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15 Aprile 2025 - 19:05
Un barattolo per re Carlo, un’Italia da gustare: Meloni celebra Ferrero con il dono più affettuoso (foto di repertorio)
“Quando Pietro Ferrero ha iniziato a produrre nel suo laboratorio la pasta gianduiotto che distribuiva con la sua Topolino, non avrebbe potuto immaginare che sarebbe arrivato il giorno in cui il primo ministro italiano avrebbe regalato un barattolo di Nutella al re d’Inghilterra”. Parole semplici, quasi sorprendenti per il contesto solenne, pronunciate con orgoglio da Giorgia Meloni alla cerimonia dei Premi Leonardo, nel salone monumentale di Villa Madama. Un ricordo che è diventato simbolo del Made in Italy contemporaneo: affettuoso, concreto, globale, ma anche profondamente umano.
A pochi metri da lei, il destinatario dell’omaggio – almeno ideale – era Giovanni Ferrero, presidente esecutivo del gruppo dolciario omonimo, premiato per aver portato nel mondo un’eccellenza italiana diventata mito pop. Ma al centro della scena non c’era solo il manager, né soltanto l’azienda: c’era una storia italiana che ha attraversato generazioni, guerre, ricostruzioni, colazioni, e che oggi si ritrova tra le mani di un sovrano europeo sotto forma di barattolo personalizzato.
Quel barattolo – la Nutella, crema di nocciole e cacao amata in tutto il pianeta – non è arrivato a Carlo III da solo. Meloni ha raccontato di averlo accompagnato con un biglietto scritto a mano, un vero e proprio “manuale d’uso del conforto”:
“In una domenica di pioggia, se dovessi essere un po’ giù di corda, indossa il tuo miglior pigiama, siediti sul divano, accendi la serie tv che volevi vedere da molto tempo, prendi un cucchiaino e apri questo regalo. Ti sentirai meglio”.
Dietro quelle parole – informali, affettuose, inedite – si cela una visione ben più ampia. È la consapevolezza che un prodotto industriale italiano non è solo merce da esportare, ma veicolo di emozioni, identità, benessere. Meloni lo dice chiaramente: “I prodotti italiani si affermano nel mondo perché fanno bene, anche al cuore. Non vincono per il prezzo, ma perché sono imbattibili sulla qualità”.
È un’idea di soft power culturale e affettivo, di diplomazia che passa anche dal cibo e dalla gentilezza, in cui l’Italia si presenta come paese del gusto e della bellezza, ma anche della cura, della sensibilità, della capacità di parlare al mondo con i sensi prima che con i numeri.
Quel riferimento alla Topolino – l’automobile con cui Pietro Ferrero consegnava la sua pasta gianduiotto nella difficile Italia del dopoguerra – non è casuale. È una fotografia della fatica che ha accompagnato le origini di un impero dolciario, ma anche di una nazione in cammino, che ha saputo trasformare la scarsità in creatività, l’ingegno artigianale in industria, il sapore locale in icona globale.
La Nutella non è nata per diventare un simbolo di Stato, eppure oggi viene regalata al re d’Inghilterra dalla presidente del Consiglio italiana come manifesto della nostra identità produttiva, dell’equilibrio tra tradizione e innovazione, tra radici e visione internazionale. È una vicenda imprenditoriale che si fa racconto politico, esattamente come il biglietto consegnato a re Carlo si trasforma in una narrazione diplomatica inedita, in cui la vicinanza tra Paesi passa attraverso un cucchiaino e un sorriso.
L’aneddoto raccontato da Meloni va ben oltre la cronaca dell’incontro con la monarchia britannica. È una lezione di comunicazione politica e culturale, un modo per restituire valore al concetto di “eccellenza italiana” svincolandolo dalla pura competizione economica.
Non è la Nutella a vincere: è ciò che rappresenta. E cioè una qualità fatta di storia, persone, scelte, che si afferma non solo nei mercati, ma anche nei cuori. In questo senso, il gesto non è solo simbolico: è performativo. Il re non riceve un oggetto, ma una piccola esperienza da vivere. Non un dono da esibire, ma una pausa da concedersi, un invito alla semplicità, al contatto umano, a quella italianità affettuosa che resiste, anche quando la politica sembra solo conflitto.
Il racconto della Nutella a re Carlo è anche un elogio della continuità imprenditoriale. In un Paese spesso ostaggio della discontinuità, vedere sul palco Giovanni Ferrero – a capo di un colosso ancora familiare, ancora radicato ad Alba, eppure protagonista dell’agroindustria globale – è un segnale forte.
È la dimostrazione che il sistema Italia ha ancora carte da giocare, purché sia capace di credere nella sua filiera di qualità, nella sua manifattura, nella cultura del prodotto ben fatto, pensato per durare e per emozionare. Non è un caso che la premier abbia inserito quel gesto nel quadro dei Premi Leonardo, evento nato per premiare le eccellenze italiane che si distinguono nel mondo.
Meloni non si limita a omaggiare Ferrero: utilizza il suo esempio per fare una dichiarazione di metodo, una visione di sviluppo nazionale che non può prescindere dalla riconoscibilità e dal valore simbolico delle nostre produzioni.
Cosa resta, allora, di un barattolo regalato al re? Resta un’immagine potente, capace di unire memoria, cultura, strategia e cuore. Resta un pezzo di Italia consegnato in modo inatteso, ma non per questo meno consapevole. Resta la consapevolezza che l'identità di un Paese si costruisce anche nei piccoli dettagli, negli oggetti quotidiani che diventano specchi di valori più grandi.
E se oggi la Nutella può salire fino al trono, lo deve anche a una storia di fatica, di visione e di qualità. Lo deve a chi ha saputo trasformare una pasta di nocciole distribuita con la Topolino in un’icona globale, in un simbolo del gusto e della tenerezza, in un ponte tra generazioni e nazioni.
Meloni lo ha capito. E, scegliendo di offrirla a re Carlo, ha ricordato a tutti – con un cucchiaino e un biglietto – che ci sono cose che valgono più di mille parole. E spesso si possono spalmare.
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