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Sicurezza a Ivrea. Dalla percezione alla tiritera, dalle chiacchiere all'assemblea del Pd

Dopo le nuove effrazioni, scoppia la rabbia. Volano parole grosse anche tra sindaco, opposizione e commercianti. E ora il Pd convoca una riunione sulla sicurezza

Massimiliano De Stefano, Francesco Giglio e Luca Spitale

Massimiliano De Stefano, Francesco Giglio e Luca Spitale

E si torna a parlare dell’autosilo di via Castiglia. Si torna a farlo con il solito copione: spacciatori che vanno e vengono, porte basculanti forzate, sporcizia ovunque, lattine, bivacchi, biciclette rubate. Almeno due. C’è chi, esasperato, ha deciso di imbullonare la porta della cantina che affaccia sulla Dora: “Eravamo stufi di cambiare il lucchetto”, raccontano i residenti.

Lunedì, dopo l’ennesima scoperta di effrazioni, sono stati chiamati i carabinieri.

Il complesso dell’autosilo è diviso in due parti: il piano terra e l’ultimo livello scoperto sono gestiti da Ivrea Parcheggi, con stalli a pagamento. I due piani centrali, invece, ospitano box sfitti, accessibili da via Castiglia. È lì che si concentra il degrado.

Alle assemblee di condominio, a cui partecipa anche l’assessore Fabrizio Dulla in rappresentanza del Comune, si torna ciclicamente a parlare di porte, telecamere, sorveglianza privata. Ma, al netto delle buone intenzioni, non è stato fatto ancora nulla.

Tant’è! Il problema, oltre al degrado, sono anche le parole. In particolare quelle pronunciate dal sindaco Matteo Chiantore:
«Nel piano di potenziamento delle telecamere, due sono dedicate proprio all'autosilo», ha detto. «Dopodiché mi confronterò con le forze dell'ordine. Se certi fenomeni si spostano, semplicemente non abbiamo risolto il problema».

Non l'avesse mai detto. Apriti cielo. Su una delle chat dei commercianti, “incazzati” da mo', sono cominciati a volare, se non proprio insulti, un bel po' di "missili".

Elisabetta Piccoli

Via castiglia

«Non c'è alcuno spostamento. Anche questa situazione era già presente da molto tempo. Vogliono farci credere che ora si spostano a delinquere…». Fuori uno.
«Le istituzioni sono troppo assenti e non stanno gestendo a dovere la criminalità crescente a Ivrea. Il problema esiste eccome!». Fuori due
«La situazione, già critica da anni in quella zona, è solo peggiorata da quando ci sono i controlli alla stazione. Non si sono spostati solo ora i tossici e gli spacciatori». Fuori tre
«Sono disgustata e molto triste per questa situazione. Non riconosco più la mia città». Fuori quattro
«Ieri sera, passando in auto su via Cascinette, ho visto due ragazzi che hanno tirato giù un vaso davanti all’Amplifon…». Fuori cinque. E poi sei, sette, otto, nove...

E così, come un flashback, torna alla mente il consiglio comunale dello scorso novembre. Quando sul tavolo atterrò una mozione delle Opposizioni dedicata proprio a via Castiglia. A presentarla ci pensò la consigliera Elisabetta Piccoli, furiosa come non l’avevamo mai vista. Inferocita. Pronta a combattere senza se e senza ma.

All’ordine del giorno: criminalità, illuminazione pubblica, decoro cittadino. Il tutto dopo un accoltellamento nel sottopasso che collega via Aldisio a via Arduino, a due passi dall’autosilo.

Secondo Piccoli e tutta l’opposizione, Ivrea stava vivendo una situazione di degrado crescente. Zone come via Castiglia, il Silos, il Movicentro, San Lorenzo sono da anni teatro di furti, bivacchi, occupazioni abusive e aggressioni.

La mozione conteneva anche un elenco di soluzioni: più telecamere, manutenzione delle aree degradate, tavolo permanente con forze dell’ordine e tecnici comunali per azioni mirate.

