia e della programmazione sanitaria: tutti sotto accusa per un presunto sistema di manipolazione dei bilanci durato dieci anni, dal 2013 al 2023.
Le carte dell’accusa, firmate dai pm Mario Bendoni e Giulia Rizzo, parlano di truffa aggravata e falso ideologico in atto pubblico. Al centro, la mancata rilevazione nei bilanci del fondo Balduzzi, obbligatorio per legge e destinato a trattenere il 5% dei compensi della libera professione. Una trattenuta che, secondo l’ipotesi investigativa, non sarebbe mai avvenuta: i medici avrebbero continuato a percepire l’intero compenso, con un danno per l’azienda e un vantaggio personale occultato da un impianto contabile compiacente.
Ma c’è di più. Tra le righe dei documenti spunta anche la gestione disinvolta di crediti ormai prescritti, apparentemente mantenuti nei bilanci per alterarne l’apparente solidità economica. Un’operazione che, se confermata, delineerebbe una regia interna ben organizzata, fatta di silenzi, taciti accordi e una prassi amministrativa fondata sull’elusione.
Crisi sanità Piemonte
Nomi come Giovanni La Valle, Gian Paolo Zanetta, Silvio Falco e Andreana Bossola emergono tra gli imputati principali. Figure storiche della sanità piemontese, oggi in attesa di chiarire la propria posizione davanti ai giudici. A puntare il dito per primi sono stati alcuni membri del collegio sindacale, insospettiti da movimenti di bilancio troppo simili a escamotage contabili. L’esposto in procura ha innescato un’indagine capillare, che ha già prodotto una scrematura degli indagati – da 25 a 16 – senza però indebolire l’impianto accusatorio.
La difesa non resta in silenzio. L’avvocata Natascia Taormina, che rappresenta La Valle e Borghese, rivendica uno sforzo documentato nel riordino della contabilità interna, denunciato alle autorità ben prima dell’apertura dell’indagine. «Non c’era dolo, ma una volontà di sistemare un caos pregresso» sostiene. Più spiazzante la versione di Beatrice Borghese, che in procura ha descritto una prassi consolidata di aggiustamenti informali degli stipendi medici, senza mai lasciare tracce scritte: un’amministrazione parallela, fatta di accordi verbali, appunti volanti e scelte opache.
Il processo, atteso in aula nelle prossime settimane, si preannuncia come uno spartiacque per la sanità piemontese. La posta in gioco è altissima: non solo la sorte di sedici ex dirigenti, ma anche la fiducia dei cittadini in una delle istituzioni più cruciali del territorio. Una fiducia già provata da tagli, ritardi e scandali, e ora messa ulteriormente alla prova da una vicenda che affonda nel cuore della gestione pubblica. Quanto si sapeva davvero, dentro e fuori le stanze della direzione? Quanto era consapevole e quanto frutto di inerzia? E soprattutto, quali saranno le conseguenze per il futuro della Città della Salute?
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