Tutto chiaro? Neanche per sogno. La maggioranza, guidata dal presidente del Consiglio Luca Spitale, propose un super-emendamento per svuotare la mozione di ogni contenuto: via le premesse, via gli impegni.

«Volete togliere la cronaca di questi giorni e chiedere un impegno al governo invece che al sindaco?» – sbottò Piccoli«È inaccettabile. Non chiedo risorse extra in bilancio, ma di usare l’avanzo per luci e videosorveglianza. Investire tempo e crederci. Altro che percezione: sono fatti. I cittadini e i commercianti ce lo raccontano ogni giorno. Sapete cos’è successo all’autosilos sotto l’ospedale? Conosco persone che si fanno accompagnare da mariti o fidanzati per paura. Spaccano i vetri delle macchine, rubano. Un giorno hanno divelto i cancelli e appeso escrementi a un garage. Ci sono pitbull e rottweiler che girano liberi. I residenti si sono organizzati con un gruppo WhatsApp. Parliamo dell’incappucciato di San Lorenzo? Degli schiamazzi in piazza Gioberti? La mia percezione è che la città non sia mai stata messa così male. Non dico che sia colpa dell’Amministrazione, ma il primo passo per risolvere è riconoscere il problema. Mi fa arrabbiare il negazionismo. Con i due milioni di avanzo lasciati nel 2022 e 2023 si possono comprare telecamere e accendere luci».

Poi arrivò il colpo di scena. Spitale si alzò in piedi per raccontare la storia della sua famiglia. Emigrati da Sicilia e Calabria nel 1950. Discriminati, sì, ma con una differenza rispetto agli extracomunitari di oggi: “Noi avevamo la carta d’identità, loro il permesso di soggiorno. Noi avevamo strumenti per integrarci, loro no.”

«E ci stupiamo se una generazione matura l’odio? Gli abbiamo impedito di integrarsi e oggi ne raccogliamo gli esiti», concluse. Poi giù una raffica di frasi fatte – “ratatatà” – e una su tutte: «Generiamo clandestini artificialmente».

Infine l’accusa: «Questa mozione è l’ennesima tiritera sulla sicurezza».

Apriti cielo. Massimiliano De Stefano gli saltò addosso: «Cominciamo col risolvere il buio in corso Massimo e corso Nigra. Ci sono commercianti che chiudono un’ora prima per paura. Anche mia moglie è stata importunata. È grave. E ora scopriamo che il problema è il razzismo sistemico? Se c’è un problema di percezione, allora chi sta fuori da qui non capisce nulla? Poveri imbecilli… Non ho parole».

Gran finale con il sindaco Chiantore, che bolla tutto come “chiacchiera”, e accusa i giornali di essere “chiacchieroni” a caccia di copie.

La sua proposta? Gli street tutor, operatori non armati che – a quanto pare – dovrebbero sostituire luce, ordine e sorveglianza. Formati sì, ma a quale costo? E soprattutto: li vedremo mai in via Castiglia?

Passano i mesi e si apre un altro capitolo: il Pd genuflesso che dice che un problema forse c’è e convoca un’assemblea pubblica aperta sulla sicurezza.

«Ho visto un manifesto – scrive Vincenzo Ceratti – a firma Circolo PD Ivrea. Un direttivo aperto a tutti dove si parla di SICUREZZA. Benvenuti!, mi viene da dire. È una palese ammissione di colpa da parte di chi prima non voleva fare lo sceriffo, poi voleva risolvere tutto con birrette e chitarra. Come Gualtieri a Roma, che in pandemia cantava Bella Ciao. Non è finita bene. Aggiungo anche il mandolino e i fiori nei cannoni. Questa mossa è una evidente operazione salva-faccia. Ma se il sindaco davvero non poteva fare nulla, allora una riunione di bottega, anche se aperta, non risolve il problema. Lo dicevano proprio loro! Questa riflessione è per i cittadini attenti che non vogliono farsi menare per il naso. Buona giornata, eporediesi!»

E mentre il Pd cerca di salvare la faccia, De Stefano commenta: «Apprendo con delusione che la commissione consigliare comunale del 10 aprile convocata dal presidente Francesco Firmino Giglio che aveva come oggetto il disagio giovanile e sicurezza in città è stata rinviata di un mese.  Con stupore vedo però, che il Partito Democratico locale che ha come segretario la stessa persona (Francesco giglio) ha convocato nella medesima data un incontro sullo stesso tema. Sarà forse un caso o l'ennesima prova di forza e sgarbo istituzionale? Accusano me di strumentalizzare il problema. E poi loro organizzano un’assemblea pubblica politica, e sottolineo politica, con tutta la giunta? Non ho parole… »

Il Pd, la sicurezza e l’arte raffinata della toppa peggiore del buco

C’è qualcosa di irresistibile, quasi tenero, nel modo in cui il Partito Democratico di Ivrea si avventura nel campo minato della sicurezza urbana. Una goffaggine mista a improvvisa illuminazione, un po’ come chi passa mesi a sostenere che il fuoco non brucia e poi si presenta al pronto soccorso con le vesciche.

Sì, perché dopo settimane – anzi, mesi – passati a minimizzare, ridimensionare, negare, sdrammatizzare, filosofeggiare sulla “percezione”, sull’“insicurezza emotiva”, sull’“illusione collettiva del degrado”, oggi il Pd pare aver scoperto che, guarda un po’, forse un problema c’è. E lo fa nella maniera più tradizional-democratica possibile: convocando un’assemblea. Pubblica. Con tanto di manifesto.

pd

Il titolo? SICUREZZA. Tutto in grassetto. Per darsi un tono.

Certo, a leggere il volantino viene quasi da applaudire. Per il coraggio? No. Per la faccia tosta. Perché la memoria corta è già un vizio nazionale, ma qui siamo oltre: qui c’è la rimozione selettiva. Il Pd che oggi lancia l’allarme sicurezza è lo stesso che fino a ieri si indispettiva se qualcuno parlava di spaccio, furti, risse, buio nelle strade, vetri rotti, ladri nei box.

È lo stesso Pd che bollava come “strumentalizzatori” e “sciacalli politici” tutti quelli che osavano raccontare il disagio in via Castiglia, al Silos, al Movicentro. Il Pd che definiva "tiritera" una mozione”, che sognava la sicurezza a colpi di chitarra e birretta inclusiva, e che guardava con sospetto ogni richiesta di mettere qualche luce in più o una telecamera che non fosse di cartone.

Poi però è arrivato il vento. Quello delle proteste vere, dei commercianti esasperati, dei cittadini che si fanno accompagnare al box auto perché hanno paura. Quello delle chat infuocate, delle testimonianze che non puoi più ignorare, delle accuse che iniziano a pesare e delle petizioni con 2 mila fire, E allora che si fa? Si convoca una riunione. Per metterci una pezza.

Il problema? La toppa è più è più piccola  del buco. Perché quando per mesi hai detto che non c’era alcun buco, che era solo una “sensazione”, una “percezione distorta”, una “narrativa tossica”, allora la tua toppa diventa una confessione. E la confessione, si sa, è l’anticamera della smentita permanente.

Sembra quasi di sentire le voci dal fondo della sala....

Ma la domanda resta: perché adesso? Perché solo ora il Pd si accorge che la sicurezza non è una parola di destra, ma una richiesta trasversale, quotidiana, popolare?

Forse perché il vento è cambiato? Forse perché anche il più etereo dei progressisti si accorge che i buchi nelle porte dei box, gli accoltellamenti, il degrado, i vetri rotti nelle auto fanno perdere voti?

Chissà. Intanto ci godiamo la scena con il partito che accusava gli altri di alzare la voce che fa come se non fosse lo stesso partito che rideva dei “tuttologi da bar”, dei “nostalgici dello sceriffo”, di chi chiedeva solo che un sottopasso non diventasse una trappola.

Appurato che il vero problema non era la percezione ma la percezione del Pd sulla percezione, più che una mossa politica un tentativo disperato di spegnere un incendio con una tazzina d’acqua.

Che poi, a ben vedere, c’era già tutto in una vecchia massima popolare: chi semina vento, raccoglie tempesta.

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